L'albero della memoria
Anna Sarfatti Michele Sarfatti In epigrafe alla storia:
Dite: È faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione. Poi aggiungete: Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli. JANUSZ KORCZAK (Varsavia 1878, campo di sterminio di Treblinka 1942)
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«La campanella suonerà a minuti! Perché non posso andare alla mia scuola? Francesca e gli altri saranno già seduti! Samuele, il pianto in gola. La mamma lo accarezza e lo conforta: «In quella classe non puoi più tornare, i fascisti ci chiudono la porta… Anche io non posso più insegnare! Ce l’hanno con la nostra religione, dicono che siam di razza “non ariana” e ci perseguitano per questa ragione… È come camminare su una frana!». «Ma di bambini ebrei ce ne sono tanti, più di dieci, cento, millemila! Le leggi non ci conoscon tutti quanti… Come fanno a scoprirmi nella fila?» «Lo scoprono» risponde Gemma. «Ma ora basta parole. Verranno da noi le tue cugine, questa casa sarà la nostra scuola. Studierete con me le tabelline.» Stare con Margherita e Dora è un gran piacere, sognano ancora con le foto dei Savoia: «Se ero principe andavo a scuola col cocchiere!». «Se ero regina la cioccolata mi veniva a noia!» A novembre altri terribili decreti cacciano dal lavoro anche il papà che passeggia lungo l’Arno a passi inquieti, preoccupato per le difficoltà. Gli manca il treno che percorre la Faentina, conosce a menadito quel motore, e spesso va alla stazione di mattina a salutare il suo locomotore. Trova un collega, che lo abbraccia stretto, e gli dice: «Ho saputo, è un’ingiustizia. Al tuo bambino dai questo sacchetto, ci sono i tappi e una liquirizia». (...)
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