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Lunario dei Giorni di Memoria

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Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.

 Primo Levi



(Le Case Editrici che non gradissero la presenza dei brani di cui detengono il copyright in questa raccolta senza fini di lucro, possono chiedere in qualsiasi momento la loro eliminazione, che sarà immediata)

(per accedere ai brani cliccare sull'immagine di copertina)




               Introduzione          
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Prima settimana

Lo scialle

Cynthia Ozick - Feltrinelli

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Scrittrice statunitense di origine ebraica russa, Cynthia Ozik restituisce nel terribile racconto Lo scialle, accompagnato nel volume edito dalla Feltrinelli da un secondo racconto speculare al primo, Rosa, folgoranti visioni di incommensurabile drammaticità e bellezza. Il  passaggio del testimone tra il primo e il secondo racconto è  lo stesso che corre tra la realtà dell'orrore e la memoria che si è in grado di conservare di esso da sopravvissuti, in una elaborazione del lutto che necessita di continui aggiustamenti e proiezioni vicarie, per non precipitare nella più disperata delle alienazioni.

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Seconda settimana

La lente focale

Otto Rosemberg - Marsilio

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Otto Rosemberg, sinti tedesco, aveva solo 9 anni quando Adolf Hitler ordinò che la città di Berlino venisse "ripulita" per i giochi olimpici del 1936: si aprirono così per lui e per la sua famiglia i cancelli del suo primo campo di concentramento, quello di Marzahn.  Nel racconto di Rosemberg, miracolosamente sopravvissuto al pieno dispiegarsi della furia nazista, ai lager di Auschwitz-Birkeanu, di Buchenwald e di Bergen-Belsen, si respira l’immane tragedia di un popolo mite che non smarrì mai il senso di un disperato e attonito stupore di fronte alla volontà genocida del nazionalsocialismo. Nel brano che qui si propone compaiono Robert Ritter ed Eva Justin, autori degli studi pseudoscientifici che avviarono le popolazioni romanì alla soluzione finale.

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Terza settimana


Se questo è un uomo

Primo Levi - Einaudi

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L’opera più nota e importante del grande scrittore torinese, scritta negli anni immediatamente successivi alla liberazione dal lager e alla fine della Seconda Guerra Mondiale, venne inizialmente rifiutata dalla Einaudi, nel 1947, perché ritenuta non idonea alla pubblicazione, un giudizio negativo che pare abbia coinvolto anche Cesare Pavese e Natalia Ginzburg. Se questo è un uomo venne dunque pubblicato da una piccola casa editrice, in poche copie rimaste per lo più invendute, e solo undici anni più avanti trovò ospitalità presso la Einaudi, che nel decennio successivo vendette circa centomila copie. Il breve brano che qui si propone fa parte dell'epilogo dell'esperienza di Levi nel lager, negli ultimi giorni prima dell'arrivo delle truppe russe.

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Quarta settimana

Misha corre

Jerry Spinelli  - Mondadori

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Jerry Spinelli, straordinario scrittore statunitense amatissimo anche in Italia per il suo stile narrativo realistico e per i suoi personaggi spesso drammaticamente fuori dalle righe, ha ambientato questo romanzo nel Ghetto di Varsavia, dando vita a un microcosmo di disperata vitalità e resistenza che vede per protagonista Misha, un ragazzino forse "zingaro" o forse no che per non soccombere impara l'arte di correre come il vento.
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Quinta settimana


Il ghetto di Varsavia - Diario (1939-1944)

 Mary Berg - Einaudi


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Mary Berg, pseudonimo di Miriam Wattemberg, nasce a Lodz nel 1924 da madre americana e padre ebreo polacco. Nel 1939, all’età di quindici anni, dopo che con la sua famiglia è stata imprigionata nel Ghetto di Varsavia, inizia a scrivere un diario destinato a ricoprire un ruolo particolarissimo nella letteratura della Shoah. Venne infatti tradotto in America, dove la famiglia riuscì ad arrivare nel 1944 in virtù del passaporto statunitense della madre e di uno scambio di prigionieri di guerra tedeschi, a guerra non ancora conclusa. I brani che si propongono raccontano della terribile epidemia di tifo che imperversò nel ghetto, di cui la ragazzina colse gli aspetti più evidenti e terribili, senza probabilmente avere piena coscienza della straordinaria azione dei medici, degli infermieri e dei volontari del ghetto che riuscirono, attraverso un serrato coinvolgimento della popolazione nelle azioni di prevenzione e cura, a sconfiggere l’epidemia. Dopo la fine della guerra e quando il clamore per il suo Diario si assopì, Miriam Wattemberg si rifugiò in una vita riservatissima e volutamente anonima, senza mai riuscire a superare il senso di colpa per essersi salvata mentre centinaia di migliaia di sue coetanee ebbero come destino la morte.


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Sesta settimana


L’isola di via degli Uccelli

Uri Orlev - Salani

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Uri Orlev, il cui vero nome è  Jerzy Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse insieme alla sua famiglia la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte della madre, uccisa dai nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel lager di Belsen Belsen. Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. L’isola in via degli Uccelli, forse il suo più noto romanzo in odore di autobiografia, è ambientato a Varsavia e corre lungo il filo della volontà di sopravvivenza e di resistenza a un orrore senza limiti. Nel 1996 Uri Orlev ha ricevuto il Premio Hans Christian Andersen.

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Settima settimana

Forse sogno di vivere. Una bambina rom a Bergen Belsen

Ceija Stojka  - Giuntina

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Ceija Stojka, romnì austriaca del gruppo dei Lovara, nacque nel 1933 in una famiglia che aveva residenza a Vienna e praticava solo in una parte dell’anno un semi nomadismo legato al commercio dei cavalli e all’esigenza di mantenere stabili rapporti con i parenti. Come la stragrande maggioranza dei rom Lovara austriaci anche la famiglia Stojka venne imprigionata e deportata nei lager nazisti, dove suo fratello Ossi e suo padre Karl vennero uccisi. Liberata dall’esercito inglese a Bergen-Belsen, Ceija aveva ormai dodici anni quando finalmente riuscì a frequentare il suo primo anno di scuola. Forse sogno di vivere è una delle opere che da adulta, diventata tra l’altro portavoce delle comunità Rom e Sinti austriache per il riconoscimento del Porrjamos – Samudaripen, dedicò alla devastante esperienza nel lager: pagine che sono, letteralmente, una stretta al cuore. Ceija è scomparsa nel 2013 a Vienna, dove una piazza porta oggi il suo nome.


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Ottava settimana

Gioco di sabbia

Uri Orlev - Salani

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Uri Orlev, il cui vero nome è  Jerzy Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse insieme alla sua famiglia la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte della madre, uccisa dai nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel lager di Belsen Belsen. Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. Gioco di sabbia è considerato la vera biografia di Orlev, illuminata dalla certezza di una definitiva vittoria sull’orrore che pure ha attraversato la prima parte della sua vita: perché sopravvivere al male assoluto si può, difendendo ostinatamente la propria umanità, la capacità di sognare, di amare, di insegnare ai propri figli la bellezza della vita.


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Nona settimana


La tregua

Primo Levi - Einaudi

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In quello che alcuni considerano il secondo capitolo di Se questo è un uomo, Levi esordisce con la poesia che scrisse il giorno dopo Shemà - Voi che vivete sicuri... -, quasi a preannunciare la sostanziale compiutezza della sua testimonianza, e insieme la consapevolezza esistenziale che anche per i sopravvissuti, che mai riusciranno a liberarsi del tutto dalla divisa delle vittime, risuonerà ancora quel terribile grido mattutino, il richiamo alla morte, Wstawać!, Alzatevi!, che poneva fine alla tregua notturna nel lager. Lo stesso mistero del distacco dalla vita dello scrittore torinese – con cui tutti abbiamo un enorme debito di riconoscenza – corre forse, almeno in parte, tra le pagine di questo libro, che è cronaca e resoconto del suo ritorno a casa.

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Decima settimana


  Razza di zingaro

Dario Fo - Chiarelettere

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Il drammaturgo e Premio Nobel per la letteratura scomparso nel 2016, ha liberamente romanzato in questo volume la vera e drammatica storia di Johann Trollmann, chiamato anche “Rukeli”, l’Albero, nella sua lingua sinti. Nato ad Hannover nel 1907, Rukeli diventò pugile professionista nel 1929, portando sul ring un inedito stile danzante simile a quello che poi avrebbe caratterizzato Cassius Clay in epoca moderna. Nel 1933 riuscì a vincere la cintura dei pesi mediomassimi nonostante i giudici avessero provato a sovvertire l’esito dell’incontro con Adolf Witt, ma una settimana dopo il titolo gli fu tolto per una pretesa condotta antisportiva. Gli fu intimato subito dopo di partecipare a un altro incontro ma con l’obbligo di perderlo. Fu così che Rukeli si presentò sul ring dopo essersi “arianizzato”, tingendosi i capelli di biondo e cospargendosi il corpo di farina bianchissima: facendosi gioco così della presunta superiorità razziale tedesca. Johann Trollmann venne ucciso il 31 marzo 1944 a Wittenberge, sottocampo del Konzentrationslager di Neuengamme.

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Undicesima settimana

Alla fine di ogni cosa
Mauro Garofalo - Frassinelli
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Anche Mauro Garofalo, giornalista e praticante per diletto della boxe, racconta, romanzandola, la storia di Johann Trollmann, “Rukeli", il pugile sinti tedesco perseguitato dal regime nazista, capace di una straordinaria azione di ribellione, quando si presentò sul ring per il titolo di campione dei medio massimi con i capelli dipinti di biondo e il corpo cosparso di farina, a irridere ogni presunta superiorità razziale ariana. Precipitato durante la guerra nell'universo concentrazionario nazista, Trollmann dovette subire pesantissime persecuzioni a causa del suo passato di pugile, sino a incontrare la morte in uno dei sottocampi di Neuengamme.



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Dodicesima settimana

Anni d'infanzia. Un bambino nei lager

 Jona Oberski -  Giuntina

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Jona Oberski, nato ad Amsterdam nel 1938, scrittore e fisico, ha testimoniato in Kinderjaren, tradotto in italiano col titolo Anni d'Infanzia, la sua esperienza di deportazione nei lager e della liberazione, ad opera dei soldati russi, sul Treno di Trobitz. Il racconto di Oberski ha ispirato il bellissimo film di Roberto Faenza Jona che visse nella balena.
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Tredicesima settimana

Sonderkommando Auschwitz

Shlomo Venezia - Bur

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In una lunga intervista concessa nel 2006 a Béatrice Prasquier, Shlomo Venezia, nato a Salonicco nel 1923 e scomparso a Roma nel 2012, descrisse la sua esperienza ad Auschwitz-Birkenau, poi raccolta in un volume edito in Francia e solo successivamente tradotto in italiano nella forma di un lungo e ininterrotto racconto, col titolo Sonderkommando Auschwitz. La testimonianza di Venezia, che nel campo di sterminio fu costretto a far parte del Sonderkommando che operava nel Crematorio III, è stata ritenuta particolarmente importante per la ricostruzione degli ultimi momenti in vita dei deportati selezionati per le camere a gas, ma anche per il resoconto della rivolta ebraica che portò alla distruzione di un forno crematorio. Una testimonianza terribile e sconvolgente, particolarmente difficile da metabolizzare.


 

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Quattordicesima settimana


  Il ricordo che non avevo

Alberto Melis - Notes

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In questa nuova edizione rivista del romanzo per ragazzi che venne considerato dalla rivista Andersen uno dei tre migliori pubblicati in Italia nel 2010, Alberto Melis dà vita a una storia giocata tra un presente nel quale ancora non si sono sopiti i pregiudizi contro l’etnia romanì e un passato che vide la deportazione di cinquemila rom Lovara nel Ghetto di Lodz, destinati ad essere sterminati dai nazisti. Una vicenda che si dipana all’ombra cupa e minacciosa del Samudaripen, con un esito inaspettato che affranca dal suo passato un sopravvissuto e illumina il domani di speranza.

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Quindicesima settimana

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Il coraggio di vivere

Nedo Fiano - San Paolo

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Questo straordinario libro di Nedo Fianco, scomparso poche settimane fa, non poteva che essere presentato in modo altrettanto straordinario, con tre “premesse” introduttive affidate ai suoi tre figli, Andrea, Emanuele ed Enzo, chiamati a presentare il padre per cosa è stato per loro, ma anche per cosa è stato per tutti coloro che l’hanno conosciuto e hanno ascoltato ciò che aveva da dirci: la storia terribile del suo passato, la esemplarità ostinatamente edificata del suo presente, il monito non negoziabile per un futuro fondato sul rispetto degli Altri, sul concetto di libertà, sulla difesa militante della Democrazia. Alle dure ma necessarie pagine della sua testimonianza, ancora una premessa, tratta da Gioele 1, 2-3: «Udite questo, anziani,/ porgete l’orecchio voi tutti/ abitanti della regione./ Accadde mai cosa simile ai giorni nostri/ o ai giorni dei vostri padri?»./ «Raccontatelo ai vostri figli/ e i figli vostri ai loro figli/ e i loro figli alla generazione seguente».

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Sedicesima settimana

Il piccolo acrobata

Raymond Gurême - Piemme

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Raymond Gurême, scomparso pochi mesi fa, ebbe la fortuna di nascere e crescere in una famiglia manouche libera e felice, che viveva in un vurdon, un carrozzone dotato di ogni confort e di acqua calda, e girava per i piccoli paesi della Francia intrattenendo i contadini con  i giochi circensi e con le proiezioni del cinema muto. L’incubo, suo e dei suoi familiari, ebbe inizio quando compì quindici anni, con la cattura dell’intera famiglia da parte delle milizie complici dell’invasore tedesco, il sequestro di ogni bene, l’internamento nel primo campo di confino, nel Dipartimento dell’Essone. Negli anni che seguirono Raymond evase, venne nuovamente internato, di nuovo evase e di nuovo, per numerose volte, venne imprigionato, per poi evadere ancora e unirsi alla Resistenza. In questo libro il racconto della sua straordinaria esperienza.

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Diciassettesima settimana


Cronache del ghetto

Adolf Rudnicki - Marsilio

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Nato a Varsavia, nel 1912, in una famiglia ebrea chassidica, lo scrittore Adolf Rudnicki è scomparso nella stessa città nel 1990, dopo un periodo trascorso in Francia, isolato e praticamente dimenticato da tutti, al punto che nell’edizione di Cronache del ghetto pubblicata in Italia da Marsilio, l’editore specifica di essere disposto ad ottemperare i suoi obblighi nei confronti di eventuali aventi diritto “che non è riuscito a individuare". A tanto immeritato oblio – Rudnicki esordì come romanziere nel 1930 e poi venne inghiottito dalla guerra e dalle persecuzioni naziste -, corrisponde paradossalmente una grandezza stilistica e una capacità narrativa fuori dall’ordinario, al punto di far scrivere a Cesare Garboli che “Rudnicki rimane, in un ideale archivio del Novecento letterario, quale supremo cronista dell'orrore, quale costruttore di un'impervia, lacerante testimonianza. Il più bel libro sullo sterminio degli ebrei nel ghetto di Varsavia e sull'ideologia nazista è un libro sul terrore. (…) Ogni racconto è mantenuto sul filo del rasoio fra caos e labirinto, tanto che si insinua il sospetto che il caos abbia una sua logica".

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Diciottesima settimana

Diario dal ghetto di Varsavia

Emanuele Ringelblum - Castelvecchi

stella

Ebreo di origine ucraina trasferitosi giovanissimo, a causa dei progrom, in Polonia, Emanuele Ringelblum fu uno dei più stimati studiosi della storia della comunità ebraica polacca. A lui, negli anni della prigionia nel ghetto di Varsavia, si deve la creazione di un singolare gruppo di ricercatori, denominato La gioia dello Shabbat, Onegh Shabbès in yiddish, perché usi a riunirsi nel giorno di sabato, che si diede il compito di documentare sotto tutti gli aspetti la vita di prigionia della comunità ebraica. Il materiale raccolto dai componenti del gruppo, storici, scrittori, rabbini, dattilografi e altri ancora, centinaia di migliaia di pagine, venne sepolto in recipienti del latte e ritrovato nel 1946 e nel 1950. Emanuele Ringelblum riuscì a evadere dal ghetto insieme a sua moglie e a suo figlio, ma catturato l’anno successivo venne fucilato insieme a loro dalla Gestapo nella prigione di Pawiak.


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Diciannovesima settimana

Diario di Dawid Sierakowiak, cinque quaderni dal ghetto di Lodz

Einaudi

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Il ghetto di Lodz, istituito dagli invasori tedeschi nel febbraio del 1940, fu il secondo per grandezza e numero di abitanti nella Polonia occupata. Dawid Sierakowiak, un ragazzo poco più che adolescente ma di straordinaria maturità, già concretamente impegnato con le formazioni marxiste presenti nel ghetto, scrisse un diario, composto da cinque taccuini (più due andati distrutti), in cui annotò nei particolari la sua vita, i suoi sentimenti, le sue riflessioni e le sue speranze, che andarono pian piano scemando sino alle ultime righe scritte prima della morte, avvenuta probabilmente per debilitazione e tubercolosi, subito dopo il compimento del suo diciannovesimo compleanno.                                                                   La sua testimonianza è ritenuta fondamentale per comprendere le dinamiche interne alla popolazione ebraica, che non reagì in modo uniforme alla prigionia e alla sopraffazione.


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Ventesima settimana

Tutto è in frantumi

Klaartje de Zwarte-Walvisch  - Guanda

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Di questo “diario”, consegnato al Museo ebraico di Amsterdam solo una quindicina di anni fa, non si conobbe per diverso tempo il nome della sua autrice, essendo stato stilato in forma del tutto anonima, e solo dopo accurate ricerche condotte dai responsabili del museo e dalle ricercatrici della trasmissione televisiva De Oorlog, è stato possibile risalire alla sua identità smarritasi nell’abisso della Shoah. Klaartje de Zwarte-Walvisch era una sarta e aveva trentadue anni quando venne prelevata dalla sua casa, insieme al marito, da due membri della Colonne Henneicke, i Cacciatori di ebrei che per ogni essere umano catturato e consegnato ai nazisti guadagnavano 7,50 fiorini. Queste pagine, scritte in segreto e consegnate a un parente, anche lui deportato nel campo di concentramento di Westerbork, prima di salire sull’ultimo treno che l’avrebbe condotta nel lager di sterminio di Sobibor, sono la testimonianza di una donna che sino all’ultimo non smise di indignarsi per la violenza e la disumanizzazione a cui era quotidianamente sottoposta insieme a tutti gli altri deportati.

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Ventunesima settimana


Quanta stella c'è nel cielo

Edith Bruck - Garzanti

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Quanta stella c’è nel cielo non è un errore, è il primo verso di una ballata amara del giovane Petőfi, il grande poeta ungherese”. Inizia così la presentazione di questo romanzo di Edith Bruck, scrittrice e sceneggiatrice magiara naturalizzata italiana, sopravvissuta da ragazzina ai lager di Auschwitz e di Bergen-Belsen, dove venne liberata, insieme a sua sorella, nell’aprile del 1945. A questo romanzo, in cui la Bruck descrive la dinamiche e la difficoltà del ritorno a casa, quando non si ha più una casa e la strada percorsa è un  catalogo di dolori ed orrori, Roberto Faenza ha ispirato il suo film Anita B, nel quale la giovane protagonista, interpretata da Eline Powell, capisce che l’unico approdo sicuro per lei è la risalita in Israele.

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Ventiduesima settimana

Ultima fermata: Auschwitz  

Frediano Sessi - Einaudi

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A Frediano Sessi, scrittore, traduttore, saggista e finissimo studioso della Letteratura della Memoria, si deve la pubblicazione in Italia del Diario di Anne Frank nella sua versione integrale e definitiva. In questo romanzo, composto in forma diaristica e dedicato ai ragazzi, Sessi affida al suo giovane protagonista, Arturo Finzi, il compito di attraversare per intero la storia degli ebrei italiani sotto il fascismo. Il grande inganno nei confronti di una comunità che aveva partecipato attivamente alla costruzione della nazione, le leggi razziali del 1938, la guerra, l’occupazione tedesca e il destino infame orchestrato dai nazisti e dai loro complici italiani con la deportazione nei campi di concentramento e di sterminio. Il libro presenta una accurata postfazione di carattere storico intitolata Il fascismo e gli ebrei

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Ventitreesima settimana


La notte

 Elie Wiesel - Giuntina

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La notte di Elie Wiesel, cronaca autobiografica della prigionia ad Auschwitz, a Buna e a Buchenwald, è il primo titolo tradotto e pubblicato da Daniel Vogelmann, editore della Giuntina. Forse il libro più importante di un grandissimo quanto prolifico scrittore che “è andato celebrando un kaddish di dimensioni apocalittiche per sei milioni di morti”, per quanto le sue parole che più si scolpiscono nel nostro cuore recitino che “Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata...(...) Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede”. Una fede, poi, forse, ritrovata, come ebbe a dire Daniel Vogelmann in una intervista ad Alberto Melis, nell’assoluzione del D-o innocente di tutti gli orrori perpetrati dagli uomini.

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Ventiquattresima settimana


Storia di una vita

Aharon Appelfeld - Guanda

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“Non abbiamo visto Dio nei campi ma vi abbiamo visto dei giusti”, ha affermato Aharon Appelfeld, che in questa straordinaria resa dei conti con la sua personale memoria – in cui oggettività e rivisitazione sono due fattori complementari – ci racconta del maestro Gustav Gutzmann, che un giorno condusse i suoi bambini ciechi ai vagoni della morte. Appelfield sopravvisse poco più che bambino a un lager in Transnistria, evase, visse nei boschi, si accompagnò a un gruppo che lui stesso definì di “criminali”, a cui nascose di essere ebreo e che gli permise in qualche modo di arrivare vivo sino alla fine della guerra. Aveva solo 14 anni quando riuscì a imbarcarsi verso Israele e una nuova vita.

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Venticinquesima settimana


Rosa Bianca
 Roberto Innocenti
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Roberto Innocenti, considerato oggi il più grande illustratore italiano di tutti i tempi, pubblicò nel 1985 questo volume illustrato negli Stati Uniti e in altri paesi europei: solo nel 1990 trovò ospitalità in Italia grazie ad Alfredo Stoppa, illuminato editore delle edizioni C'era una volta di Pordenone. Rosa Bianca, il cui nome non può non evocare il nome della associazione giovanile antinazista
Weiße Rose  i cui giovani membri si sacrificarono nel 1943 per la libertà, è una bambina tedesca che al contrario di tutti gli adulti ha occhi per vedere ciò che sta accadendo in Germania: per questo un giorno scopre un campo cinto da filo spinato, oltre al quale sono rinchiusi dei bambini...

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Ventiseiesima settimana

Io non mi chiamo Miriam

Majgull Axelsson - Iperborea

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Majgull Axelsson, affermata giornalista e scrittrice svedese, ha pubblicato nel 2014 questo imponente romanzo giocato su un paradosso e su uno scambio d’identità. Il paradosso di una vittima che nel tentativo di cercare scampo alla sofferenza indossa i panni di un’altra vittima, lo scambio d’identità di una ragazzina rom che durante un trasferimento da Auschwitz a Ravensbrück indossa i logori abiti di una sua coetanea ebrea appena deceduta. In quegli abiti, e con il suo nuovo nome, Miriam, e la sua nuova identità ebraica, la ragazzina sopravvive al lager e alla guerra, arriva in Svezia insieme ad altri superstiti, inizia una nuova vita, cresce, si sposa, mette al mondo figli e si pasce dei nipoti, sino a quando, settant’anni dopo, all’improvviso, mormora: “Io non mi chiamo Miriam”. Da qui il dire e il ricostruirsi di infiniti fili della memoria.  Il racconto di ciò che Auschwitz fu per i bambini rom nelle mani di Mengele, la morte abbracciata a ogni ora del giorno e della notte, la salvezza, la consapevolezza che i rom continuavano ad essere discriminati anche nella nuova patria di adozione, la scelta di continuare a tacere, perché la verità a volte è un lusso che non ci si può permettere, non se si nasce nella “razza sbagliata e si ha vissuto sulla propria pelle l’intero secolo!”. Un grande libro, intenso, spiazzante, struggente.

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Ventisettesima settimana

All’ombra del lungo camino

Andrea Molesini - Bur

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Andrea Molesini, veneziano, già docente di Letterature comparate all’Università di Padova e affermato scrittore (suo il Premio Campiello nel 2011) dette alle stampe nel 1990 questo romanzo che tra i primi in Italia affrontava, per i lettori bambini e ragazzi, il tema della Shoah e del  Samudaripen. Ambientato in un sottocampo di Auschwitz e improntato a un realismo magico che porterà a un lieto fine, All’ombra del lungo camino ha per protagonisti un ragazzo rom e un ragazzo ebreo, che verranno aiutati nella loro lotta contro i nazisti da tre fantasmi. Attraverso questa storia per molti anni i bambini italiani si sono gradualmente avvicinati alla conoscenza della tragedia dello sterminio nazista.

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Ventottesima settimana

A rivederci in cielo. La storia di Angela Reinhardt

Michail Krausnick - Upre Roma

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Esiste un video d’epoca, girato negli anni della Seconda Guerra Mondiale, che ritrae una quarantina di bambini e ragazzi che giocano nel cortile di un orfanotrofio gestito da suore cattoliche a Mulfingen, minuscolo paese tedesco: si trattava dei piccoli rom e sinti, non orfani ma strappati alle loro famiglie, sui quali i due pseudoscienziati nazisti Robert Ritter ed Eva Justin eseguivano le loro ricerche razziali. Tra loro, probabilmente, anche la piccola Angela Reinhardt, il cui vero cognome sinti non era stato trascritto nei registri dell’orfanotrofio, su cui le scuole avevano invece iscritto quello della madre ariana. Un errore che però permise a una delle suore, quando arrivò l’ordine di trasferire tutti i bambini e i ragazzi ad Auschwitz, di impedire con un ceffone ad Angela di salire sulla corriera che avrebbe portato i piccoli alla morte, dicendole che lei no, non sarebbe “andata alla gita”, salvandole così la vita. A raccogliere la testimonianza della sopravvissuta è stato lo scrittore Michail Krausnick, tradotto da Paolo Cagna Ninchi per le edizioni militanti Upre Roma. Un libro preziosissimo che in appendice presenta numerosi documenti storici, il più terribile dei quali è quella pagina del registro scolastico in cui il 9 maggio del 1944, per trentanove volte, sotto trentanove nomi, la maestra signorina Nägele scrisse “…inviato ad Auschwitz”.

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Ventinovesima settimana

La memoria dei fiori

 Rywka Lipszyc -  Garzanti

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Rywka Lipszyc, una ragazzina imprigionata con la famiglia nel Ghetto di Lodz, dove morirono suo padre e sua madre, venne deportata ad Auschwitz – Birkenau e più avanti a Bergen Belsen, dove venne liberata nell’aprile del 1945. Come altri deportati, però, non sopravvisse alla debilitazione e alle malattie causate dalla prigionia, spegnendosi a sedici anni nell’ospedale di Niendorf.

La memoria dei fiori è il titolo dato al diario che compose tra l’ottobre del 1943 e l’aprile del 1945, pubblicato la prima volta solo pochi anni orsono dopo essere stato affidato all’Holocaust Center di San Francisco.

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Trentesima settimana

Il silenzio di Abram

 Marcello Kalowski - Laterza

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Marcello Kalowski, figlio di Abram, ebreo polacco sopravvissuto al Ghetto di Lodz e ad Auschwitz, fa giustizia in questo bellissimo e tenerissimo libro della peggiore condanna a cui andarono incontro molti di coloro che scamparono alla volontà genocida nazista. Il silenzio, l’incapacità-impossibilità di raccontarsi e di costruire un ponte tra ciò che si era diventati iniziando “una nuova esistenza innestata sul tronco bruciato di una vita irrimediabilmente perduta” e ciò che si era prima che tutto iniziasse. Kalowski, però, oltre a ricomporre la memoria di suo padre ragazzo negli anni ancora felici, fa molto di più: racconta, con la capacità di restituire ogni sfaccettatura, l’intenso rapporto esistenziale andatosi a costruire negli anni tra suo padre Abram, sua moglie, i sui figli, tutti ugualmente partecipi della ricerca di un senso e di una giusta collocazione nella vita e nella Storia che ha comunque continuato a correre.

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Trentunesima settimana

 Un mondo senza noi

Manuela Dviri - Piemme

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Manuela Dviri è una scrittrice e giornalista italiana trasferitasi a Tel Aviv nel 1968 e poi naturalizzata israeliana. Attivista nel campo della pace con innumerevoli iniziative che coinvolgono in modo trasversale donne israeliane e palestinesi, è da anni impegnata nei progetti del Centro Peres per la pace e in particolare in quello denominato Saving Children, che ha portato oltre diecimila bambini palestinesi a essere curati negli ospedali israeliani. Il suo Un mondo senza di noi non è soltanto la ricostruzione quasi antologica della storia della sua grande famiglia, negli anni lieti ma anche in quelli delle persecuzioni razziali e della Shoah, con un susseguirsi serrato di nomi e situazioni che si intrecciano come mille torrenti, ma anche la ricerca di un senso dell’esistenza da non smarrire negli inciampi a tradimento del presente. Nella prefazione Gad Lerner presenta Manuela Dviri come una donna che sprigiona “in modo stupefacente” vitalità e maternità, anche quando la maternità è lacerata dalla morte di un figlio scomparso in uno dei tanti conflitti con gli arabi: una inesauribile e ostinata positività che si percepisce in ogni singola pagina di questa grande memoria familiare.

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Trentaduesima settimana

Pane e ciliegie

Anna Sarfatti - Mondadori

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Anna Sarfatti, fiorentina, una delle più note scrittrici italiane per l’infanzia, ha ricostruito in questo romanzo per i giovani lettori la vera storia di Israel Kalk e della Mensa dei Bambini, una associazione di fattiva solidarietà che operò a Milano, ma non solo, negli anni delle leggi razziali e della Seconda Guerra Mondiale. Kalk, di origine lituana, fuggito con la famiglia verso la Lettonia all’epoca del primo conflitto mondiale a causa dei feroci pogrom dell’esercito zarista contro le comunità ebraiche, si trasferì da giovane a Milano per studiare ingegneria. Dopo la laurea e altre vicissitudini personali che lo portarono di nuovo in Lettonia, rientrò in Italia, mise su famiglia e lavorò alla Compagnia Generale di Elettricità sino all’avvento delle leggi razziali che portarono al suo licenziamento e all’espulsione di suo figlio Motele dalla scuola pubblica. Uomo di straordinarie capacità (parlava correntemente sei lingue), istituì la Mensa dei bambini, inizialmente con l’aiuto di pochissimi amici, per venire in aiuto alle famiglie ebree che, con l’inizio della guerra, sempre più numerose fuggivano dai paesi dell’Europa centrale e transitavano in Italia prima di riuscire a raggiungere gli Stati Uniti o la Palestina. Una vicenda che la Sarfatti ha potuto ricostruire magistralmente grazie ai materiali sull’opera di Kalk oggi custoditi dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.

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Trentatreesima settimana

La scena interiore
Marcel Cohen - Ponte alle Grazie

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Marcel Cohen, affermato giornalista e corrispondente dall’estero per numerose testate francesi, aveva solo cinque anni quando, rientrando a casa dal parco insieme alla sua governante, vide i tedeschi portare via dalla loro casa di Parigi suo padre, sua madre, sua sorellina, i nonni paterni, due zii e una prozia, tutti destinati a salire sui convogli che da Drancy porteranno ad Auschwitz. Marcel, tenuto al riparo dalla stessa sorte grazie all’asilo datogli della governante nella sua casa in Bretagna, solo dopo molti decenni, ormai anziano, decide di provare a ritessere i fili dell’esistenza dei sui cari scomparsi in quell’inghiottitoio di esistenze e destini che è stato Auschwitz. E per farlo ha in mano poco o niente: i suoi frammenti di memoria di quand’era bambino, qualche fotografia, pochi oggetti conservati in cantina (una borsa, una cuffia, un pupazzo, un bracciale) e la testimonianza esilissima, perché tarpata dalla sofferenza, di un fratello del padre che è sopravvissuto allo sterminio. Eppure, da questi pochi elementi, facendo anche dei silenzi e dell’inconosciuto tasselli di una memoria riparatrice, Cohen è riuscito a comporre un’opera di grande impatto emotivo, fatta di ricordi e “più ancora, di silenzi, di lacune, di oblio”.
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Trentaquattresima settimana

Jakob il bugiardo

  Jurek Becker - Neri Pozza

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Jurek Becker, sceneggiatore, scrittore e docente universitario nato nel 1937 e scomparso nel 1997, ebbe certamente un destino singolare. Nato a Lodz da genitori ebrei, visse da bambino la terribile esperienza del ghetto e poi dei lager di Ravensbruck  e Sachsenhausen, dove perse la madre per mano degli aguzzini nazisti. Ciò nonostante, in questo senso spinto da suo padre convinto che la Germania al contrario della Polonia avesse definitivamente superato l’antigiudaismo, si trasferì a Berlino Est e lì costruì la sua nuova vita, pur andando incontro ad altri problemi sotto il regime comunista.

Jacob il bugiardo, pubblicato nel 1969 e sceneggiato in film per la prima volta nel 1975, anticipò di molti anni l’accedere narrativo all’universo concentrazionario “anche” attraverso la difficilissima cifra dell’ironia, come poi accadde con La vita è bella di Benigni e Train de vie di Mihaileanu, pure criticati per la loro scarsa verosimiglianza alla realtà oggettuale dei fatti. Un giudizio negativo che investì maggiormente il remake del 1999 interpretato da Robin Williams, che pure mantenne intatta la buona cifra narrativa del romanzo, nel quale l'attinenza alla realtà è sicuramente più marcata.

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Trentacinquesima settimana


Il mostro della memoria

 Yishai Sarid - e/o

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Yishai Sarid, nato a Tel Aviv nel 1965, già ufficiale nell'esercito israeliano, oggi esercita le attività di avvocato e scrittore e in Italia era già conosciuto per il romanzo Il poeta di Gaza. Il mostro della memoria è un romanzo breve e durissimo da metabolizzare, l'immaginaria confessione di un uomo trovatosi per caso a esercitare il mestiere di professionista della Shoah, ovvero di accompagnatore nei siti dello sterminio, a uso e consumo dei pellegrini della Memoria ma anche dei visitatori dell'orrore, un catalogo di varia umanità le cui reazioni a volte contaminano l'animo quanto il male che ancora trasuda da ogni muro dei lager rimasto in piedi.

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Trentaseiesima settimana


Noi, i salvati
Georgia Hunter - Nord
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Georgia Hunter, nata nel 1978 a Plainville, negli Stati Uniti, non aveva idea di discendere da una famiglia ebrea polacca sopravvissuta alla Shoah. Solo quando compie 15 anni, complice una ricerca scolastica sul proprio albero genealogico. Georgia comincia a porre domande sul nonno scomparso l’anno precedente. Scopre così che il suo vero nome era un altro, che era nato in una cittadina polacca da genitori ebrei, che aveva avuto fratelli e sorelle insieme ai quali era stato protagonista di un autentico miracolo. Ovvero la salvezza raggiunta in modo rocambolesco e avventuroso, chi assumendo una falsa identità ariana, chi emigrando in altri continenti, chi persino attraversando i gulag sovietici. Georgia Hunter, con Noi, i salvati, ci propone in forma romanzata questa straordinaria storia di sopravvivenza.

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Trentasettesima settimana


Il dottore di Varsavia

Elisabeth Gifford - Giunti
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Janusz Korczak, pedagogista ebreo polacco seguace di Pestalozzi, dirigeva a Varsavia un istituto – ricovero, La Casa degli orfani, che gestiva con modalità tanto singolari quanto all’avanguardia, in una sorta di autogestione che lasciava ai piccoli ospiti il compito di organizzare le loro vite, imponendo agli educatori adulti il compito primario di porsi “ad altezza di bambino”, prima di pretendere di ottenere la loro fiducia e di fargli da guida. Korczak, che nel ghetto si rifiutò sempre di apporre sui propri abiti la stella gialla, rifiutò di mettersi in salvo con la fuga e rimase coi suoi ragazzi, alla cui testa marciò il 5 agosto del 1942 sino ai convogli della morte che li avrebbero portati a Treblinka. Elisabeth Gifford, basandosi sul Diario di Korczak e sulle testimonianze di alcuni sopravvissuti, ha ricostruito il percorso del Pan Doktor, visto con gli occhi dei due giovani protagonisti del suo romanzo, che oggi viene ricordato allo Yad Vashem di Gerusalemme con una piazza a lui intitolata e con un monumento dello scultore Boris Saktsier.


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Trentottesima settimana


 Noi, bambine ad Auschwitz

Andra e Tatiana Bucci - Mondadori

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Andra e Tatiana avevano cinque e sette anni quando vennero deportate, dopo un breve passaggio alla Risiera di San Sabba, ad Auschwitz-Birkenau e imprigionate nel famigerato Kinderblock, l’edificio dove vivevano i bambini tra i quali Mengele sceglieva le vittime dei suoi esperimenti “scientifici”. Andra e Tatiana, tra le pochissime sopravvissute, al contrario dei 230 mila bambini uccisi nel più imponente lager nazista, tornarono a casa solo dopo molte altre vicissitudini. Dopo la liberazione trascorsero infatti un anno intero in un orfanotrofio a Praga e diversi mesi nel centro diretto da Anna Freud che a Lingfield, in Inghilterra, si occupava del recupero dei piccoli reduci dai campi. In questa straordinaria testimonianza, accompagnata da un piccolo corredo fotografico e da una cronologia di Marcello Pezzetti, una parte è dedicata a uno dei cosiddetti Bambini di Bullenhuser Damm, il piccolo Sergio di Simone. Andra e Tatiana erano presenti quando ad Auschwitz i bambini del Kinderblock vennero radunati e gli venne rivolta la domanda: chi di voi vuole rivedere la mamma? Sergio, contrariamente ad Andra e a Tatiana, cadde nell’inganno e fece un passo avanti senza sapere che il suo destino sarebbe stato quello di essere trasportato in una scuola abbandonata di Amburgo, dove lui e i suoi compagni vennero sottoposti a esperimenti medici sulla tubercolosi, prima di venire uccisi per impiccagione.

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Trentanovesima settimana


Il ragazzo di Auschwitz 

Steve Ross (Szmulek Rozental) - Newton Compton

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Stephan (Steve) Ross è il nome assunto da Szmulek Rozental, nato a Lodz nel 1931 in una famiglia ebraica, dopo essersi rifugiato nel 1948 negli Stati Uniti, dove è stato naturalizzato. Il piccolo Szmulek, che venne internato in diversi lager e liberato a Dachau il 29 aprile 1945, perse nella Shoah tutta la sua famiglia tranne un fratello, che poi lo raggiunse nella nuova patria di adozione. Negli Stati Uniti Ross, deceduto lo scorso anno, lavorò a lungo come assistente sociale, occupandosi soprattutto di ragazzi che versavano in stato di povertà e di emarginazione sociale. A lui si deve l’ideazione del grande monumento alla Memoria che si erge nel centro di Boston, composto da sei torri di vetro e acciaio che si alzano per diciotto metri, a ricordare i sei milioni di ebrei scomparsi nella Shoah. Ne Il ragazzo di Auschwitz Ross ha alternato i capitoli dedicati al racconto della sua esperienza sotto l’occupazione nazista e nei lager, ad altri dedicati alla sua nuova vita a Boston, al suo impegno a favore dei diseredati e alla costruzione del New England Holocaust Memorial.

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Quarantesima settimana

I ragazzi di Villa Emma

Annalisa Strada e Gianluigi Spini - Mondadori

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Ne I ragazzi di Villa Emma Annalisa Strada e Gianluigi Spini (affermati scrittori di narrativa per l’infanzia e già autori di un romanzo dedicato all’eccidio nazista di Stazzema), raccontano la straordinaria e vera vicenda di disobbedienza e impegno civile che permise a una settantina di ragazzini e ragazzine ebree prevenienti dalla Slovenia e dalla Croazia di salvarsi dalla deportazione. Teatro degli avvenimenti fu la cittadina di Nonantola, in provincia di Modena, che ospitò i piccoli profughi e i loro accompagnatori, in fuga dai nazisti e diretti in Palestina, e li protesse quando dopo l’8 settembre i tempi si fecero più duri: dal medico condotto al parroco, dagli aspiranti sacerdoti del seminario, alle suore di un convento, a trenta famiglie che nascosero altrettanti fuggiaschi, tutti collaborarono sino a riuscire a farli fuggire in Svizzera. Dei piccoli ebrei solo uno non riuscì a salvarsi, Salomon Papo, poiché si ammalò di tubercolosi e venne ricoverato in ospedale: il suo destino fu Auschwitz. Il nomi di don Arrigo Beccari e del medico Giuseppe Moreali sono oggi iscritti nella lista dei Giusti tra le Nazioni allo Yad Vashem di Gerusalemme.

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Quarantunesima settimana


Una valle piena di stelle

Lia Levi - Mondadori

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Lia Levi, già fondatrice e direttrice del mensile Shalom nonché straordinaria scrittrice che ha dedicato le sue pagine soprattutto ai ragazzi, con Una valle piena di stelle, ormai un classico della Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza in Italia, ci propone l’appassionante storia di Brunisa, tredici anni, una ragazzina ebrea che deve affrontare con la sua famiglia l’avventurosa fuga verso la Svizzera e la salvezza. Brunisa sarà la protagonista di un successivo romanzo della Levi intitolato Da quando sono tornata.


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Quarantaduesima settimana

Viaggio verso il sereno

Vanna Cercenà - Einaudi

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Nel maggio del 1940 500 ebrei slovacchi, ma anche cechi, slavi, rumeni, tedeschi, austriaci e polacchi, si imbarcarono a Bratislava su uno sgangherato battello fluviale, il Pentcho, con l’intenzione di discendere il Danubio, raggiungere il Mar Nero, poi l’Egeo, dove avrebbero trovato una imbarcazione adatta a prendere il mare, e infine la Palestina. Le cose purtroppo non andarono come previsto, perché i fuggitivi non trovarono ad attenderli la nave che doveva affrontare il mare, così che dopo aver osato continuare il viaggio sul Pentcho, dopo cinque interi mesi di navigazione naufragarono su una minuscola isoletta dell’Egeo, dove vennero “salvati” dalla marina militare italiana che li condusse prima a Rodi e poi in Italia, dove furono internati nel campo di Ferramonti, in provincia di Cosenza. A raccontarci questa straordinaria avventura, che si concluse positivamente, perché tutti i fuggitivi alla fine riuscirono a raggiungere il nascente Israele, è Vanna Cercenà, grandissima scrittrice per l’infanzia e l’adolescenza, in questo romanzo capace di restituire aspettative di grande respiro e insieme la quotidianità delle decine di bambini e ragazzi che vissero l’avventura del Pentcho.

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Quarantatreesima settimana


Le valigie di Auschwitz

Daniela Palumbo Piemme

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C’è un momento, quando si visita ciò che resta dell’immenso lager di Auschwitz-Birkenau, in cui ci si sente sprofondare la terra sotto i piedi. Non di fronte agli immensi recinti di filo spinato, né davanti a ciò che resta dei forni crematori, quanto, nei Blocchi ancora perfettamente conservati, davanti gli oggetti personali dei deportati. accatastati a migliaia in enormi mucchi, così come dovevano apparire agli occhi degli ebrei obbligati a lavorare nei magazzini Effektenlager, o Canada, dove venivano raccolti e separati gli oggetti rubati ai deportati, prima che essi venissero inviati ai sottocampi di lavoro o allo sterminio. E’ partendo da uno di questi “mucchi”, quello delle valigie che contenevano tutto ciò che i deportati riuscivano a portarsi dietro da casa nei viaggi verso il lager, che Daniela Palumbo ha ricostruito le quattro storie di altrettanti ragazzi provenienti da diverse parti d’Europa ma con un unico destino: “Carlo, che adora guardare i treni  e decide di usarli come nascondiglio;  Hannah, che da quando hanno  portato via suo fratello passa  le notti a contare le stelle; Émeline,  che non vuole la stella gialla cucita  sul cappotto;  Dawid, in fuga dal ghetto di  Varsavia con il suo violino”. 

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  Quarantaquattresima settimana


Il commerciante di bottoni
Erika Silvestri

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Piero Terracina, scomparso nel 2019, è stato uno dei più straordinari testimoni della Shoah, capace di dedicare tutta la sua vita, dopo essere sopravvissuto miracolosamente ad Auschwitz e a una marcia della morte, alla preservazione della Memoria e all’impegno contro ogni forma di discriminazione, come quella che ancora oggi subiscono i rom e i sinti in Italia e in Europa. Erika Silvestri, una ragazzina di quattordici anni, stringe con Piero una amicizia che strada facendo si riempie del bisogno di sapere di lei e di quello di far sapere di lui. Una amicizia che illumina ogni pagina di questo libro: sia nella serenità dei giorni trascorsi insieme, sia quando Piero ripercorre le strade più buie della deportazione, della perdita dei propri cari e delle sofferenze nel lager.

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Quarantacinquesima settimana


La repubblica delle farfalle

Matteo Corradini - Rizzoli

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Matteo Corradini, scrittore e membro del team di lavoro del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, è uno dei massimi studiosi di Terezin, la città asburgica costruita non distante da Praga in onore di Maria Teresa d’Austria, la cui Fortezza Grande fu utilizzata dai nazisti come campo di concentramento e di transito verso i lager dello sterminio. L’esperienza di Terezin, dove transitarono almeno quindicimila bambini e ragazzi, di cui ne sopravvissero solo 142, fu a suo modo unica in tutto l’universo concentrazionario. Perché a Terezin, nonostante le violenze e la morte incombente, si continuava ostinatamente a vivere. Si discuteva, si leggevano libri, si faceva musica e i ragazzi davano clandestinamente vita ai loro giornali. E’ un gruppo di loro, quello che tra il 18 dicembre 1942 e l’agosto 1944 pubblicò, scritto a mano, il periodico Vedem, che Corradini chiama ad animare il suo romanzo, offrendoci pagine di grande spessore narrativo e portandoci dentro una straordinaria vicenda di resistenza alla sopraffazione e all’orrore.

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Quarantaseiesima settimana

Fino a quando la mia stella brillerà

Liliana Segre e Daniela Palumbo - Mondadori

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Steve Ross, sopravvissuto alla Shoah e poi autore de Il ragazzo di Auschwitz, raccontò che quando i soldati statunitensi arrivarono a Dachau, e si trovarono davanti a montagne di cadaveri e ai prigionieri ancora in vita ridotti a pelle ed ossa, alcuni di loro non ressero allo shock e presero a giustiziare, insieme a uno dei sopravvissuti, gli aguzzini nazisti che non erano riusciti ad allontanarsi dal lager. Un episodio terribile che torna in mente quando Liliana Segre, una delle più grandi testimoni della Shoah italiana, racconta in questo libro di memorie scritto con Daniela Palumbo e dedicato ai ragazzi, ciò che le successe nel campo di Malchow-Ravensbruck, quando gli americani e i russi erano ormai così vicini da spingere le guardie a sbarazzarsi delle loro divise e a confondersi tra i deportati. A uno dei comandanti del campo scivolò a terra la pistola, che finì ai piedi di Liliana Segre. Che avrebbe potuto raccoglierla e vendicarsi di ogni sua sofferenza. Ma non lo fece e lasciò che ad arrestarlo fossero i liberatori. Perché se l’avesse ucciso, se avesse cercato la sua vendetta privata, sarebbe diventata come loro.


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Quarantasettesima settimana


Quando Hitler rubò il coniglio rosa

Judith Kerr - Bur

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Judith Kerr, nata a Berlino nel 1923 e scomparsa nel 2019 a Barnes (Londra), è stata una di quelle bambine ebree tedesche più fortunate delle altre: perché suo padre e sua madre, lui critico teatrale già inviso alle autorità naziste, portarono via la loro famiglia prima che il peggio iniziasse a manifestarsi, riuscendo a raggiungere l’Inghilterra nel 1933 e ottenendo tre anni più tardi la naturalizzazione nella nuova terra di adozione. Diventata poi una delle più note scrittrici per l’infanzia, Judith Kerr propose con questo romanzo in parte autobiografico la storia di una bambina e della sua famiglia nell’epoca dell’ascesa di Hitler e il loro peregrinare per l’Europa in cerca di asilo e di una nuova casa. Quando Hitler rubò il coniglio rosa, pubblicato nel 1976 anche nel nostro paese, è stato per lungo tempo uno dei pochissimi romanzi a diposizione dei ragazzi e delle ragazze italiane avente come sfondo le persecuzioni razziali contro gli ebrei.

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Quarantottesima settimana


La storia di Else

Michail Krausnick – Upre Roma

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Michail Krausnick, scrittore tedesco che ha dedicato diversi suoi libri all’infanzia, racconta in questo romanzo la storia vera di Else Matulat che cresce con i suoi genitori ad Amburgo sino a quando, a sette anni, scopre di essere stata adottata e di essere una bambina sinti, per la precisione una Z-, ovvero una “zingara” di sangue misto, secondo la mortifera classificazione fatta a uso e consumo dell’apparato nazista dagli pseudo scienziati Rober Ritter ed Eva Justin. Per questo motivo anche lei è destinata alla deportazione ad Auschwitz e al Samudaripen. Una storia che però, diversamente da tantissime altre, non si concluderà in tragedia, grazie alla determinazione del padre adottivo, Emil, che riuscirà a trarla in salvo.

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Quarantanovesima settimana


Un sacchetto di biglie

Joseph Joffo - Bur

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Da Un sacchetto di biglie, considerato ormai un classico per ragazzi in Francia, ma anche in Italia, con mezzo milione di copie vendute solo nel nostro Paese, sono state tratte due versioni cinematografiche, una nel 1975, diretta da Jacques Doillon e una più recente e di buon successo, nel 2017, diretta da Christian Duguay. La storia romanzata ma autobiografica narrata da Joffo è quella di due ragazzini che nella Francia occupata si ritrovano all’improvviso con una sacca in spalla, un gruzzolo in tasca e l’esortazione paterna a scappare il più velocemente possibile da Parigi, per raggiungere una zona dove i tedeschi non la fanno da padroni. L’avventuroso viaggio dei due ragazzini avrà, come è consuetudine della narrativa per ragazzi, dei tratti quasi picareschi, ma anche la struttura del percorso iniziatico, costellato da una tappa di crescita per ogni trabocchetto incontrato lungo la strada, e avente come obiettivo finale quello di restare sì vivi, ma anche di diventare grandi: scoprendo che il destino non è stato benigno col loro padre quanto lo è stato con loro.

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Cinquantesima settimana


In quelle tenebre

Gitta Sereny - Adelphi

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In quelle tenebre è anch’esso un libro di memorie degli stermini nazifascisti, ma questa volta i suoi protagonisti – coloro che sono chiamati a dare testimonianza, non sono solo i sopravvissuti ma anche i diretti responsabili dei lager della morte. Gitta Sereny, giornalista di origini ebraiche nata a Vienna e poi naturalizzata in Inghilterra, partecipò attivamente alla Resistenza in Francia, ricevendo dopo la guerra dalle Nazioni Unite l’incarico di riunire i bambini sopravvissuti a Dachau con in parenti rimasti in vita. Nella sua lunga attività di giornalista intervistò Albert Speer, dopo essere riuscita a conquistare un rapporto di fiducia che le procurò non poche critiche,  e uno dei peggiori criminali nazisti: Franz Stangl, comandante dei campi di sterminio di Treblinka e Sobibor, che scontava l’ergastolo nel carcere di Dusseldorf. In quelle tenebre, il risultato delle sessanta ore di intervista a Stangl, è un imponente e impressionante ritratto del male assoluto, lucido, demoniaco e vile: una responsabilità verso l’intera umanità ferita che Stangl ammise solo nel corso dell’ultimo incontro con Gitta Sereny, prima di morire poche ore dopo d’infarto.

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Cinquantunesima settimana


Buttati giù, zingaro

Roger Repplinger – Upre Roma

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Dalla presentazione della casa editrice Upre Roma: Il sinto “Rukeli” Trollmann, (...) nei primi anni Trenta all’apice della forma nazionale nei pesi mediomassimi, ma ha un difetto: è uno “zingaro” e inoltre il suo stile non è “ariano”. Ciononostante non si può impedirgli di competere e nel giugno del 1933 combatte e vince il suo match per il titolo. I nazisti, che hanno già iniziato le epurazioni razziali e controllano anche la federazione dei pugili tedesca, gli tolgono il titolo. Ma la cosa è troppo grossa, devono concedergli un’altra opportunità, ma lo fanno a condizione che rinunci al suo stile e combatta da “ariano”, fermo in mezzo al ring a scambiarsi pugni. Il suo avversario è il più forte picchiatore europeo. Rukeli sa che a quelle condizioni perderà e allora risponde a suo modo: vogliono un ariano, farò l’ariano. Si presenta sul ring con i capelli tinti di biondo e il corpo coperto di borotalco, si mette in mezzo al ring e per 5 round si scambia pugni fino a cadere sul tappeto in una nuvola bianca. Con questo gesto straordinario di scherno del razzismo del regime la sua carriera è finita, così come è finita la convivenza di rom e sinti nella Germania nazista che dal 1942 saranno perseguitati perché “razza” da sterminare come la “razza” ebraica. Espulso dall’esercito perché zingaro, Rukeli finisce nel campo di concentramento di Neuengamme dove incrocia Tull Harder, il grande centravanti dell’Amburgo e della nazionale tedesca. L’eroe del calcio è l’opposto di Rukeli: di famiglia borghese, aderisce subito al nazionalsocialismo, entra nelle SS, impiegato nei Lager partecipa allo sterminio di massa di Rom e Sinti. La fine di Rukeli sarà l’ultima espressione dell’orgoglio e della dignità dello “zingaro”. Costretto a sfidare uno dei kapò più feroci in un match davanti a tutti prigionieri e alle SS del Lager, Rukeli sa che se perde si salva, ma ciononostante mette ko l’aguzzino, ridicolizzandolo, così come aveva ridicolizzato il razzismo nazista. La vendetta del kapò sarà la stessa, annientare: pochi giorni dopo lo smacco, ucciderà Rukeli. Ma è lo “zingaro” a vincere: la Germania 70 anni dopo gli restituisce la corona di campione e con essa onore e dignità a lui e a tutti i rom e sinti discriminati e perseguitati".  Il grande pregio di questo volume è anche quello di restituire, con  precisione e dovizia di particolari, il percorso storico e pseudo scientifico che condusse i rom e i sinti  al genocidio.

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Cinquantaduesima settimana


Frammenti di Isabella

 Isabella Leitner - Mursia

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La storia di Isabella Katz Leitner è insieme terribile - quanto può esserlo la storia di una ragazzina che ha attraversato Auschwitz - e insieme tenerissima, perché dopo la paura, la violenza e l'orrore, la sua vita, dopo la liberazione e l'arrivo negli Stati Uniti, si è illuminata di tutto ciò che la rende meritevole di essere vissuta. Un amore, un nuovo futuro, dei figli. E insieme il ricordo della sua meravigliosa famiglia d'origine, e di sua madre, scomparsa nel lager, che ogni venerdì  "metteva in marcia i suoi sei ragazzi verso la biblioteca perché prendessero in prestito il maggior numero di libri a noi consentito, che lei stessa avrebbe divorato, prima di doverli restituire". Le memorie di Isabella, che si salvò insieme a due sorelle dopo una marcia della morte e raggiunse suo padre già emigrato nel 1939 negli States, meritano di essere conosciute e meditate anche per un particolare motivo. Ovvero per la lucida e implacabile messa in stato di accusa della società ungherese dell'epoca, profondamente infettata dall'antigiudaismo. Una eredità storica con la quale l'Ungheria non fece i conti in tutto il periodo del comunismo,  e di cui ancora oggi si scorgono tracce preoccupanti.

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Appendice 1


Il silenzio dei vivi

Elisa Springer - Marsilio

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Sopravvissuta ad Auschwitz e a Bergen Belsen, dove vide ancora in vita Anne Frank e sua sorella Margot, Elisa Spinger, che era nata a Vienna ma venne consegnata ai nazisti a Milano da una spia italiana, nascose per molti decenni il numero tatuato sul braccio, A-24020, sino a quando suo figlio Silvio, già grande, lo scoprì e le domandò cosa significasse. Fu in quel momento che iniziò per Elisa una seconda vita: il racconto catartico che in famiglia rivelò l’esperienza del lager, l’avvio delle testimonianze pubbliche in tutta Italia (sempre sorretta dal figlio Silvio che l’accompagnava), la sua storia struggente raccontata in questo libro di memorie. A Elisa, dolce signora di Vienna, scomparsa a Matera nel 2004, è intitolata la Fondazione Elisa Springer A-24020.

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Appendice 2

Il tempo di parlare

Helen Lewis - Einaudi

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Helena Katz, nata nel Regno di Boemia nel 1917, era una ballerina già avviata al successo quando, nel 1942, insieme a suo marito Paul Hermann, venne deportata a Terezin e da qui, due anni dopo, ad Auschwitz. Sopravvissuta a due selezioni di Josef Mengele, venne trasferita a Stutthof e poi liberata dall’Armata Rossa 11 marzo del 1945, durante una marcia della morte. Saputo della scomparsa di suo marito in una altra marcia, e di sua madre a Sobibor, si trasferì insieme al suo nuovo compagno Harry Lewis a Belfast,  dove divenne una nota coreografa e fondò il Belfast Modern Dance Group. La Lewis racconta un episodio particolare: dopo la fuga delle SS poco prima che i russi arrivassero nel lager, una delle guardie, chiamato il Maestro, non si diede alla fuga, rimase nel campo e aiutò  le deportate che vi erano state lasciate a morire.

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Appendice 3

Non dire di me che ho fuggito il mare

Alberto Melis - Condaghes

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Romanzo finalista del Premio il Battello a Vapore 1998 Non dire di me che ho fuggito il mare - titolo tratto da una poesia di Robert Louis Stevenson - racconta la vicenda di tre ragazzini su una isoletta davanti alle coste italiane, dove si è nascosto un anziano ebreo che sta organizzando una avventurosa fuga su un battello verso la Palestina. E uno dei pochi romanzi a disposizione dei ragazzi che affronta nello specifico l'ombra dell'antigiudaismo cristiano nel conformarsi delle persecuzioni che condussero alla Shoah anche gli ebrei italiani.
 

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Appendice 4



Un tallèt ad Auschwitz

Teo Ducci - Giuntina

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Teodoro Ducci, scomparso nel 2002, era nato a Budapest in una famiglia ebraica nel 1913, ma si era trasferito in Italia a Padova, dove venne catturato con la sua famiglia l'11 febbraio del 1944 a Firenze e poi deportato ad Auschwitz, via Fossoli, nel successivo aprile. Trasferito a Mauthausen venne liberato il 5 maggio 1945 dall'esercito statunitense. Dopo la guerra è stato per molto tempo dirigente instancabile dell'Associazione Nazionale ex-deportati Politici, In Un tallet ad Auschwitz ha raccontato la sua esperienza nei lager, dove suo padre venne ucciso lo stesso giorno del suo arrivo.                                                                                              

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Appendice 5

Non ti voltare

Emanuele Pacifici - Giuntina

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Emanuele Pacifici, nato a Roma nel 1931, figlio del rabbino Riccardo e facente parte di una famiglia di antica origine sefardita scomparsa in grandissima parte nei lager nazisti, si salvò da bambino restando nascosto in un collegio di suore, così come altre ospitarono sua madre, pur non riuscendo a salvarla da Auschwitz. Una esperienza che lo portò ad avere per tutta la sua vita un rapporto attento e apertissimo con le istituzioni del cattolicesimo romano. Uomo di straordinaria cultura e mitezza, caratteristica che sempre ha colpito tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo di persona, raccontava con un misto di stupore e ironia la sua “seconda” sopravvivenza. Il 9 ottobre del 1982 restò infatti vittima dell’attacco alla Sinagoga di Roma compiuto dal gruppo di terroristi palestinesi che uccisero il piccolo Stefano Gaj Taché e ferirono altre trentasei persone. Emanuele Pacifici venne ritenuto morto e coperto con un lenzuolo, ma quando il rabbino Toaff lo sollevò per recitare per lui una preghiera, si accorse che respirava ancora: i medici riuscirono così a strapparlo alla morte.

Il sottotitolo di questo libro è: autobiografia di un ebreo.

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Appendice 6

Sonder Kommando
Salmen  Gradowski - Marsilio

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Quello di Salmen Gradowski, ebreo polacco nato nel 1909 a Suwalki e deportato nel dicembre del 1942, è uno dei soli nove scritti testimoniali riguardanti le attività del Sonderkommando che operò ad Auschwitz Birkenau e ritrovati dopo essere stati sepolti sotto terra. Tanto più importante quanto fondamentale nel dipanare alcuni nodi rimasti per lungo tempo irrisolti anche nella più accreditata memorialistica della Shoah, restando i membri dei sonderkommando e le loro attività solitamente sconosciute o non correttamente riportate dagli altri deportati. Per molto tempo le testimonianze degli ebrei che più direttamente collaborarono alle fasi finali dello sterminio non vennero pubblicate, quasi a voler sottacere la zona più buia dello sterminio, quella indicibile poiché più contaminata dal male e dalla morte, ancora in vita, di ogni umanità. Queste terribili pagine, di difficilissima lettura e metabolizzazione, testimoniano invece di una coscienza ancora presente, forse in disperata ricerca di assoluzione, che nella scrittura e nella testimonianza dell’orrore – perché l’indicibile non venisse sommerso per sempre nel nulla del silenzio – cercava di restare ancora aggrappata a una parvenza di dignità e al voler rimarcare la differenza che restava comunque intatta tra carnefici e vittime.

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Appendice 7


Con occhi di bambina

 Liliana Treves Alcalay - Giuntina

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Liliana Treves Alcalay, nata a Bengasi nel 1939, è una scrittrice e una finissima studiosa di tradizioni ebraiche, in particolare di quelle sefardite. Da molti anni si dedica alla ricerca e alla riscoperta dei canti tradizionali della Diaspora e all’attività concertistica finalizzata alla diffusione dell’antico patrimonio musicale del popolo ebraico. Con occhi di bambina è la storia della sua famiglia negli anni della Shoah, quando per salvarsi dai tedeschi e dai fascisti si affidò prima alla rete di protezione costituita dai contadini e dai partigiani nel parmense e poi espatriò in Svizzera. “Il silenzio. Questo fu il grande mago maligno che dominò i bambini ebrei durante la guerra” – ha scritto Liliana Picciotto Fargione nella prefazione. “Dovunque c’erano genitori che chidevano ai figli di non muoversi, non giocare, non uscire, non dare dell’occhio”.



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Appendice 8

Gli ebrei di Vilna – Una cronaca dal ghetto 1941 -1944

Grigorij Šur
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La vera Shoah, intesa come pieno dispiegamento della volontà omicida nazista nei confronti degli ebrei, non iniziò in Occidente ma bensì nei Paesi dell’est Europa e del Baltico, dove presero l’avvio i grandi massacri di massa, spesso con l’attivo sostegno di parte della popolazione locale. La straordinaria testimonianza di Grigorij Šur, giornalista già perseguitato prima dell’occupazione nazista, racconta le vicende dei Ghetti di Vilnius, e la spietata eliminazione della comunità ebraica, circa settantamila persone delle quali solo poche centinaia sopravvissero. Questa memoria è potuta arrivare sino a noi perché Šur l’affidò a un’amica lituana, Anna Šimajte, che dopo la guerra l’affidò al Museo Ebraico di Vilnius.

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Appendice 9


I sommersi e i salvati

Primo Levi - Einaudi

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Ultimo lavoro del grande scrittore e testimone torinese, che con I sommarsi e i salvati cercò forse di ordinare, ri-ordinare e dare nuova sistematicità sia alle sue personali memorie dello sterminio, sia ai grandi temi che l’insieme delle testimonianze avevano sollevato sino a quel momento. Il rapporto tra la soggettività e l’oggettività della Memoria; l’inquinamento della stessa da parte di chi non intende comunque accedervi sia per indifferenza sia per volontà o interesse nel negarla; il rapporto tra chi si salvò e chi nel mare nero dello sterminio restò per sempre sommerso; l’immensa zona grigia che sempre accompagna il sostanziarsi del male, nella quale gli accomodamenti, i silenzi e le complicità sono alla fine “azioni” responsabili non meno di quelle degli aguzzini. Terribili, e probabilmente evocative quanto un presagio - le parole di Levi nel ricordare che gli unici veri testimoni dello sterminio – dell’indicibile e del non detto - sono le vittime che non possono più parlare.

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Appendice 10

Ho sognato la cioccolata per anni
Trudi Birger - Piemme
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Trudi Birger, scrittrice nata nel 1927 a Francoforte sul Meno e dopo la guerra naturalizzata israeliana, ha fondato nel 1980 la clinica no-profit Dentisti volontari per Israele, per venire in soccorso a tutti e in particolare a tutti i bambini, ebrei o arabi, che non fossero in grado di accedere alle spese per cure dentarie. Solo una delle attività di volontariato in favore dei diseredati messe in essere in virtù di una promessa fatta a sé stessa, ancora adolescente, durante la sua prigionia nel lager di Stutthof e prima ancora nel ghetto di Kovno, dove suo padre venne ucciso insieme a un centinaio di bambini che aveva provato a mettere in salvo.

Trudi Birger, scomparsa a Gerusalemme nel 2002, ha sempre affermato di essersi salvata dalla morte per mano nazista in virtù di un miracolo: in queste pagine racconta come volle rimanere vicina a sua madre nel calvario della deportazione, come fu che si ritrovò a un metro da un forno crematorio nel quale le deportate venivano gettate ancora vive e come poi avvenne il miracolo.

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Appendice 11


Tutte le mie mamme 

Renata Piatkowska - Giuntina

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Renata Piatkowska, notissima scrittrice per l’infanzia polacca, ha raccontato in questo delizioso volumetto dedicato ai bambini e curato in Italia direttamene da Daniel Vogelmann, editore della Giuntina, la storia del signor Szymon Bauman. Un anziano signore che ogni mattina va al parco e sembra sonnecchiare su una panchina, sino a quando inizia a raccontare la sua storia e rivela di aver avuto, quando era bambino, tante mamme. La sua vera mamma, morta nel ghetto di Varsavia, e poi tante altre che si erano occupate di lui dopo che una infermiera chiamata Jolanta l’aveva portato via dal ghetto nascosto in una scatola. Quell’infermiera, in realtà – Jolanta era solo il nome che aveva preso opponendosi ai nazisti nella Resistenza polacca – si chiamava Irena Sendler, una donna di straordinario coraggio che salvò, tra gli altri, anche duemila e cinquecento bambini ebrei, affidandoli sino alla fine della guerra ad altre famiglie e ad altre madri vicarie. Irena Sendler è stata riconosciuta dallo Yad Vashem Giusta tra le Nazioni.

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Appendice 12


Corri ragazzo corri

 Uri Orlev - Salani

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Uri Orlev, il cui vero nome è  Jerzy Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse insieme alla sua famiglia la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte della madre, uccisa dai nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel lager di Belsen Belsen. Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. Corri ragazzo corri è la vera storia di Yoram Friedman, che fuggì dal Ghetto di Varsavia e a cui suo padre aveva detto:  "Ti ordino di sopravvivere!". Una storia  durissima con un lieto fine raccontata ai ragazzi come solo Uri Orlev riesce a fare e da cui è stato tratto l'omonimo film diretto da Pepe Danquart.
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Appendice 13


Diario

 Anne Frank – Einaudi Edizione Integrale

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Frediano Sessi, al quale si deve la pubblicazione del Diario nella sua forma originale e integrale, assai più sfaccettata e complessa delle versioni che hanno circolato per molti decenni, ha scritto nella sua nota introduttiva che “Anne Frank tenne un diario dal 12 giugno 1942 al 1º agosto 1944. Scrisse le lettere per sé fino a quando, nella primavera del 1944, a Radio Orange sentì il ministro dell’educazione in esilio, Bolkenstein, affermare che dopo la fine delle guerra tutte le testimonianze della sofferenza del popolo olandese durante l’occupazione tedesca avrebbero dovuto essere raccolte e pubblicate. Tra gli altri, citò l’esempio dei diari. Ispirata da questo discorso, Anne Frank decise che dopo la guerra avrebbe pubblicato un libro basato sul proprio diario.” Il sogno di Annelies Marie Frank, Anne, che scomparse a Bergen Belsen insieme a sua sorella Margot, si avverò e il suo Diario è diventato uno dei classici della letteratura della Shoah.

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Appendice 14

La tana di fango

Wolfang Koeppen - Giuntina

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Wolfgang Koeppen, uno dei maggiori autori tedeschi del dopoguerra, pubblicò in forma anonima questo romanzo basandosi sulla memoria Mein Weg durch die Nacht di Jakob Jenö Littner, un commerciante di francobolli ebreo nato a Budapest nel 1883 che riuscì a sopravvivere alla Shoah fuggendo da un ghetto e nascondendosi con la sua famiglia sino alla fine della guerra. Alla sua uscita il libro risultò invendibile, segno che forse i tempi non erano ancora maturi, in Germania come altrove, per accogliere tematiche come quella della sopravvivenza di un ebreo al tentativo di genocidio operato dal regime nazionalsocialista.




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Appendice15


Il volo di Sara

Lorenza Farina e Sonia Maria Luce Possentini - Fatatrac

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Un bellissimo libro per bambini che affronta il tema della deportazione nei lager nazionalsocialisti con un breve testo scritto dalla scrittrice Lorenza Farina coniugato con le immagini di rara bellezza e incisività di Sonia Maria Luce Possentini. Un pettirosso è attirato da Sara, una bambina con un nastro azzurro tra i capelli chiusa dietro un recinto di filo spinato. Un posto orribile per una bambina, perciò il pettirosso deciderà di fare qualcosa.

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Appendice 16


La storia di Erika

Ruth Vander Zee e Roberto Innocenti- C'era una volta

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Ruth Vander Zee racconta che un giorno,  a Rothenburg, in Germania, incontrò una signora, come lei di origine ebraica, che le raccontò la sua storia vera. Durante gli anni della Shoah, quando aveva pochi mesi di vita, sua madre, forse di comune intento con suo padre, la lanciò da uno dei carri bestiame che trasportavano i deportati verso la loro ultima destinazione, sull’erba di un prato. Non morì. Qualcuno la raccolse e l’affidò a una donna che le dette un nome, Erika, che la nutrì, la curò, la crebbe come se fosse stata sua figlia. Su questa straordinaria vicenda Ruth Vander Zee e Roberto Innocenti hanno costruito questo gioiello di altrettanta straordinaria espressività e bellezza.

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Appendice 17



L’albero della memoria

Anna Sarfatti Michele Sarfatti - Mondadori

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Anna Sarfatti presenta in questo piccolo ma preziosissimo volume dedicato all’infanzia la storia di Sami, un bambino ebreo che crescerà e si affaccerà all’età della maggiorità religiosa, o Bar Mitzvà, tredici anni, dopo aver attraversato i tempi della guerra e delle persecuzioni razziali. Alla forma narrativa della storia – perché è la narrazione di storie quella che più rimane impressa nei bambini e nei ragazzi – si accompagnano brevi note esplicative e un succinto apparato storico finale, curato da Michele Sarfatti, arricchito da alcune fotografie e documenti.

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Appendice 18

Storia di Vera

Gabriele Clima - San Paolo edizioni

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In questo piccolo e bellissimo libro per l’infanzia scritto e illustrato da Gabriele Clima si racconta la storia di Vera, che arriva nel lager insieme alle sue due sorelle, Anna e Sara, e insieme a sua madre, mentre il vento tira forte e contrario. Vera è troppo piccola per comprendere appieno ciò che sta succedendo, ma non tanto da non distinguere ciò che è bene da ciò che è male, un cuore grande da un cuore avvelenato, come quello dei sorveglianti del lager. Anna, sua sorella, morirà, ma Vera vedrà arrivare un giorno dei soldati con la stella rossa sui cappelli, che la ricondurranno alla vita.

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Appendice 19

La voce dei sommersi

Carlo Saletti - Marsilio

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I sette manoscritti riportati in questo volume sono stati ritrovati tra il 1945 e il 1980 nei terreni circostanti i resti dei forni crematori di  Auschwitz - Birkenau: sono le uniche testimonianze dei "sommersi", come Primo Levi definiva coloro che avevano attraversato per intero l'orrore dello sterminio e ad esso non erano scampati, in grado di restituire nella sua interezza il demoniaco marchingegno dell’orrore nei lager. Ma anche le disperanti e disperate dinamiche di sopravvivenza degli schiavi costretti a diventare complici dei nazisti e la loro ribellione del 7 ottobre 1944. Per molto tempo, ci dice Frediano Sessi nella prefazione, queste testimonianze non hanno avuto “un diffuso ascolto”, né “grandi editori e un folto pubblico disposti a udirli”, essendo forse l’unico modo possibile di accedervi quello di sospendere ogni giudizio sulla scelta inumana di darsi la morte o sopravvivere. Da uno di questi manoscritti è stato tratto il film, premio Oscar, Il figlio di Saul, diretto da László Nemes.

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Appendice 20

L’ultimo viaggio

Irène Cohen-Janca  Maurizio A.C.Quarello – Orecchio Acerbo

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Janusz Korczak - nato Henryk Goldszmit, in Polonia, nel 1878 – viene oggi considerato uno dei massimi ispiratori della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dalle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989. Perché il Pan Doktor, come veniva chiamato dalla gente comune ma soprattutto dalle centinaia di bambini, ebrei e non, da lui accolti a Varsavia nella Casa degli Orfani, la pratica del rispetto per i più piccoli la teorizzò e praticò per più di trent’anni: dando vita a uno straordinario esperimento educativo brutalmente interrotto dalla furia omicida nazista. Janusz Korczak continuò a far vivere la sua Repubblica dei Bambini, con un suo Parlamento autogestito, anche nel Ghetto. E quando il 5 agosto del 1942 i bambini e le bambine della Casa degli Orfani vennero evacuati in direzione del treno che li avrebbe portati a Treblinka, lui li accompagnò tenendo i più piccoli per mano e con loro salì sui vagoni della morte. Si dice che morì durante l’ultimo viaggio, di dolore. Alla sua storia e alla sua memoria, Irène Cohen-Janca e Maurizio A.C.Quarello dedicano questo bellissimo volume illustrato.

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