Con
occhi di bambina Liliana
Treves Alcalay
La mamma mi stringe forte. Dice: «Taci, per
favore, taci». Io lo so che devo tacere. Parla l'altra persona.
Non ha la voce acuta però è una voce cattiva. Com'è una voce cattiva? È
una voce che urla. I Cordani non urlano. Hanno le voci buone, penso tra me. Sta
parlando la Maria. Gli altri due tacciono finalmente. «Qui non c'è
nessuno. Potete verificare
voi stessi». Maria ha detto
un'altra bugia. Speriamo
che le credano. Sento trasalire la
mamma... «Tanto meno degli ebrei» aggiunse Maria
Cordani con incredibile sangue freddo. Chi avrebbe mai osato proporre un'ispezione
nella propria abitazione con dodici ebrei nascosti al primo piano? Le due
giovani figlie dei Cordani fecero il loro ingresso in cucina - ci raccontarono
a posteriori - portando un fiasco di vino e dei bicchieri. Li appoggiarono sul
tavolo e versarono da bere. Invitarono i due fascisti a sedersi intorno al
tavolo. Ci fu un momento di silenzio. Un silenzio carico d'attesa. Poi sentimmo
spostare le sedie. I due fascisti si erano lasciati convincere. Eravamo in attesa che si compisse il nostro
destino, riuniti nella stessa stanza tutti e dodici, coi muscoli contratti, tesi
a non fare rumore, neppure col nostro respiro. Mia madre ed io eravamo su una
brandina e davamo le spalle alla finestra da dove filtravano le ultime luci del
tramonto. Mi teneva premuta, temendo che mi staccassi da lei. Sentivo il suo
cuore battere forte contro il mio, mentre con un filo di voce mi spiegava tutto
quello che non era ancora riuscita a farmi comprendere. Disse che se i due
fascisti fossero saliti e avessero aperto la porta... Dio non voglia... sarebbe
stata la fine per noi... Dio misericordioso... che ci avrebbero portat lontano...
Dio solo sa dove... Mi meravigliai di quante volte invocasse il nome di
Dio e ne fui turbata. Doveva essere una cosa molto seria, pensai per la prima
volta. La mamma continuò con voce tremante che ci stavano cercando da mesi, che
dovevo tacere per la salvezza di tutti. «Prometti che non parli, - mi
sussurrava all'orecchio - prometti alla mamma». Girai lentamente la testa. Osservai
i nonni, gli zii, mio padre, i miei fratelli. Mi fecero una strana impressione
nella penombra. Nella loro immobilità mi sembrarono i personaggi dei racconti
di Dolly, vittime di un incantesimo, che solo il bacio del cavaliere avrebbe
risvegliato. Ma ora ero grande anch'io - non l'aveva appena detto la mamma? ed
ero anche cosciente che quelle di Dolly erano solo fantasie e lieto fine. Allora mi voltai verso di lei e, mentre la
notte calava sulle nostre ombre, promisi che sarei stata in silenzio.
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