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Lunario dei Giorni di Memoria


Appendice 7

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Con occhi di bambina

Liliana Treves Alcalay

 
«Mamma - dico piano piano - cosa si stanno dicendo giù?».

 La mamma mi stringe forte. Dice: «Taci, per favore, taci».

Io lo so che devo tacere.

Parla l'altra persona. Non ha la voce acuta però è una voce cattiva.

Com'è una voce cattiva? È una voce che urla. I Cordani non urlano. Hanno le voci buone, penso tra me. Sta parlando la Maria. Gli altri due tacciono finalmente.

«Qui non c'è nessuno.  Potete  verificare  voi  stessi». Maria  ha detto  un'altra  bugia.  Speriamo  che le  credano.

Sento trasalire la mamma...

   «Tanto meno degli ebrei» aggiunse Maria Cordani con incredibile sangue freddo.

   Chi avrebbe mai osato proporre un'ispezione nella propria abitazione con dodici ebrei nascosti al primo piano? Le due giovani figlie dei Cordani fecero il loro ingresso in cucina - ci raccontarono a posteriori - portando un fiasco di vino e dei bicchieri. Li appoggiarono sul tavolo e versarono da bere. Invitarono i due fascisti a sedersi intorno al tavolo. Ci fu un momento di silenzio. Un silenzio carico d'attesa. Poi sentimmo spostare le sedie. I due fascisti si erano lasciati convincere.

   Eravamo in attesa che si compisse il nostro destino, riuniti nella stessa stanza tutti e dodici, coi muscoli contratti, tesi a non fare rumore, neppure col nostro respiro. Mia madre ed io eravamo su una brandina e davamo le spalle alla finestra da dove filtravano le ultime luci del tramonto. Mi teneva premuta, temendo che mi staccassi da lei. Sentivo il suo cuore battere forte contro il mio, mentre con un filo di voce mi spiegava tutto quello che non era ancora riuscita a farmi comprendere. Disse che se i due fascisti fossero saliti e avessero aperto la porta... Dio non voglia... sarebbe stata la fine per noi... Dio misericordioso... che ci avrebbero portat  lontano...  Dio solo sa dove... Mi meravigliai di quante volte invocasse il nome di Dio e ne fui turbata. Doveva essere una cosa molto seria, pensai per la prima volta. La mamma continuò con voce tremante che ci stavano cercando da mesi, che dovevo tacere per la salvezza di tutti. «Prometti che non parli, - mi sussurrava all'orecchio - prometti alla mamma». Girai lentamente la testa. Osservai i nonni, gli zii, mio padre, i miei fratelli. Mi fecero una strana impressione nella penombra. Nella loro immobilità mi sembrarono i personaggi dei racconti di Dolly, vittime di un incantesimo, che solo il bacio del cavaliere avrebbe risvegliato. Ma ora ero grande anch'io - non l'aveva appena detto la mamma? ed ero anche cosciente che quelle di Dolly erano solo fantasie e lieto fine.

   Allora mi voltai verso di lei e, mentre la notte calava sulle nostre ombre, promisi che sarei stata in silenzio.

(...)



















rotusitala@gmail.com