Lunario dei Giorni di Memoria
Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è
accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte
ed oscurate: anche le nostre.
Primo Levi
(Le Case Editrici che non gradissero
la presenza dei brani di cui detengono il copyright in questa raccolta
senza fini di lucro, possono chiedere in qualsiasi momento la loro
eliminazione, che sarà immediata)
(per accedere ai brani cliccare sull'immagine di copertina)
Introduzione
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| In ordine alfabetico per autore
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Prima settimana
Lo scialle
Cynthia Ozick - Feltrinelli
Scrittrice statunitense di origine ebraica russa, Cynthia Ozik restituisce nel terribile racconto Lo scialle, accompagnato nel volume edito dalla Feltrinelli da un secondo racconto speculare al primo, Rosa, folgoranti visioni di incommensurabile drammaticità e bellezza. Il passaggio del
testimone tra il primo e il secondo racconto è lo stesso che
corre tra la realtà dell'orrore e la memoria che si è in grado di
conservare di esso da sopravvissuti, in una elaborazione del lutto che
necessita di continui aggiustamenti e proiezioni vicarie, per non precipitare nella più disperata delle alienazioni.
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Seconda settimana
La lente focale
Otto Rosemberg - Marsilio
Otto Rosemberg, sinti tedesco,
aveva solo 9 anni quando Adolf Hitler ordinò che la città di Berlino venisse
"ripulita" per i giochi olimpici del 1936: si aprirono così per lui e
per la sua famiglia i cancelli del suo primo campo di concentramento,
quello di Marzahn. Nel racconto di Rosemberg, miracolosamente sopravvissuto
al pieno dispiegarsi della furia nazista, ai lager di
Auschwitz-Birkeanu, di Buchenwald e di Bergen-Belsen, si respira l’immane
tragedia di un popolo mite che non smarrì mai il senso di un disperato e
attonito
stupore di fronte alla volontà genocida del nazionalsocialismo. Nel
brano che qui si propone compaiono Robert Ritter ed Eva Justin, autori degli studi pseudoscientifici che avviarono le
popolazioni romanì alla soluzione finale.
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Terza settimana
Se questo è un uomo
Primo Levi - Einaudi
L’opera
più nota e importante del grande scrittore torinese, scritta negli anni
immediatamente successivi alla liberazione dal lager e alla fine della
Seconda Guerra
Mondiale, venne inizialmente rifiutata dalla Einaudi, nel 1947, perché
ritenuta non idonea alla pubblicazione, un giudizio negativo che pare
abbia
coinvolto anche Cesare Pavese e Natalia Ginzburg. Se questo è un uomo
venne dunque pubblicato da una piccola casa
editrice, in poche copie rimaste per lo più invendute, e solo undici
anni più
avanti trovò ospitalità presso la Einaudi, che nel decennio successivo
vendette circa
centomila copie. Il breve brano che qui si propone fa parte
dell'epilogo dell'esperienza di Levi nel lager, negli ultimi giorni
prima dell'arrivo delle truppe russe.
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Quarta settimana
Misha corre
Jerry Spinelli - Mondadori
Jerry Spinelli, straordinario scrittore
statunitense amatissimo anche in Italia per il suo stile narrativo
realistico e per i suoi personaggi spesso drammaticamente fuori dalle
righe, ha ambientato questo romanzo nel Ghetto di Varsavia, dando vita
a un microcosmo di disperata vitalità e resistenza che vede per
protagonista Misha, un ragazzino forse "zingaro" o forse no che per non
soccombere impara l'arte di correre come il vento.
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Quinta settimana
Il ghetto di Varsavia - Diario (1939-1944)
Mary Berg - Einaudi
Mary Berg, pseudonimo di Miriam Wattemberg, nasce a Lodz nel 1924
da madre americana e padre ebreo polacco. Nel 1939, all’età di quindici anni,
dopo che con la sua famiglia è stata imprigionata nel Ghetto di Varsavia,
inizia a scrivere un diario destinato a ricoprire un ruolo particolarissimo
nella letteratura della Shoah. Venne infatti tradotto in America, dove la
famiglia riuscì ad arrivare nel 1944 in virtù del passaporto statunitense della
madre e di uno scambio di prigionieri di guerra tedeschi, a guerra non ancora
conclusa. I brani che si propongono raccontano della terribile epidemia di tifo
che imperversò nel ghetto, di cui la ragazzina colse gli aspetti più evidenti e
terribili, senza probabilmente avere piena coscienza della straordinaria azione
dei medici, degli infermieri e dei volontari del ghetto che riuscirono,
attraverso un serrato coinvolgimento della popolazione nelle azioni di
prevenzione e cura, a sconfiggere l’epidemia. Dopo la fine della guerra e
quando il clamore per il suo Diario si assopì, Miriam Wattemberg si rifugiò in
una vita riservatissima e volutamente anonima, senza mai riuscire a superare il
senso di colpa per essersi salvata mentre centinaia di migliaia di sue coetanee
ebbero come destino la morte.
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Sesta settimana
L’isola di via degli Uccelli
Uri Orlev - Salani
Uri Orlev, il cui vero nome è Jerzy
Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse insieme alla sua famiglia
la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte della madre, uccisa dai
nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel lager di Belsen Belsen.
Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. L’isola in via degli Uccelli, forse il
suo più noto romanzo in odore di autobiografia, è ambientato a Varsavia e corre
lungo il filo della volontà di sopravvivenza e di resistenza a un orrore senza
limiti. Nel 1996 Uri Orlev ha ricevuto il Premio Hans Christian Andersen.
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Settima settimana
Forse sogno di vivere. Una bambina rom a Bergen Belsen
Ceija Stojka - Giuntina
Ceija Stojka, romnì austriaca del gruppo
dei Lovara, nacque nel 1933 in una famiglia che aveva residenza a Vienna e praticava
solo in una parte dell’anno un semi nomadismo legato al commercio dei cavalli e
all’esigenza di mantenere stabili rapporti con i parenti. Come la stragrande
maggioranza dei rom Lovara austriaci anche la famiglia Stojka venne imprigionata
e deportata nei lager nazisti, dove suo fratello Ossi e suo padre Karl vennero uccisi.
Liberata dall’esercito inglese a Bergen-Belsen, Ceija aveva ormai dodici anni
quando finalmente riuscì a frequentare il suo primo anno di scuola. Forse sogno di vivere
è una delle opere
che da adulta, diventata tra l’altro portavoce delle comunità Rom e
Sinti
austriache per il riconoscimento del Porrjamos – Samudaripen, dedicò
alla devastante esperienza nel lager: pagine che sono, letteralmente, una stretta al cuore. Ceija è scomparsa nel 2013 a Vienna,
dove una piazza porta oggi il suo
nome.
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Ottava settimana
Gioco di sabbia
Uri Orlev - Salani
Uri Orlev, il cui
vero nome è Jerzy Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse
insieme alla sua famiglia la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte
della madre, uccisa dai nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel
lager di Belsen Belsen. Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere
Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. Gioco di sabbia è
considerato la vera biografia di Orlev, illuminata dalla certezza di una definitiva
vittoria sull’orrore che pure ha attraversato la prima parte della sua vita:
perché sopravvivere al male assoluto si può, difendendo ostinatamente la
propria umanità, la capacità di sognare, di amare, di insegnare ai propri figli
la bellezza della vita.
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Nona settimana
La tregua
Primo Levi - Einaudi
In quello che alcuni considerano il
secondo capitolo di Se questo è un uomo, Levi esordisce con la poesia
che scrisse il giorno dopo Shemà - Voi
che vivete sicuri... -, quasi a preannunciare la sostanziale compiutezza
della sua testimonianza, e insieme la consapevolezza esistenziale che anche per
i sopravvissuti, che mai riusciranno a liberarsi del tutto dalla divisa delle
vittime, risuonerà ancora quel terribile grido mattutino, il richiamo alla
morte, Wstawać!, Alzatevi!, che poneva fine alla tregua notturna nel lager. Lo
stesso mistero del distacco dalla vita dello scrittore torinese – con cui tutti
abbiamo un enorme debito di riconoscenza – corre forse, almeno in parte, tra le
pagine di questo libro, che è cronaca e resoconto del suo ritorno a casa.
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Decima settimana
Razza di zingaro
Dario Fo - Chiarelettere
Il drammaturgo e Premio Nobel per la letteratura
scomparso nel 2016, ha liberamente romanzato in questo volume la vera e drammatica storia di
Johann Trollmann, chiamato anche “Rukeli”, l’Albero, nella sua lingua sinti. Nato ad Hannover nel 1907, Rukeli diventò
pugile professionista nel 1929, portando sul ring un inedito stile danzante simile a
quello che poi avrebbe caratterizzato Cassius Clay in epoca moderna. Nel 1933 riuscì
a vincere la cintura dei pesi mediomassimi nonostante i giudici avessero
provato a sovvertire l’esito dell’incontro con Adolf Witt, ma una settimana
dopo il titolo gli fu tolto per una pretesa condotta antisportiva. Gli fu
intimato subito dopo di partecipare a un altro incontro ma con l’obbligo di
perderlo. Fu così che Rukeli si presentò sul ring dopo essersi “arianizzato”,
tingendosi i capelli di biondo e cospargendosi il corpo di farina bianchissima:
facendosi gioco così della presunta superiorità razziale tedesca. Johann
Trollmann venne ucciso il 31 marzo 1944 a Wittenberge, sottocampo del
Konzentrationslager di Neuengamme.
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Undicesima settimana
Alla fine di ogni cosa
Mauro Garofalo - Frassinelli
Anche Mauro Garofalo, giornalista e praticante per diletto della boxe, racconta, romanzandola, la storia di Johann Trollmann, “Rukeli",
il pugile sinti tedesco perseguitato dal regime nazista, capace di una
straordinaria azione di ribellione, quando si presentò sul ring per il
titolo di campione dei medio massimi con i capelli dipinti di biondo e
il corpo cosparso di farina, a irridere ogni presunta superiorità
razziale ariana. Precipitato durante la guerra nell'universo
concentrazionario nazista, Trollmann dovette subire pesantissime
persecuzioni a causa del suo passato di pugile, sino a incontrare la
morte in uno dei sottocampi di Neuengamme.
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Dodicesima settimana
Anni d'infanzia. Un bambino nei
lager
Jona Oberski - Giuntina
Jona Oberski, nato ad Amsterdam nel 1938, scrittore e fisico, ha testimoniato in Kinderjaren, tradotto in italiano col titolo Anni d'Infanzia, la sua esperienza di deportazione nei lager
e della liberazione, ad opera dei soldati russi, sul Treno di Trobitz.
Il racconto di Oberski ha ispirato il bellissimo film di Roberto Faenza
Jona che visse nella balena.
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Tredicesima settimana
Sonderkommando
Auschwitz
Shlomo Venezia - Bur
In una lunga intervista
concessa nel 2006 a Béatrice Prasquier, Shlomo Venezia, nato a Salonicco nel
1923 e scomparso a Roma nel 2012, descrisse la sua esperienza ad Auschwitz-Birkenau,
poi raccolta in un volume edito in Francia e solo successivamente tradotto in
italiano nella forma di un lungo e ininterrotto racconto, col titolo Sonderkommando Auschwitz.
La
testimonianza di Venezia, che nel campo di sterminio fu costretto a far
parte del
Sonderkommando che operava nel Crematorio III, è stata ritenuta
particolarmente
importante per la ricostruzione degli ultimi momenti in vita dei
deportati
selezionati per le camere a gas, ma anche per il resoconto della
rivolta ebraica che portò alla distruzione di un forno crematorio. Una
testimonianza terribile e sconvolgente,
particolarmente difficile da metabolizzare.
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Quattordicesima settimana
Il ricordo che non avevo
Alberto Melis - Notes
In
questa nuova edizione rivista del romanzo per ragazzi che venne
considerato dalla rivista Andersen uno dei tre migliori pubblicati in
Italia
nel 2010, Alberto Melis dà vita a una storia giocata tra un presente
nel quale
ancora non si sono sopiti i pregiudizi contro l’etnia romanì e un
passato che
vide la deportazione di cinquemila rom Lovara nel Ghetto di Lodz,
destinati ad essere
sterminati dai nazisti. Una vicenda che si dipana all’ombra cupa e
minacciosa del Samudaripen, con un esito inaspettato che affranca dal
suo passato
un sopravvissuto e illumina il domani di speranza.
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Quindicesima settimana
A5405
Il coraggio di vivere
Nedo Fiano - San Paolo
Questo
straordinario libro di Nedo Fianco, scomparso poche settimane fa, non
poteva che essere presentato in modo altrettanto straordinario, con tre
“premesse”
introduttive affidate ai suoi tre figli, Andrea, Emanuele ed Enzo,
chiamati a presentare il padre per cosa è stato per loro, ma anche per
cosa è stato per
tutti coloro che l’hanno conosciuto e hanno ascoltato ciò che aveva da
dirci: la
storia terribile del suo passato, la esemplarità ostinatamente
edificata del
suo presente, il monito non negoziabile per un futuro fondato sul
rispetto
degli Altri, sul concetto di libertà, sulla difesa militante della
Democrazia.
Alle dure ma necessarie pagine della sua testimonianza, ancora una
premessa,
tratta da Gioele 1, 2-3: «Udite questo, anziani,/ porgete l’orecchio
voi tutti/
abitanti della regione./ Accadde mai cosa simile ai giorni nostri/ o ai
giorni
dei vostri padri?»./ «Raccontatelo ai vostri figli/ e i figli vostri ai
loro
figli/ e i loro figli alla generazione seguente».
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Sedicesima settimana
Il piccolo acrobata
Raymond Gurême - Piemme
Raymond Gurême,
scomparso pochi mesi fa, ebbe la fortuna di nascere e crescere in una famiglia manouche libera e felice, che viveva in
un vurdon, un carrozzone dotato di
ogni confort e di acqua calda, e girava per i piccoli paesi della Francia intrattenendo
i contadini con i giochi circensi e con
le proiezioni del cinema muto. L’incubo, suo e dei suoi familiari, ebbe inizio
quando compì quindici anni, con la cattura dell’intera famiglia da parte delle
milizie complici dell’invasore tedesco, il sequestro di ogni bene, l’internamento
nel primo campo di confino, nel Dipartimento dell’Essone. Negli anni che
seguirono Raymond evase, venne nuovamente internato, di nuovo evase e di nuovo,
per numerose volte, venne imprigionato, per poi
evadere ancora e unirsi alla Resistenza. In questo libro il racconto della sua
straordinaria esperienza.
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Diciassettesima settimana
Cronache del ghetto
Adolf Rudnicki - Marsilio
Nato a Varsavia, nel
1912, in una famiglia ebrea chassidica, lo scrittore Adolf Rudnicki è scomparso
nella stessa città nel 1990, dopo un periodo trascorso in Francia, isolato e praticamente
dimenticato da tutti, al punto che nell’edizione di Cronache del ghetto pubblicata in Italia da Marsilio, l’editore
specifica di essere disposto ad ottemperare i suoi obblighi nei confronti di
eventuali aventi diritto “che non è riuscito a individuare". A tanto immeritato
oblio – Rudnicki esordì come romanziere nel 1930 e poi venne inghiottito dalla
guerra e dalle persecuzioni naziste -, corrisponde paradossalmente una
grandezza stilistica e una capacità narrativa fuori dall’ordinario, al punto
di far scrivere a Cesare Garboli che “Rudnicki
rimane, in un ideale archivio del Novecento letterario, quale supremo cronista
dell'orrore, quale costruttore di un'impervia, lacerante testimonianza. Il più
bel libro sullo sterminio degli ebrei nel ghetto di Varsavia e sull'ideologia
nazista è un libro sul terrore. (…) Ogni racconto è mantenuto sul filo del
rasoio fra caos e labirinto, tanto che si insinua il sospetto che il caos abbia
una sua logica".
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Diciottesima settimana
Diario dal ghetto di Varsavia
Emanuele Ringelblum -
Castelvecchi
Ebreo di origine ucraina
trasferitosi giovanissimo, a causa dei progrom, in Polonia, Emanuele Ringelblum
fu uno dei più stimati studiosi della storia della comunità ebraica polacca. A
lui, negli anni della prigionia nel ghetto di Varsavia, si deve la creazione di
un singolare gruppo di ricercatori, denominato La gioia dello Shabbat, Onegh
Shabbès in yiddish, perché usi a riunirsi nel giorno di sabato, che si
diede il compito di documentare sotto tutti gli aspetti la vita di prigionia
della comunità ebraica. Il materiale raccolto dai componenti del gruppo, storici, scrittori, rabbini, dattilografi
e altri ancora, centinaia di migliaia di
pagine, venne sepolto in recipienti del latte e ritrovato nel 1946 e nel 1950. Emanuele
Ringelblum riuscì a evadere dal ghetto insieme a sua moglie e a suo figlio, ma
catturato l’anno successivo venne fucilato insieme a loro dalla Gestapo nella prigione di
Pawiak.
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Diciannovesima settimana
Diario di Dawid Sierakowiak, cinque quaderni dal
ghetto di Lodz
Einaudi
Il
ghetto di Lodz, istituito dagli invasori tedeschi nel febbraio del
1940, fu il secondo per grandezza e numero di abitanti nella Polonia
occupata. Dawid Sierakowiak, un ragazzo poco più che adolescente ma di
straordinaria maturità, già concretamente impegnato con le formazioni
marxiste presenti nel ghetto, scrisse un diario, composto da cinque
taccuini (più due andati distrutti), in cui annotò nei particolari la
sua vita, i suoi sentimenti, le sue riflessioni e le sue speranze, che
andarono pian piano scemando sino alle ultime righe scritte prima della
morte, avvenuta probabilmente per debilitazione e tubercolosi, subito
dopo il compimento del suo diciannovesimo
compleanno.
La sua testimonianza è ritenuta fondamentale per comprendere le
dinamiche interne alla popolazione ebraica, che non reagì in modo
uniforme alla prigionia e alla sopraffazione.
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Ventesima settimana
Tutto è in frantumi
Klaartje de Zwarte-Walvisch - Guanda
Di questo “diario”,
consegnato al Museo ebraico di Amsterdam solo una quindicina di anni fa, non si
conobbe per diverso tempo il nome della sua autrice, essendo stato stilato in
forma del tutto anonima, e solo dopo accurate ricerche condotte dai
responsabili del museo e dalle ricercatrici della trasmissione televisiva De Oorlog, è stato possibile risalire
alla sua identità smarritasi nell’abisso della Shoah. Klaartje de
Zwarte-Walvisch era una sarta e aveva trentadue anni quando venne prelevata
dalla sua casa, insieme al marito, da due membri della Colonne Henneicke, i Cacciatori
di ebrei che per ogni essere umano catturato e consegnato ai nazisti
guadagnavano 7,50 fiorini. Queste pagine, scritte in segreto e consegnate a un
parente, anche lui deportato nel campo di concentramento di Westerbork, prima
di salire sull’ultimo treno che l’avrebbe condotta nel lager di sterminio di
Sobibor, sono la testimonianza di una donna che sino all’ultimo non smise di
indignarsi per la violenza e la disumanizzazione a cui era quotidianamente sottoposta
insieme a tutti gli altri deportati.
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Ventunesima settimana
Quanta stella c'è nel cielo
Edith Bruck - Garzanti
“Quanta stella c’è nel cielo
non è un errore, è il primo verso di una ballata amara del giovane Petőfi, il
grande poeta ungherese”. Inizia così la presentazione di questo romanzo di
Edith Bruck, scrittrice e sceneggiatrice magiara naturalizzata italiana, sopravvissuta
da ragazzina ai lager di Auschwitz e di Bergen-Belsen, dove venne liberata,
insieme a sua sorella, nell’aprile del 1945. A questo romanzo, in cui la Bruck
descrive la dinamiche e la difficoltà del ritorno
a casa, quando non si ha più una casa e la strada percorsa è un catalogo di dolori ed orrori, Roberto Faenza ha
ispirato il suo film Anita B, nel
quale la giovane protagonista, interpretata da Eline Powell, capisce che l’unico
approdo sicuro per lei è la risalita in Israele.
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Ventiduesima settimana
Ultima fermata: Auschwitz
Frediano Sessi - Einaudi
A Frediano Sessi, scrittore, traduttore, saggista e finissimo studioso
della Letteratura della Memoria, si deve la pubblicazione in Italia del Diario
di Anne Frank nella sua versione integrale e definitiva. In questo romanzo, composto in forma diaristica e
dedicato ai ragazzi, Sessi affida al suo giovane protagonista, Arturo Finzi, il
compito di attraversare per intero la storia degli ebrei italiani sotto il
fascismo. Il grande inganno nei confronti di una comunità che aveva partecipato
attivamente alla costruzione della nazione, le leggi razziali del 1938, la
guerra, l’occupazione tedesca e il destino infame orchestrato dai nazisti e dai
loro complici italiani con la deportazione nei campi di concentramento e di
sterminio. Il libro presenta una accurata postfazione di carattere storico
intitolata Il fascismo e gli ebrei
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Ventitreesima settimana
La notte
Elie Wiesel - Giuntina
La notte di Elie Wiesel, cronaca
autobiografica della prigionia ad Auschwitz, a Buna e a Buchenwald, è il primo
titolo tradotto e pubblicato da Daniel Vogelmann, editore della Giuntina. Forse
il libro più importante di un grandissimo quanto prolifico scrittore che “è
andato celebrando un kaddish di dimensioni apocalittiche per sei milioni di
morti”, per quanto le sue parole che più si scolpiscono nel nostro cuore recitino
che “Mai dimenticherò quella notte, la
prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette
volte sprangata...(...) Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la
mia Fede”. Una fede, poi, forse, ritrovata, come ebbe a dire Daniel
Vogelmann in una intervista ad Alberto Melis, nell’assoluzione del D-o innocente
di tutti gli orrori perpetrati dagli uomini.
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Ventiquattresima settimana
Storia di una vita
Aharon Appelfeld - Guanda
“Non abbiamo visto Dio
nei campi ma vi abbiamo visto dei giusti”, ha affermato Aharon Appelfeld, che
in questa straordinaria resa dei conti con la sua personale memoria – in cui
oggettività e rivisitazione sono due fattori complementari – ci racconta del
maestro Gustav Gutzmann, che un giorno condusse i suoi bambini ciechi ai vagoni
della morte. Appelfield sopravvisse poco più che bambino a un lager in
Transnistria, evase, visse nei boschi, si accompagnò a un gruppo che lui stesso
definì di “criminali”, a cui nascose di essere ebreo e che gli permise in
qualche modo di arrivare vivo sino alla fine della guerra. Aveva solo 14 anni
quando riuscì a imbarcarsi verso Israele e una nuova vita.
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Venticinquesima settimana
Rosa Bianca
Roberto Innocenti
Roberto
Innocenti, considerato oggi il più grande illustratore italiano di
tutti i tempi, pubblicò nel 1985 questo volume illustrato negli Stati
Uniti e in altri paesi europei: solo nel 1990 trovò ospitalità in
Italia grazie ad Alfredo Stoppa, illuminato editore delle edizioni C'era una volta di Pordenone. Rosa Bianca, il cui nome non può non evocare il nome della associazione giovanile antinazista Weiße Rose
i cui giovani membri si sacrificarono nel 1943 per la libertà, è una
bambina tedesca che al contrario di tutti gli adulti ha occhi per vedere
ciò che sta accadendo in Germania: per questo un giorno scopre un campo
cinto da filo spinato, oltre al quale sono rinchiusi dei bambini...
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Ventiseiesima settimana
Io non mi chiamo Miriam
Majgull Axelsson - Iperborea
Majgull
Axelsson,
affermata giornalista e scrittrice svedese, ha pubblicato nel 2014
questo imponente romanzo giocato su un paradosso e su uno scambio
d’identità. Il
paradosso di una vittima che nel tentativo di cercare scampo alla
sofferenza
indossa i panni di un’altra vittima, lo scambio d’identità di una
ragazzina rom
che durante un trasferimento da Auschwitz a Ravensbrück indossa i logori abiti di una sua coetanea
ebrea appena deceduta. In quegli abiti, e con il suo nuovo nome, Miriam, e la
sua nuova identità ebraica, la ragazzina sopravvive al lager e alla guerra,
arriva in Svezia insieme ad altri superstiti, inizia una nuova vita, cresce, si
sposa, mette al mondo figli e si pasce dei nipoti, sino a quando, settant’anni
dopo, all’improvviso, mormora: “Io non mi chiamo Miriam”. Da qui il dire e il ricostruirsi
di infiniti fili della memoria. Il
racconto di ciò che Auschwitz fu per i bambini rom nelle mani di Mengele, la
morte abbracciata a ogni ora del giorno e della notte, la salvezza, la
consapevolezza che i rom continuavano ad essere discriminati anche nella nuova
patria di adozione, la scelta di continuare a tacere, perché la verità a volte
è un lusso che non ci si può permettere, non se si nasce nella “razza sbagliata
e si ha vissuto sulla propria pelle l’intero secolo!”. Un grande libro, intenso,
spiazzante, struggente.
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Ventisettesima settimana
Ventottesima settimana
A rivederci in cielo. La storia di Angela Reinhardt
Michail Krausnick - Upre Roma
Esiste un video d’epoca,
girato negli anni della Seconda Guerra Mondiale, che ritrae una quarantina di
bambini e ragazzi che giocano nel cortile di un orfanotrofio gestito da suore
cattoliche a Mulfingen, minuscolo paese tedesco: si trattava dei piccoli rom e
sinti, non orfani ma strappati alle loro famiglie, sui quali i due
pseudoscienziati nazisti Robert Ritter ed Eva Justin eseguivano le loro
ricerche razziali. Tra loro, probabilmente, anche la piccola Angela Reinhardt,
il cui vero cognome sinti non era stato trascritto nei registri dell’orfanotrofio,
su cui le scuole avevano invece iscritto quello della madre ariana. Un errore
che però permise a una delle suore, quando arrivò l’ordine di trasferire tutti
i bambini e i ragazzi ad Auschwitz, di impedire con un ceffone ad Angela di
salire sulla corriera che avrebbe portato i piccoli alla morte, dicendole che
lei no, non sarebbe “andata alla gita”, salvandole così la vita. A raccogliere la testimonianza della sopravvissuta
è stato lo scrittore Michail Krausnick, tradotto da Paolo Cagna Ninchi per le
edizioni militanti Upre Roma. Un libro preziosissimo che in appendice presenta
numerosi documenti storici, il più terribile dei quali è quella pagina del
registro scolastico in cui il 9 maggio del 1944, per trentanove volte, sotto
trentanove nomi, la maestra signorina Nägele scrisse “…inviato ad
Auschwitz”.
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Ventinovesima settimana
La memoria dei fiori
Rywka Lipszyc - Garzanti
Rywka Lipszyc, una ragazzina
imprigionata con la famiglia nel Ghetto di Lodz, dove morirono suo padre e sua
madre, venne deportata ad Auschwitz – Birkenau e più avanti a Bergen Belsen,
dove venne liberata nell’aprile del 1945. Come altri deportati, però, non
sopravvisse alla debilitazione e alle malattie causate dalla prigionia,
spegnendosi a sedici anni nell’ospedale di Niendorf.
La memoria dei fiori è il titolo
dato al diario che compose tra l’ottobre del 1943 e l’aprile del 1945,
pubblicato la prima volta solo pochi anni orsono dopo essere stato affidato all’Holocaust
Center di San Francisco.
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Trentesima settimana
Il silenzio di
Abram
Marcello Kalowski - Laterza
Marcello Kalowski, figlio di Abram, ebreo polacco sopravvissuto
al Ghetto di Lodz e ad Auschwitz, fa giustizia in questo bellissimo e tenerissimo
libro della peggiore condanna a cui andarono incontro molti di coloro che
scamparono alla volontà genocida nazista. Il silenzio, l’incapacità-impossibilità
di raccontarsi e di costruire un ponte tra ciò che si era diventati iniziando “una
nuova esistenza innestata sul tronco bruciato di una vita irrimediabilmente
perduta” e ciò che si era prima che tutto iniziasse. Kalowski, però, oltre a
ricomporre la memoria di suo padre ragazzo negli anni ancora felici, fa molto
di più: racconta, con la capacità di restituire ogni sfaccettatura, l’intenso
rapporto esistenziale andatosi a costruire negli anni tra suo padre Abram, sua
moglie, i sui figli, tutti ugualmente partecipi della ricerca di un senso e di
una giusta collocazione nella vita e nella Storia che ha comunque continuato a
correre.
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Trentunesima settimana
Un mondo senza noi
Manuela Dviri - Piemme
Manuela Dviri è una scrittrice e giornalista italiana
trasferitasi a Tel Aviv nel 1968 e poi naturalizzata israeliana. Attivista nel
campo della pace con innumerevoli iniziative che coinvolgono in modo
trasversale donne israeliane e palestinesi, è da anni impegnata nei progetti
del Centro Peres per la pace e in
particolare in quello denominato Saving
Children, che ha portato oltre diecimila bambini palestinesi a essere
curati negli ospedali israeliani. Il suo Un
mondo senza di noi non è soltanto la ricostruzione quasi antologica della storia
della sua grande famiglia, negli anni lieti ma anche in quelli delle
persecuzioni razziali e della Shoah, con un susseguirsi serrato di nomi e
situazioni che si intrecciano come mille torrenti, ma anche la ricerca di un
senso dell’esistenza da non smarrire negli inciampi a tradimento del presente.
Nella prefazione Gad Lerner presenta Manuela Dviri come una donna che sprigiona
“in modo stupefacente” vitalità e
maternità, anche quando la maternità è lacerata dalla morte di un figlio
scomparso in uno dei tanti conflitti con gli arabi: una inesauribile e ostinata
positività che si percepisce in ogni singola pagina di questa grande memoria
familiare.
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Trentaduesima settimana
Pane e ciliegie
Anna Sarfatti - Mondadori
Anna Sarfatti, fiorentina, una delle più note scrittrici
italiane per l’infanzia, ha ricostruito in questo romanzo per i giovani lettori
la vera storia di Israel Kalk e della Mensa
dei Bambini, una associazione di fattiva solidarietà che operò a Milano, ma
non solo, negli anni delle leggi razziali e della Seconda Guerra Mondiale.
Kalk, di origine lituana, fuggito con la famiglia verso la Lettonia all’epoca
del primo conflitto mondiale a causa dei feroci pogrom dell’esercito zarista
contro le comunità ebraiche, si trasferì da giovane a Milano per studiare
ingegneria. Dopo la laurea e altre vicissitudini personali che lo portarono di
nuovo in Lettonia, rientrò in Italia, mise su famiglia e lavorò alla Compagnia
Generale di Elettricità sino all’avvento delle leggi razziali che portarono al
suo licenziamento e all’espulsione di suo figlio Motele dalla scuola pubblica.
Uomo di straordinarie capacità (parlava correntemente sei lingue), istituì la Mensa dei bambini, inizialmente con l’aiuto
di pochissimi amici, per venire in aiuto alle famiglie ebree che, con l’inizio
della guerra, sempre più numerose fuggivano dai paesi dell’Europa centrale e transitavano
in Italia prima di riuscire a raggiungere gli Stati Uniti o la Palestina. Una vicenda
che la Sarfatti ha potuto ricostruire magistralmente grazie ai materiali sull’opera
di Kalk oggi custoditi dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.
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Trentatreesima settimana
La scena interiore
Marcel Cohen - Ponte alle Grazie
Marcel Cohen, affermato
giornalista e corrispondente dall’estero per numerose testate francesi, aveva solo
cinque anni quando, rientrando a casa dal parco insieme alla sua governante,
vide i tedeschi portare via dalla loro casa di Parigi suo padre, sua madre, sua
sorellina, i nonni paterni, due zii e una prozia, tutti destinati a salire sui
convogli che da Drancy porteranno ad Auschwitz. Marcel, tenuto al riparo dalla
stessa sorte grazie all’asilo datogli della governante nella sua casa in
Bretagna, solo dopo molti decenni, ormai anziano, decide di provare a ritessere
i fili dell’esistenza dei sui cari scomparsi in quell’inghiottitoio di esistenze
e destini che è stato Auschwitz. E per farlo ha in mano poco o niente: i suoi
frammenti di memoria di quand’era bambino, qualche fotografia, pochi oggetti
conservati in cantina (una borsa, una
cuffia, un pupazzo, un bracciale) e la testimonianza esilissima, perché tarpata dalla sofferenza, di un
fratello del padre che è sopravvissuto allo sterminio. Eppure, da questi pochi
elementi, facendo anche dei silenzi e dell’inconosciuto tasselli di una memoria
riparatrice, Cohen è riuscito a comporre un’opera di grande impatto emotivo, fatta
di ricordi e “più ancora, di silenzi, di lacune, di oblio”.
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Trentaquattresima settimana
Jakob il
bugiardo
Jurek Becker -
Neri Pozza
Jurek Becker,
sceneggiatore, scrittore e docente universitario nato nel 1937 e scomparso nel
1997, ebbe certamente un destino singolare. Nato a Lodz da genitori ebrei,
visse da bambino la terribile esperienza del ghetto e poi dei lager di Ravensbruck
e Sachsenhausen, dove perse la madre per mano degli aguzzini nazisti. Ciò
nonostante, in questo senso spinto da suo padre convinto che la Germania al
contrario della Polonia avesse definitivamente superato l’antigiudaismo, si
trasferì a Berlino Est e lì costruì la sua nuova vita, pur andando incontro ad
altri problemi sotto il regime comunista.
Jacob il bugiardo,
pubblicato nel 1969 e sceneggiato in film per la prima volta nel 1975, anticipò
di molti anni l’accedere narrativo all’universo concentrazionario “anche” attraverso
la difficilissima cifra dell’ironia, come poi accadde con La vita è bella di Benigni e Train
de vie di Mihaileanu, pure criticati per la loro scarsa verosimiglianza
alla realtà oggettuale dei fatti. Un giudizio negativo che investì maggiormente
il remake del 1999 interpretato da Robin Williams, che pure mantenne intatta la
buona cifra narrativa del romanzo, nel quale l'attinenza alla realtà è sicuramente più marcata.
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Trentacinquesima settimana
Il mostro della
memoria
Yishai Sarid - e/o
Yishai Sarid, nato a Tel Aviv nel 1965,
già ufficiale nell'esercito israeliano, oggi esercita le attività di
avvocato e scrittore e in Italia era già conosciuto per il romanzo Il poeta di Gaza. Il mostro della memoria è
un romanzo breve e durissimo da metabolizzare, l'immaginaria
confessione di un uomo trovatosi per caso a esercitare il mestiere di
professionista della Shoah, ovvero di accompagnatore nei siti dello
sterminio, a uso e consumo dei pellegrini della Memoria ma anche dei
visitatori dell'orrore, un catalogo di varia umanità le cui reazioni a
volte contaminano l'animo quanto il male che ancora trasuda da ogni
muro dei lager rimasto in piedi.
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Trentaseiesima settimana
Noi, i salvati
Georgia Hunter - Nord
Georgia Hunter, nata nel
1978 a Plainville, negli Stati Uniti, non aveva idea di discendere da una
famiglia ebrea polacca sopravvissuta alla Shoah. Solo quando compie 15 anni, complice
una ricerca scolastica sul proprio albero genealogico. Georgia comincia a porre
domande sul nonno scomparso l’anno precedente. Scopre così che il suo vero nome
era un altro, che era nato in una cittadina polacca da genitori ebrei, che
aveva avuto fratelli e sorelle insieme ai quali era stato protagonista di un
autentico miracolo. Ovvero la salvezza raggiunta in modo rocambolesco e
avventuroso, chi assumendo una falsa identità ariana, chi emigrando in altri
continenti, chi persino attraversando i gulag sovietici. Georgia Hunter, con
Noi, i salvati, ci propone in forma romanzata questa straordinaria storia di
sopravvivenza.
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Trentasettesima settimana
Il dottore di Varsavia
Elisabeth Gifford - Giunti
Janusz Korczak, pedagogista ebreo polacco seguace di Pestalozzi, dirigeva
a Varsavia un istituto – ricovero, La Casa degli orfani, che gestiva con
modalità tanto singolari quanto all’avanguardia, in una sorta di autogestione
che lasciava ai piccoli ospiti il compito di organizzare le loro vite, imponendo
agli educatori adulti il compito primario di porsi “ad altezza di bambino”,
prima di pretendere di ottenere la loro fiducia e di fargli da guida. Korczak,
che nel ghetto si rifiutò sempre di apporre sui propri abiti la stella gialla,
rifiutò di mettersi in salvo con la fuga e rimase coi suoi ragazzi, alla cui
testa marciò il 5 agosto del 1942 sino ai convogli della morte che li avrebbero
portati a Treblinka. Elisabeth Gifford, basandosi sul Diario di Korczak e sulle
testimonianze di alcuni sopravvissuti, ha ricostruito il percorso del Pan Doktor, visto con gli occhi dei due
giovani protagonisti del suo romanzo, che oggi viene ricordato allo Yad Vashem
di Gerusalemme con una piazza a lui intitolata e con un monumento dello
scultore Boris Saktsier.
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Trentottesima settimana
Noi, bambine ad Auschwitz
Andra e Tatiana Bucci - Mondadori
Andra e Tatiana avevano cinque e sette anni quando
vennero deportate, dopo un breve passaggio alla Risiera di San Sabba, ad
Auschwitz-Birkenau e imprigionate nel famigerato Kinderblock, l’edificio dove
vivevano i bambini tra i quali Mengele sceglieva le vittime dei suoi
esperimenti “scientifici”. Andra e Tatiana, tra le pochissime sopravvissute, al
contrario dei 230 mila bambini uccisi nel più imponente lager nazista,
tornarono a casa solo dopo molte altre vicissitudini. Dopo la liberazione
trascorsero infatti un anno intero in un orfanotrofio a Praga e diversi mesi
nel centro diretto da Anna Freud che a Lingfield, in Inghilterra, si occupava
del recupero dei piccoli reduci dai campi. In questa straordinaria
testimonianza, accompagnata da un piccolo corredo fotografico e da una
cronologia di Marcello Pezzetti, una parte è dedicata a uno dei cosiddetti Bambini di Bullenhuser Damm, il piccolo
Sergio di Simone. Andra e Tatiana erano presenti quando ad Auschwitz i bambini
del Kinderblock vennero radunati e gli venne rivolta la domanda: chi di voi vuole rivedere la mamma?
Sergio, contrariamente ad Andra e a Tatiana, cadde nell’inganno e fece un passo
avanti senza sapere che il suo destino sarebbe stato quello di essere trasportato
in una scuola abbandonata di Amburgo, dove lui e i suoi compagni vennero sottoposti
a esperimenti medici sulla tubercolosi, prima di venire uccisi per impiccagione.
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Trentanovesima settimana
Il ragazzo di
Auschwitz
Steve Ross (Szmulek Rozental) - Newton Compton
Stephan (Steve) Ross è il nome assunto da Szmulek Rozental, nato a Lodz nel 1931 in una
famiglia ebraica, dopo essersi rifugiato nel 1948 negli Stati Uniti, dove è
stato naturalizzato. Il piccolo Szmulek, che venne internato in diversi lager e
liberato a Dachau il 29 aprile 1945, perse nella Shoah tutta la sua famiglia
tranne un fratello, che poi lo raggiunse nella nuova patria di adozione. Negli
Stati Uniti Ross, deceduto lo scorso anno, lavorò a lungo come assistente
sociale, occupandosi soprattutto di ragazzi che versavano in stato di povertà e
di emarginazione sociale. A lui si deve l’ideazione del grande monumento alla Memoria
che si erge nel centro di Boston, composto da sei torri di vetro e acciaio che
si alzano per diciotto metri, a ricordare i sei milioni di ebrei scomparsi
nella Shoah. Ne Il ragazzo di Auschwitz
Ross ha alternato i capitoli dedicati al racconto della sua esperienza sotto l’occupazione
nazista e nei lager, ad altri dedicati alla sua nuova vita a Boston, al suo
impegno a favore dei diseredati e alla costruzione del New England Holocaust Memorial.
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Quarantesima settimana
I ragazzi di Villa Emma
Annalisa Strada e Gianluigi Spini - Mondadori
Ne I ragazzi di Villa Emma Annalisa Strada e Gianluigi
Spini (affermati scrittori di narrativa per l’infanzia e già autori di un romanzo
dedicato all’eccidio nazista di Stazzema), raccontano la straordinaria e vera vicenda
di disobbedienza e impegno civile che permise a una settantina di ragazzini e
ragazzine ebree prevenienti dalla Slovenia e dalla Croazia di salvarsi dalla
deportazione. Teatro degli avvenimenti fu la cittadina di Nonantola, in
provincia di Modena, che ospitò i piccoli profughi e i loro accompagnatori, in
fuga dai nazisti e diretti in Palestina, e li protesse quando dopo l’8
settembre i tempi si fecero più duri: dal medico condotto al parroco, dagli
aspiranti sacerdoti del seminario, alle suore di un convento, a trenta famiglie
che nascosero altrettanti fuggiaschi, tutti collaborarono sino a riuscire a
farli fuggire in Svizzera. Dei piccoli ebrei solo uno non riuscì a salvarsi, Salomon
Papo, poiché si ammalò di tubercolosi e venne ricoverato in ospedale: il suo
destino fu Auschwitz. Il nomi di don Arrigo Beccari e del medico Giuseppe
Moreali sono oggi iscritti nella lista dei Giusti tra le Nazioni allo Yad Vashem
di Gerusalemme.
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Quarantunesima settimana
Una valle piena di stelle
Lia Levi - Mondadori
Lia Levi, già fondatrice
e direttrice del mensile Shalom nonché straordinaria scrittrice che ha dedicato
le sue pagine soprattutto ai ragazzi, con Una valle piena di stelle, ormai un
classico della Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza in Italia, ci propone
l’appassionante storia di Brunisa, tredici anni, una ragazzina ebrea che deve
affrontare con la sua famiglia l’avventurosa fuga verso la Svizzera e la
salvezza. Brunisa sarà la protagonista di un successivo romanzo della Levi
intitolato Da quando sono tornata.
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Quarantaduesima settimana
Viaggio verso il sereno
Vanna Cercenà - Einaudi
Nel maggio del 1940 500 ebrei slovacchi, ma anche cechi, slavi, rumeni,
tedeschi, austriaci e polacchi, si imbarcarono a Bratislava su uno sgangherato
battello fluviale, il Pentcho, con l’intenzione di discendere il Danubio,
raggiungere il Mar Nero, poi l’Egeo, dove avrebbero trovato una imbarcazione
adatta a prendere il mare, e infine la Palestina. Le cose purtroppo non
andarono come previsto, perché i fuggitivi non trovarono ad attenderli la nave
che doveva affrontare il mare, così che dopo aver osato continuare il viaggio
sul Pentcho, dopo cinque interi mesi di navigazione naufragarono su una
minuscola isoletta dell’Egeo, dove vennero “salvati” dalla marina militare
italiana che li condusse prima a Rodi e poi in Italia, dove furono internati
nel campo di Ferramonti, in provincia di Cosenza. A raccontarci questa
straordinaria avventura, che si concluse positivamente, perché tutti i
fuggitivi alla fine riuscirono a raggiungere il nascente Israele, è Vanna
Cercenà, grandissima scrittrice per l’infanzia e l’adolescenza, in questo
romanzo capace di restituire aspettative di grande respiro e insieme la
quotidianità delle decine di bambini e ragazzi che vissero l’avventura del
Pentcho.
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Quarantatreesima settimana
Le valigie di Auschwitz
Daniela Palumbo Piemme
C’è un momento, quando si
visita ciò che resta dell’immenso lager di Auschwitz-Birkenau, in cui ci si
sente sprofondare la terra sotto i piedi. Non di fronte agli immensi recinti di
filo spinato, né davanti a ciò che resta dei forni crematori, quanto, nei Blocchi
ancora perfettamente conservati, davanti gli oggetti personali dei deportati.
accatastati a migliaia in enormi mucchi, così come dovevano apparire agli occhi
degli ebrei obbligati a lavorare nei magazzini Effektenlager, o Canada, dove
venivano raccolti e separati gli oggetti rubati ai deportati, prima che essi
venissero inviati ai sottocampi di lavoro o allo sterminio. E’ partendo da uno
di questi “mucchi”, quello delle valigie che contenevano tutto ciò che i
deportati riuscivano a portarsi dietro da casa nei viaggi verso il lager, che
Daniela Palumbo ha ricostruito le quattro storie di altrettanti ragazzi provenienti
da diverse parti d’Europa ma con un unico destino: “Carlo, che adora guardare i treni
e decide di usarli come nascondiglio;
Hannah, che da quando hanno
portato via suo fratello passa le
notti a contare le stelle; Émeline, che
non vuole la stella gialla cucita sul
cappotto; Dawid, in fuga dal ghetto
di Varsavia con il suo violino”.
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Quarantaquattresima settimana
Il commerciante di bottoni
Erika Silvestri
Piero Terracina, scomparso nel 2019, è
stato uno dei più straordinari testimoni della Shoah, capace di dedicare tutta
la sua vita, dopo essere sopravvissuto miracolosamente ad Auschwitz e a una
marcia della morte, alla preservazione della Memoria e all’impegno contro ogni
forma di discriminazione, come quella che ancora oggi subiscono i rom e i sinti in Italia
e in Europa. Erika Silvestri, una ragazzina di quattordici anni, stringe con Piero una
amicizia che strada facendo si riempie del bisogno di sapere di lei e di quello
di far sapere di lui. Una amicizia che illumina ogni pagina di questo libro: sia
nella serenità dei giorni trascorsi insieme, sia quando Piero ripercorre le
strade più buie della deportazione, della perdita dei propri cari e delle
sofferenze nel lager.
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Quarantacinquesima settimana
La repubblica delle farfalle
Matteo
Corradini - Rizzoli
Matteo Corradini, scrittore e membro del team di lavoro del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e
della Shoah, è uno dei massimi studiosi di Terezin, la città asburgica
costruita non distante da Praga in onore di Maria Teresa d’Austria, la cui Fortezza Grande fu utilizzata dai
nazisti come campo di concentramento e di transito verso i lager dello
sterminio. L’esperienza di Terezin, dove transitarono almeno quindicimila
bambini e ragazzi, di cui ne sopravvissero solo 142, fu a suo modo unica in
tutto l’universo concentrazionario. Perché a Terezin, nonostante le violenze e
la morte incombente, si continuava ostinatamente a vivere. Si discuteva, si
leggevano libri, si faceva musica e i ragazzi davano clandestinamente vita ai
loro giornali. E’ un gruppo di loro, quello che tra il 18 dicembre 1942 e
l’agosto 1944 pubblicò, scritto a mano, il periodico Vedem, che Corradini chiama
ad animare il suo romanzo, offrendoci pagine di grande spessore narrativo e
portandoci dentro una straordinaria vicenda di resistenza alla sopraffazione e
all’orrore.
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Quarantaseiesima settimana
Fino a quando la mia stella brillerà
Liliana Segre e Daniela Palumbo - Mondadori
Steve Ross, sopravvissuto
alla Shoah e poi autore de Il ragazzo di
Auschwitz, raccontò che quando i soldati statunitensi arrivarono a Dachau,
e si trovarono davanti a montagne di cadaveri e ai prigionieri ancora in vita
ridotti a pelle ed ossa, alcuni di loro non ressero allo shock e presero a
giustiziare, insieme a uno dei sopravvissuti, gli aguzzini nazisti che non
erano riusciti ad allontanarsi dal lager. Un episodio terribile che torna in
mente quando Liliana Segre, una delle più grandi testimoni della Shoah
italiana, racconta in questo libro di memorie scritto con Daniela Palumbo e
dedicato ai ragazzi, ciò che le successe nel campo di Malchow-Ravensbruck,
quando gli americani e i russi erano ormai così vicini da spingere le guardie a
sbarazzarsi delle loro divise e a confondersi tra i deportati. A uno dei
comandanti del campo scivolò a terra la pistola, che finì ai piedi di Liliana
Segre. Che avrebbe potuto raccoglierla e vendicarsi di ogni sua sofferenza. Ma
non lo fece e lasciò che ad arrestarlo fossero i liberatori. Perché se l’avesse
ucciso, se avesse cercato la sua vendetta privata, sarebbe diventata come loro.
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Quarantasettesima settimana
Quando Hitler rubò il coniglio rosa
Judith Kerr - Bur
Judith Kerr, nata a
Berlino nel 1923 e scomparsa nel 2019 a Barnes (Londra), è stata una di quelle
bambine ebree tedesche più fortunate delle altre: perché suo padre e sua madre,
lui critico teatrale già inviso alle autorità naziste, portarono via la loro
famiglia prima che il peggio iniziasse a manifestarsi, riuscendo a raggiungere
l’Inghilterra nel 1933 e ottenendo tre anni più tardi la naturalizzazione nella
nuova terra di adozione. Diventata poi una delle più note scrittrici per l’infanzia,
Judith Kerr propose con questo romanzo in parte autobiografico la storia di una
bambina e della sua famiglia nell’epoca dell’ascesa di Hitler e il loro
peregrinare per l’Europa in cerca di asilo e di una nuova casa. Quando Hitler
rubò il coniglio rosa, pubblicato nel 1976 anche nel nostro paese, è stato per lungo
tempo uno dei pochissimi romanzi a diposizione dei ragazzi e delle ragazze
italiane avente come sfondo le persecuzioni razziali contro gli ebrei.
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Quarantottesima settimana
La
storia di Else
Michail
Krausnick – Upre Roma
Michail Krausnick, scrittore tedesco che ha dedicato
diversi suoi libri all’infanzia, racconta in questo romanzo la storia vera di
Else Matulat che cresce con i suoi genitori ad Amburgo sino a quando, a sette
anni, scopre di essere stata adottata e di essere una bambina sinti, per la
precisione una Z-, ovvero una “zingara” di sangue misto, secondo la mortifera
classificazione fatta a uso e consumo dell’apparato nazista dagli pseudo scienziati
Rober Ritter ed Eva Justin. Per questo motivo anche lei è destinata alla
deportazione ad Auschwitz e al Samudaripen. Una storia che però,
diversamente da tantissime altre, non si concluderà in tragedia, grazie alla
determinazione del padre adottivo, Emil, che riuscirà a trarla in salvo.
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Quarantanovesima settimana
Un sacchetto di biglie
Joseph Joffo - Bur
Da Un
sacchetto di biglie, considerato ormai un classico per ragazzi in Francia,
ma anche in Italia, con mezzo milione di copie vendute solo nel nostro Paese,
sono state tratte due versioni cinematografiche, una nel 1975, diretta da
Jacques Doillon e una più recente e di buon successo, nel 2017, diretta da
Christian Duguay. La storia romanzata ma autobiografica narrata da Joffo è
quella di due ragazzini che nella Francia occupata si ritrovano all’improvviso
con una sacca in spalla, un gruzzolo in tasca e l’esortazione paterna a
scappare il più velocemente possibile da Parigi, per raggiungere una zona dove
i tedeschi non la fanno da padroni. L’avventuroso viaggio dei due ragazzini
avrà, come è consuetudine della narrativa per ragazzi, dei tratti quasi
picareschi, ma anche la struttura del percorso iniziatico, costellato da una
tappa di crescita per ogni trabocchetto incontrato lungo la strada, e avente
come obiettivo finale quello di restare sì vivi, ma anche di diventare grandi:
scoprendo che il destino non è stato benigno col loro padre quanto lo è stato
con loro.
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Cinquantesima settimana
In quelle tenebre
Gitta Sereny - Adelphi
In quelle tenebre è anch’esso
un libro di memorie degli stermini nazifascisti, ma questa volta i suoi
protagonisti – coloro che sono chiamati a dare testimonianza, non sono solo i
sopravvissuti ma anche i diretti responsabili dei lager della morte. Gitta
Sereny, giornalista di origini ebraiche nata a Vienna e poi naturalizzata in
Inghilterra, partecipò attivamente alla Resistenza in Francia, ricevendo dopo
la guerra dalle Nazioni Unite l’incarico di riunire i bambini sopravvissuti a
Dachau con in parenti rimasti in vita. Nella sua lunga attività di giornalista
intervistò Albert Speer, dopo essere riuscita a conquistare un rapporto di
fiducia che le procurò non poche critiche, e uno dei peggiori criminali nazisti: Franz
Stangl, comandante dei campi di sterminio di Treblinka e Sobibor, che scontava
l’ergastolo nel carcere di Dusseldorf. In
quelle tenebre, il risultato delle sessanta ore di intervista a Stangl, è
un imponente e impressionante ritratto del male assoluto, lucido, demoniaco e vile:
una responsabilità verso l’intera umanità ferita che Stangl ammise solo nel
corso dell’ultimo incontro con Gitta Sereny, prima di morire poche ore dopo d’infarto.
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Cinquantunesima settimana
Buttati
giù, zingaro
Roger Repplinger – Upre Roma
Dalla
presentazione della casa editrice Upre Roma: Il sinto “Rukeli”
Trollmann, (...) nei primi anni Trenta all’apice della forma nazionale
nei pesi mediomassimi, ma ha un difetto: è uno
“zingaro” e inoltre il suo stile non è “ariano”. Ciononostante non si
può
impedirgli di competere e nel giugno del 1933 combatte e vince il suo
match per
il titolo. I nazisti, che hanno già iniziato le epurazioni razziali e
controllano anche la federazione dei pugili tedesca, gli tolgono il
titolo. Ma la cosa è troppo grossa, devono concedergli un’altra
opportunità, ma lo fanno a condizione che rinunci al suo stile e combatta da
“ariano”, fermo in mezzo al ring a scambiarsi pugni. Il suo avversario è il più
forte picchiatore europeo. Rukeli sa che a quelle condizioni perderà e allora
risponde a suo modo: vogliono un ariano, farò l’ariano. Si presenta sul ring
con i capelli tinti di biondo e il corpo coperto di borotalco, si mette in
mezzo al ring e per 5 round si scambia pugni fino a cadere sul tappeto in una
nuvola bianca. Con questo gesto straordinario di scherno del razzismo del
regime la sua carriera è finita, così come è finita la convivenza di rom e
sinti nella Germania nazista che dal 1942 saranno perseguitati perché “razza”
da sterminare come la “razza” ebraica. Espulso dall’esercito perché zingaro, Rukeli finisce nel campo
di concentramento di Neuengamme dove incrocia Tull Harder, il grande
centravanti dell’Amburgo e della nazionale tedesca. L’eroe del calcio è
l’opposto di Rukeli: di famiglia borghese, aderisce subito al
nazionalsocialismo, entra nelle SS, impiegato nei Lager partecipa allo
sterminio di massa di Rom e Sinti. La
fine di Rukeli sarà l’ultima espressione dell’orgoglio e
della dignità dello “zingaro”. Costretto a sfidare uno dei kapò più
feroci in
un match davanti a tutti prigionieri e alle SS del Lager, Rukeli sa che
se
perde si salva, ma ciononostante mette ko l’aguzzino, ridicolizzandolo,
così
come aveva ridicolizzato il razzismo nazista. La vendetta del kapò sarà
la
stessa, annientare: pochi giorni dopo lo smacco, ucciderà Rukeli. Ma è
lo
“zingaro” a vincere: la Germania 70 anni dopo gli restituisce la corona
di
campione e con essa onore e dignità a lui e a tutti i rom e sinti
discriminati
e perseguitati". Il grande pregio di questo volume è anche quello
di restituire, con precisione e dovizia di particolari, il
percorso storico e pseudo scientifico che condusse i rom e i
sinti al genocidio.
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Cinquantaduesima settimana
Frammenti di Isabella
Isabella Leitner - Mursia
La
storia di Isabella Katz Leitner è insieme terribile - quanto può
esserlo la storia di una ragazzina che ha attraversato Auschwitz - e
insieme tenerissima, perché dopo la paura, la violenza e l'orrore, la
sua vita, dopo la liberazione e l'arrivo negli Stati Uniti, si è
illuminata di tutto ciò che la rende meritevole di essere vissuta. Un
amore, un nuovo futuro, dei figli. E insieme il ricordo della sua
meravigliosa famiglia d'origine, e di sua madre, scomparsa nel lager,
che ogni venerdì "metteva in marcia i suoi sei ragazzi verso la
biblioteca perché prendessero in prestito il maggior numero di libri a noi
consentito, che lei stessa avrebbe divorato, prima di doverli restituire".
Le memorie di Isabella, che si salvò insieme a due sorelle dopo una
marcia della morte e raggiunse suo padre già emigrato nel 1939 negli
States, meritano di essere conosciute e meditate anche per un
particolare motivo. Ovvero per la lucida e implacabile messa in stato
di accusa della società ungherese dell'epoca, profondamente infettata
dall'antigiudaismo. Una eredità storica con la quale l'Ungheria non
fece i conti in tutto il periodo del comunismo, e di cui ancora
oggi si scorgono tracce preoccupanti.
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Appendice 1
Il silenzio dei vivi
Elisa Springer - Marsilio
Sopravvissuta
ad Auschwitz e a
Bergen Belsen, dove vide ancora in vita Anne Frank e sua sorella
Margot, Elisa Spinger, che era nata a Vienna ma venne consegnata ai
nazisti a Milano da una spia italiana, nascose per molti decenni il
numero
tatuato sul braccio, A-24020, sino a quando suo figlio Silvio, già grande, lo scoprì e le domandò
cosa significasse. Fu in quel momento che iniziò per Elisa una seconda vita: il
racconto catartico che in famiglia rivelò l’esperienza del lager, l’avvio delle
testimonianze pubbliche in tutta Italia (sempre sorretta dal figlio Silvio che
l’accompagnava), la sua storia struggente raccontata in questo libro di
memorie. A Elisa, dolce signora di Vienna, scomparsa a Matera nel 2004, è intitolata
la Fondazione Elisa Springer A-24020.
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Appendice 2
Il tempo di parlare
Helen Lewis - Einaudi
Helena Katz, nata nel Regno di Boemia nel 1917, era
una ballerina già avviata al successo quando, nel 1942, insieme a suo marito
Paul Hermann, venne deportata a Terezin e da qui, due anni dopo, ad Auschwitz.
Sopravvissuta a due selezioni di Josef Mengele, venne trasferita a Stutthof e
poi liberata dall’Armata Rossa 11 marzo del 1945, durante una marcia della morte.
Saputo della scomparsa di suo marito in una altra marcia, e di sua madre a
Sobibor, si trasferì insieme al suo nuovo compagno Harry Lewis a Belfast, dove
divenne una nota coreografa e fondò il Belfast Modern Dance Group. La Lewis racconta
un episodio particolare: dopo la fuga delle SS poco prima che i russi
arrivassero nel lager, una delle guardie, chiamato il Maestro, non si diede alla fuga, rimase nel campo e
aiutò le deportate che vi erano state lasciate a morire.
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Appendice 3
Non dire di me che ho fuggito il mare
Alberto Melis - Condaghes
Romanzo finalista del Premio il Battello a Vapore 1998 Non dire di me che ho fuggito il mare
- titolo tratto da una poesia di Robert Louis Stevenson - racconta la
vicenda di tre ragazzini su una isoletta davanti alle coste italiane,
dove si è nascosto un anziano ebreo che sta organizzando una
avventurosa fuga su un battello verso la Palestina. E uno dei pochi
romanzi a disposizione dei ragazzi che affronta nello specifico l'ombra
dell'antigiudaismo cristiano nel conformarsi delle persecuzioni che
condussero alla Shoah anche gli ebrei italiani.
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Un tallèt ad Auschwitz
Teo Ducci - Giuntina
Teodoro Ducci, scomparso nel 2002, era nato
a Budapest in una famiglia ebraica nel 1913, ma si era trasferito in
Italia a Padova, dove venne catturato con la sua famiglia l'11 febbraio
del 1944 a Firenze e poi deportato ad Auschwitz, via Fossoli, nel
successivo aprile. Trasferito a Mauthausen venne liberato il 5 maggio
1945 dall'esercito statunitense. Dopo la guerra è stato per molto tempo
dirigente instancabile dell'Associazione Nazionale ex-deportati
Politici, In Un tallet ad Auschwitz
ha
raccontato la sua esperienza nei lager, dove suo padre venne ucciso
lo stesso giorno del suo arrivo.
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Appendice 5
Non ti voltare
Emanuele Pacifici - Giuntina
Emanuele Pacifici, nato a
Roma nel 1931, figlio del rabbino Riccardo e facente parte di una famiglia di
antica origine sefardita scomparsa in grandissima parte nei lager nazisti, si
salvò da bambino restando nascosto in un collegio di suore, così come altre
ospitarono sua madre, pur non riuscendo a salvarla da Auschwitz. Una esperienza
che lo portò ad avere per tutta la sua vita un rapporto attento e apertissimo
con le istituzioni del cattolicesimo romano. Uomo di straordinaria cultura e
mitezza, caratteristica che sempre ha colpito tutti coloro che ebbero la
fortuna di conoscerlo di persona, raccontava con un misto di stupore e ironia
la sua “seconda” sopravvivenza. Il 9 ottobre del 1982 restò infatti vittima
dell’attacco alla Sinagoga di Roma compiuto dal gruppo di terroristi
palestinesi che uccisero il piccolo Stefano Gaj Taché e ferirono altre
trentasei persone. Emanuele Pacifici venne ritenuto morto e coperto con un
lenzuolo, ma quando il rabbino Toaff lo sollevò per recitare per lui una
preghiera, si accorse che respirava ancora: i medici riuscirono così a
strapparlo alla morte.
Il sottotitolo di questo
libro è: autobiografia di un ebreo.
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Appendice 6
Sonder
Kommando
Salmen Gradowski - Marsilio
Quello di Salmen Gradowski, ebreo polacco nato
nel 1909 a Suwalki e deportato nel dicembre del 1942, è uno dei soli nove
scritti testimoniali riguardanti le attività del Sonderkommando che operò ad
Auschwitz Birkenau e ritrovati dopo essere stati sepolti sotto terra. Tanto più
importante quanto fondamentale nel dipanare alcuni nodi rimasti per lungo tempo
irrisolti anche nella più accreditata memorialistica della Shoah, restando i
membri dei sonderkommando e le loro attività solitamente sconosciute o non
correttamente riportate dagli altri deportati. Per molto tempo le testimonianze
degli ebrei che più direttamente collaborarono alle fasi finali dello sterminio
non vennero pubblicate, quasi a voler sottacere la zona più buia dello
sterminio, quella indicibile poiché più contaminata dal male e dalla morte, ancora
in vita, di ogni umanità. Queste terribili pagine, di difficilissima lettura e metabolizzazione,
testimoniano invece di una coscienza ancora presente, forse in disperata
ricerca di assoluzione, che nella scrittura e nella testimonianza dell’orrore –
perché l’indicibile non venisse sommerso per sempre nel nulla del silenzio –
cercava di restare ancora aggrappata a una parvenza di dignità e al voler
rimarcare la differenza che restava comunque intatta tra carnefici e vittime.
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Appendice 7
Con occhi di bambina
Liliana Treves Alcalay - Giuntina
Liliana Treves Alcalay, nata a Bengasi nel 1939, è una scrittrice e una
finissima studiosa di tradizioni ebraiche, in particolare di quelle
sefardite. Da molti
anni si dedica alla ricerca e alla riscoperta dei canti tradizionali
della
Diaspora e all’attività concertistica finalizzata alla diffusione
dell’antico
patrimonio musicale del popolo ebraico. Con
occhi di bambina è la storia della sua famiglia negli anni della Shoah,
quando per salvarsi dai tedeschi e dai fascisti si affidò prima alla rete di
protezione costituita dai contadini e dai partigiani nel parmense e poi
espatriò in Svizzera. “Il silenzio.
Questo fu il grande mago maligno che dominò i bambini ebrei durante la guerra”
– ha scritto Liliana Picciotto Fargione nella prefazione. “Dovunque c’erano genitori che chidevano ai figli di non muoversi, non
giocare, non uscire, non dare dell’occhio”.
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Appendice 8
Gli ebrei di
Vilna – Una cronaca dal ghetto 1941 -1944
Grigorij Šur
La vera Shoah, intesa come pieno dispiegamento della
volontà omicida nazista nei confronti degli ebrei, non iniziò in Occidente ma
bensì nei Paesi dell’est Europa e del Baltico, dove presero l’avvio i grandi
massacri di massa, spesso con l’attivo sostegno di parte della popolazione
locale. La straordinaria testimonianza di Grigorij Šur, giornalista già
perseguitato prima dell’occupazione nazista, racconta le vicende dei Ghetti di
Vilnius, e la spietata eliminazione della comunità ebraica, circa settantamila
persone delle quali solo poche centinaia sopravvissero. Questa memoria è potuta
arrivare sino a noi perché Šur l’affidò a un’amica lituana, Anna Šimajte, che
dopo la guerra l’affidò al Museo Ebraico di Vilnius.
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Appendice 9
I sommersi e i salvati
Primo Levi - Einaudi
Ultimo lavoro del grande
scrittore e testimone torinese, che con I
sommarsi e i salvati cercò forse di ordinare, ri-ordinare e dare nuova
sistematicità sia alle sue personali memorie dello sterminio, sia ai grandi
temi che l’insieme delle testimonianze avevano sollevato sino a quel momento. Il
rapporto tra la soggettività e l’oggettività della Memoria; l’inquinamento
della stessa da parte di chi non intende comunque accedervi sia per indifferenza
sia per volontà o interesse nel negarla; il rapporto tra chi si salvò e chi nel
mare nero dello sterminio restò per sempre sommerso; l’immensa zona grigia che
sempre accompagna il sostanziarsi del male, nella quale gli accomodamenti, i
silenzi e le complicità sono alla fine “azioni” responsabili non meno di quelle
degli aguzzini. Terribili, e probabilmente evocative quanto un presagio - le parole di Levi nel ricordare che gli unici veri
testimoni dello sterminio – dell’indicibile e del non detto - sono le vittime
che non possono più parlare.
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Appendice 10
Ho sognato la cioccolata per anni
Trudi Birger - Piemme
Trudi Birger, scrittrice nata
nel 1927 a Francoforte sul Meno e dopo la guerra naturalizzata israeliana, ha
fondato nel 1980 la clinica no-profit Dentisti
volontari per Israele, per venire in soccorso a tutti e in particolare a
tutti i bambini, ebrei o arabi, che non fossero in grado di accedere alle spese
per cure dentarie. Solo una delle attività di volontariato in favore dei
diseredati messe in essere in virtù di una promessa fatta a sé stessa, ancora
adolescente, durante la sua prigionia nel lager di Stutthof e prima ancora nel ghetto di Kovno, dove suo padre venne
ucciso insieme a un centinaio di bambini che aveva provato a mettere in salvo.
Trudi Birger, scomparsa a
Gerusalemme nel 2002, ha sempre affermato di essersi salvata dalla morte per
mano nazista in virtù di un miracolo: in queste pagine racconta come volle
rimanere vicina a sua madre nel calvario della deportazione, come fu che si
ritrovò a un metro da un forno crematorio nel quale le deportate venivano
gettate ancora vive e come poi avvenne il miracolo.
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Appendice 11
Tutte le mie mamme
Renata Piatkowska - Giuntina
Renata Piatkowska,
notissima scrittrice per l’infanzia polacca, ha raccontato in questo delizioso
volumetto dedicato ai bambini e curato in Italia direttamene da Daniel
Vogelmann, editore della Giuntina, la storia del signor Szymon Bauman. Un
anziano signore che ogni mattina va al parco e sembra sonnecchiare su una
panchina, sino a quando inizia a raccontare la sua storia e rivela di aver
avuto, quando era bambino, tante mamme. La sua vera mamma, morta nel ghetto di
Varsavia, e poi tante altre che si erano occupate di lui dopo che una
infermiera chiamata Jolanta l’aveva portato via dal ghetto nascosto in una
scatola. Quell’infermiera, in realtà – Jolanta era solo il nome che aveva preso
opponendosi ai nazisti nella Resistenza polacca – si chiamava Irena Sendler,
una donna di straordinario coraggio che salvò, tra gli altri, anche duemila e
cinquecento bambini ebrei, affidandoli sino alla fine della guerra ad altre
famiglie e ad altre madri vicarie. Irena Sendler è stata riconosciuta dallo Yad
Vashem Giusta tra le Nazioni.
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Appendice 12
Corri ragazzo corri
Uri Orlev - Salani
Uri Orlev, il cui
vero nome è Jerzy Henryk Orlowski, nacque a Varsavia nel 1931 e visse
insieme alla sua famiglia la tragedia della prigionia nel Ghetto. Dopo la morte
della madre, uccisa dai nazisti, venne deportato insieme a suo fratello nel
lager di Belsen Belsen. Sopravvissuto allo sterminio riuscì a raggiungere
Israele, dove ancora vive insieme alla sua famiglia. Corri ragazzo corri
è la vera storia di Yoram Friedman, che fuggì dal Ghetto di Varsavia e
a cui suo padre aveva detto: "Ti ordino di sopravvivere!". Una
storia durissima con un lieto fine raccontata ai ragazzi come
solo Uri Orlev riesce a fare e da cui è stato tratto l'omonimo film
diretto da Pepe Danquart.
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Appendice 13
Diario
Anne Frank – Einaudi Edizione
Integrale
Frediano Sessi, al quale
si deve la pubblicazione del Diario nella sua forma originale e integrale,
assai più sfaccettata e complessa delle versioni che hanno circolato per molti
decenni, ha scritto nella sua nota introduttiva che “Anne Frank tenne un diario
dal 12 giugno 1942 al 1º agosto 1944. Scrisse le lettere per sé fino a quando,
nella primavera del 1944, a Radio Orange sentì il ministro dell’educazione in
esilio, Bolkenstein, affermare che dopo la fine delle guerra tutte le
testimonianze della sofferenza del popolo olandese durante l’occupazione
tedesca avrebbero dovuto essere raccolte e pubblicate. Tra gli altri, citò l’esempio
dei diari. Ispirata da questo discorso, Anne Frank decise che dopo la guerra
avrebbe pubblicato un libro basato sul proprio diario.” Il sogno di Annelies Marie
Frank, Anne, che scomparse a Bergen Belsen insieme a sua sorella Margot,
si avverò e il suo Diario è diventato uno dei classici della letteratura della
Shoah.
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Appendice 14
La tana di fango
Wolfang Koeppen - Giuntina
Wolfgang Koeppen, uno dei
maggiori autori tedeschi del dopoguerra, pubblicò in forma anonima questo
romanzo basandosi sulla memoria Mein Weg durch
die Nacht di Jakob Jenö Littner, un commerciante di francobolli
ebreo nato a Budapest nel 1883 che riuscì a sopravvivere alla Shoah fuggendo da
un ghetto e nascondendosi con la sua famiglia sino alla fine della guerra. Alla
sua uscita il libro risultò invendibile, segno che forse i tempi non erano
ancora maturi, in Germania come altrove, per accogliere tematiche come quella
della sopravvivenza di un ebreo al tentativo di genocidio operato dal regime
nazionalsocialista.
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Appendice15
Il volo di Sara
Lorenza
Farina e Sonia Maria Luce Possentini - Fatatrac
Un bellissimo libro per
bambini che affronta il tema della deportazione nei lager nazionalsocialisti
con un breve testo scritto dalla scrittrice Lorenza Farina coniugato con le
immagini di rara bellezza e incisività di Sonia Maria Luce Possentini. Un
pettirosso è attirato da Sara, una bambina con un nastro azzurro tra i capelli
chiusa dietro un recinto di filo spinato. Un posto orribile per una bambina,
perciò il pettirosso deciderà di fare qualcosa.
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Appendice 16
La storia di
Erika
Ruth Vander Zee e Roberto
Innocenti- C'era una volta
Ruth Vander Zee racconta
che un giorno, a Rothenburg, in Germania, incontrò una signora, come lei di
origine ebraica, che le raccontò la sua storia vera. Durante gli anni della
Shoah, quando aveva pochi mesi di vita, sua madre, forse di comune intento con
suo padre, la lanciò da uno dei carri bestiame che trasportavano i deportati
verso la loro ultima destinazione, sull’erba di un prato. Non morì. Qualcuno la
raccolse e l’affidò a una donna che le dette un nome, Erika, che la nutrì, la
curò, la crebbe come se fosse stata sua figlia. Su questa straordinaria vicenda
Ruth Vander Zee e Roberto Innocenti hanno costruito questo gioiello di
altrettanta straordinaria espressività e bellezza.
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Appendice 17
L’albero della memoria
Anna Sarfatti Michele Sarfatti - Mondadori
Anna Sarfatti presenta in
questo piccolo ma preziosissimo volume dedicato all’infanzia la storia di Sami,
un bambino ebreo che crescerà e si affaccerà all’età della maggiorità
religiosa, o Bar Mitzvà, tredici anni, dopo aver attraversato i tempi della
guerra e delle persecuzioni razziali. Alla forma narrativa della storia –
perché è la narrazione di storie
quella che più rimane impressa nei bambini e nei ragazzi – si accompagnano
brevi note esplicative e un succinto apparato storico finale, curato da Michele Sarfatti,
arricchito da alcune fotografie e documenti.
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Appendice 18
Storia di Vera
Gabriele
Clima - San Paolo edizioni
In questo piccolo e bellissimo
libro per l’infanzia scritto e illustrato da Gabriele Clima si racconta la
storia di Vera, che arriva nel lager insieme alle sue due sorelle, Anna e Sara,
e insieme a sua madre, mentre il vento tira forte e contrario. Vera è troppo
piccola per comprendere appieno ciò che sta succedendo, ma non tanto da non
distinguere ciò che è bene da ciò che è male, un cuore grande da un cuore avvelenato,
come quello dei sorveglianti del lager. Anna, sua sorella, morirà, ma Vera
vedrà arrivare un giorno dei soldati con la stella rossa sui cappelli, che la ricondurranno
alla vita.
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Appendice 19
La voce dei sommersi
Carlo Saletti - Marsilio
I sette manoscritti riportati in
questo volume sono stati ritrovati tra il 1945 e il 1980 nei terreni
circostanti i resti dei forni crematori di Auschwitz - Birkenau: sono le uniche
testimonianze dei "sommersi", come Primo Levi definiva coloro che
avevano attraversato per intero l'orrore dello sterminio e ad esso non erano
scampati, in grado di restituire nella sua interezza il demoniaco marchingegno
dell’orrore nei lager. Ma anche le disperanti e disperate dinamiche di sopravvivenza
degli schiavi costretti a diventare complici dei nazisti e la loro ribellione
del 7 ottobre 1944. Per molto tempo, ci dice Frediano Sessi nella prefazione,
queste testimonianze non hanno avuto “un diffuso ascolto”, né “grandi editori e
un folto pubblico disposti a udirli”, essendo forse l’unico modo possibile di
accedervi quello di sospendere ogni giudizio sulla scelta inumana di darsi la
morte o sopravvivere. Da uno di questi manoscritti è stato tratto il film,
premio Oscar, Il figlio di Saul,
diretto da László Nemes.
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Appendice 20
L’ultimo
viaggio
Irène
Cohen-Janca Maurizio A.C.Quarello – Orecchio Acerbo
Janusz Korczak - nato Henryk Goldszmit, in Polonia, nel 1878
– viene oggi considerato uno dei massimi ispiratori della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata
dalle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989. Perché il Pan Doktor, come veniva chiamato dalla gente comune ma soprattutto
dalle centinaia di bambini, ebrei e non, da lui accolti a Varsavia nella Casa degli Orfani, la pratica del
rispetto per i più piccoli la teorizzò e praticò per più di trent’anni: dando
vita a uno straordinario esperimento educativo brutalmente interrotto dalla
furia omicida nazista. Janusz Korczak continuò a far vivere la sua Repubblica
dei Bambini, con un suo Parlamento autogestito, anche nel Ghetto. E quando il 5
agosto del 1942 i bambini e le bambine della Casa degli Orfani vennero evacuati in direzione del treno che li
avrebbe portati a Treblinka, lui li accompagnò tenendo i più piccoli per mano e
con loro salì sui vagoni della morte. Si dice che morì durante l’ultimo
viaggio, di dolore. Alla sua storia e alla sua memoria, Irène
Cohen-Janca e Maurizio A.C.Quarello dedicano
questo bellissimo volume illustrato.
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