La voce dei sommersi
- qualche
giorno prima uno si era ubriacato e aveva cominciato a fare baccano. Fino a che
fu visto dal nostro Unterscharfuhrer, un volgare assassino, che iniziò a picchiarlo.
Poiché il russo gli sgusciò via, lui gli sparò e lo ferì. Poi, quando volle
portare via il ferito, questo saltò giù dal mezzo di trasporto e si gettò
addosso al tedesco. Gli strappò la frusta e lo colpì sulla testa. Il tedesco
estrasse subito la pistola e lo uccise sul posto. Approfittando di
quest'occasione, informò il comandante che non si fidava dei russi e domandò
che venissero portati via da lì. È ovvio che si diede ascolto alla sua
richiesta. Poiché era stato annunciato già in precedenza che un trasporto di
300 persone sarebbe partito dai crematori 3 e 4, il capo li informò che
sarebbero partiti con questo trasporto. E i russi sapevano bene cosa volesse
dire, perché loro stessi avevano bruciato il primo trasporto di 200 persone,
che noi avevamo portato a Lublino nelle loro mani. Da noi regnava una grande
confusione. La gente del nostro Kommando voleva dare inizio all'operazione
immediatamente, già la sera stessa. A gran fatica riuscimmo a trattenerli. Ne
parlammo con il capo e gli spiegammo che questo era un incidente fortuito
provocato da un ubriaco irresponsabile, per il quale non si poteva incolpare
nessuno. In parte riuscimmo a convincerlo, grazie al fatto che godevamo della
sua piena fiducia, che avevamo cercato di ottenere per quanto possibile. E
sicuramente l'episodio sarebbe stato lasciato correre -. Il giorno seguente,
cioè il mattino di sabato 7. 10. [19]44, apprendemmo invece che a mezzogiorno
sarebbe dovuto partire il convoglio con queste 300 [trecento] persone dei
crem[atori] 3 e 4. Per l'ultima volta rafforzammo le nostre postazioni e
informammo le persone in contatto con noi di come avrebbero dovuto agire.
Quando giunse l'ora, alle 13 e 25, e arrivarono per prelevare queste 300
persone, esse dimostrarono un grande coraggio, poiché non volevano muoversi
[dal posto]. Levando un alto grido, armati di martelli e di asce si gettarono
addosso ai guardiani, ne ferirono alcuni e colpirono gli altri con
tutto ciò che gli capitava a portata di mano o lanciando loro addosso
dei semplici sassi. Ci si può facilmente immaginare quale fu la conseguenza.
Trascorso qualche minuto giunse, armato di mitragliatrici e granate, un intero
reparto di uomini delle SS. Erano talmente numerosi che c'erano due
mitragliatrici per ogni prigioniero. Tale era l'esercito che avevano
mobilitato. I nostri, quando si accorsero di essere perduti, all'ultimo momento
vollero incendiare il crematorio
3 e morire nel combattimento, cadere sul posto sotto la
gragnola di pallottole. In questo modo andò a fuoco tutto il
crematorio. Quando il nostro Kommando dei crem[atori] 1 e 2 vide le fiamme e
udì la sparatoria in lontananza, si convinse che di quel Kommando nessuno era
rimasto in vita - Ci fu immediatamente chiaro, che le persone in contatto con noi erano
con loro e avevano fatto uso delle armi che possedevano. Questo ci avrebbe
traditi, poiché avrebbe fatto capire che anche noi avevamo qualche arma. Ciononostante
decidemmo di non reagire prima del tempo, cosa che avrebbe causato un semplice
parapiglia, per il quale ci restava comunque il tempo, anche all'ultimo
momento. Senza preparativi, senza l'aiuto dei prigionieri di tutto il campo e
per di più in pieno giorno, era difficile anche solo pensare che qualcuno, anche
uno solo, si potesse salvare. Perciò dovevamo aspettare, forse si sarebbe
protratto fino a sera, e allora, quando avessimo ritenuto che era giunta l'ora, avremmo agito. Non fu
facile trattenere i russi che erano insieme a noi, dato che anche loro si erano
convinti che di lì a poco sarebbero stati presi per il trasporto; e poiché
laggiù [stavano per morire] tutti nel combattimento, era loro
parso che fosse quello l'ultimo momento buono per intervenire, tanto più che vedevano
in lontananza un gruppo di SS armati avvicinarsi. Stavano venendo da noi
per precauzione, ma i russi ritenevano che arrivassero per
portarli via. A questo punto non
riuscirono più a trattenersi.
Si gettarono addosso all'Oberkapo,
un tedesco del Reich, e in un battibaleno lo gettarono vivo tra le fiamme del
for- no. Senza dubbio se l'era meritato, e forse questa morte fu anche troppo
dolce per lui. I russi portarono avanti il loro piano. I nostri compagni del
crem[atorio] 1 compresero immediatamente la situazione, non appena si videro
messi di fronte al fatto compiuto, [e rendendosi conto] che non era più
possibile ritirarsi, tentarono di acciuffare anche i capi che si trovavano
fuori. Ma quelli si erano già accorti del pericolo e non si fecero ingannare.
Non essendo più possibile aspettare, visto che ogni minuto era cruciale poiché
si stavano avvicinando alcuni sorveglianti armati, incominciarono in gran
fretta a distribuire tutto ciò che avevano preparato per questo momento estremo;
tagliarono il reticolato e scapparono tutti oltre la linea di sorveglianza.
Dimostrarono nello stesso tempo un enorme senso di responsabilità e di
altruismo. In questi ultimi istanti in cui ogni secondo poteva decidere della
loro vita, minacciata dai sorveglianti che davano loro la caccia, essi si
attardarono per adempiere al loro ultimo dovere: tagliare il reticolato del
[campo] adiacente e rendere in questo modo possibile la fuga alle donne.
Purtroppo non ebbero fortuna. Riuscirono ad allontanarsi di qualche chilometro dal campo, ma ben presto vennero
accerchiati da altre sentinelle chiamate per telefono dai campi vicini. Purtroppo
furono uccisi tutti nella fuga. (…)
|