Razza di zingaro Dario Fo
(...) Così
dicendo prende sottobraccio il collega che l’aveva sostituito e insieme
salgono al piano superiore, dove c’è il bar. Il maestro appena tornato
è rimasto sorpreso nell’assistere a quella breve prova di Johann sul
ring. «Come può un ragazzino di otto anni, dopo soli dieci giorni di
allenamento, dimostrare tante qualità tutte insieme?» «È quello che mi
sono chiesto anch’io. Ti assicuro che gli unici insegnamenti che gli ho
dato in questi giorni sono quelli convenzionali: l’impostazione,
qualche mossa per scansare appena il contendente, doppiare i colpi
finché l’avversario ti resta a tiro e girare intorno a chi
t’aggredisce.» «Ma, scusami, avrai notato anche tu che questo ragazzo
mette in campo una tecnica di boxe completamente fuori norma. Da chi
l’ha imparata?» «Me lo sono chiesto anch’io quando l’ho visto buttare a
terra un suo compagno con un’esperienza da pugile quasi professionale.»
A
questo punto anche il cameriere, che sta portando il caffè, interviene:
«Scusate se mi intrometto. Stavate parlando del piccolo Trollmann,
vero?». «Sì, stavamo parlando delle sue doti naturali da pugile.» «Già.
Ieri mi sono fermato un attimo a osservarlo mentre stava sul ring, e
devo dire che questo Johann si muove come se avesse frequentato una
scuola dal primo giorno che è uscito dal grembo di sua madre.» Il primo
maestro allora chiede al cameriere: «Lo conosci bene tu quel ragazzo?».
«Sì, abita vicino a casa mia.» «Ti sei informato se per caso ha
frequentato qualche palestra di arti marziali? Che so, quella boxe dove
i contendenti si prendono pure a calci...» L’altro maestro replica:
«Ah, sì, l’ho vista praticare una volta a Parigi, durante una
manifestazione di gente del Siam». Il cameriere continua: «A ogni modo,
l’altro ieri, tornando a casa, ho fatto la strada con lui e un suo
amico, e ho scoperto che questo Johann d’origine non è tedesco, è uno
zingaro». «Come dire un sinti?» «Sì, un sinti, un gitano.» «Quelli
suonano bene il violino – puntualizza il primo maestro – e riescono a
ballare facendo andare su e giù l’archetto come giocolieri.» «Già, non
è il nostro caso» commenta il secondo maestro. «Eh, no, è proprio il
nostro caso!» «In che senso?» «Quel ragazzino muove le gambe e il busto
proprio come i sinti quando ballano nelle loro feste!» «È vero! L’ho
notato anch’io!» interviene il cameriere. «E adesso che mi viene in
mente – dice il secondo maestro –, ho sentito dire che ogni tanto i
sinti, durante gli eccezionali raduni delle loro comunità, si
esibiscono in scontri che assomigliano a quelli della gente del Siam,
ma non per buttarsi giù l’un l’altro, solo per scaricarsi di dosso la
rabbia e il rancore. Insomma, fingono di darsele di santa ragione, ma
non si toccano quasi mai, come in una danza.» (...) |