Sulla scia del Lunario
dei Giorni di Scuola, dedicato alle figure delle e degli insegnanti nella
letteratura di ogni tempo e paese, e del Lunario
dei Giorni di Paura, dedicato a come la grande letteratura ha restituito il
diffondersi delle epidemie nella storia dell’uomo, ecco il Lunario dei Giorni
di Memoria, che intende proporsi come invito alla lettura di opere di narrativa
e di testimonianza diretta, diaristica e non, riguardanti i due grandi
tentativi di genocidio messi in atto dal nazionalsocialismo negli anni della
Seconda Guerra Mondiale.
Nel mortifero catalogo delle persecuzioni messe in
essere dall’apparato hitleriano, che investirono tra gli altri i disabili, le
persone LGBT, i resistenti, gli oppositori politici e alcune confessioni
religiose, solo due ebbero come obiettivo finale, elaborato ideologicamente e
organizzato sin nei più piccoli particolari, l'esaustivo e totale genocidio, quello
del popolo ebreo e quello del popolo romanì (composto da rom, sinti, manush, kalé e altri gruppi con
differente auto denominazione).
Al termine, certamente più conosciuto, utilizzato dal
popolo ebraico per definire questo tentativo, Shoah, che significa annientamento, distruzione, corrispondono le
due definizioni in lingua romanì, Porrajmos e Samudaripen, significando il primo “Grande Divoramento”, e il
secondo, letteralmente “Tutti Morti”.
La scelta dei testi da proporre in questa carrellata
antologica, contrariamente a quanto successo nella composizione dei due Lunari
precedenti, è stata particolarmente impegnativa, a causa di due fenomeni
editoriali opposti: la vastissima produzione editoriale riguardante la Shoah,
la scarsissima produzione riguardante invece il Porrajmos – Samudaripen. Cosa
che ha reso necessaria da una parte una severa cernita dei titoli, e dall’altra
una accurata ricerca dell’esistente. Operazioni che con ogni probabilità sono
andate incontro vuoi ad errori di valutazione, vuoi a lacune nella ricerca, per
i quali e per le quali non si escludono aggiornamenti che si dovessero ritenere
necessari, magari dietro segnalazione dei lettori.
I percorsi storici, politici e culturali che hanno
portato da una parte a una grande produzione editoriale e dall’altra a una
produzione ancora estremamente ridotta, sono certamente molto diversi. Per
molti, troppi decenni, il Porrajmos – Samudaripen, sterminio che ha visto un
imponente numero di vittime oggi valutato tra le 500 e le 750 mila in tutta
Europa, è stato ignorato, sottaciuto e poco studiato. A partire da quelle poche
righe dedicate alle inaudite sofferenze delle popolazioni romanì nelle sentenze
dei processi di Norimberga, per
continuare con la pochezza e in molti casi con l’indifferenza che gli establishment
della ricerca europei e mondiali hanno riservato a questa parte dello
sterminio. Con la creazione di un vulnus ancora ben lungi dal sanarsi, al quale
ha certamente contribuito l’esiguità delle testimonianze scritte da parte delle
stesse popolazioni romanì, dovuta al persistere, per decenni ancora dopo la
fine della Seconda Guerra Mondiale, della trasmissione quasi esclusivamente orale della propria
cultura e delle proprie vicende storiche.
Ancora oggi resta
però innegabile, in Italia forse più che in altri paesi europei ed
extraeuropei, lo scarso interesse e la non larvata indifferenza del mondo
editoriale a dare voce e sostanza alle tematiche legate alla storia e alla
cultura romanì, comprese quelle della ricerca sul Porrajmos – Samudaripen.
Non tragga
peraltro in inganno la straordinaria produzione di testi, in Italia e nel
mondo, riguardanti invece la Shoah ebraica. Un fenomeno che non ha affatto
preso forza e visibilità subito dopo la fine del conflitto mondiale, ma che ha
iniziato ad ampliarsi solo a partire dagli anni 60, più precisamente dopo il
processo al gerarca nazista Adolf Eichmann, svoltosi in Israele tra il 1961 e
il 1962, che per così dire scoperchiò ciò che di difficilmente narrabile era rimasto sino
ad allora non narrato.
In Italia sono solo poco più di una decina le opere
dedicate alla Shoah che vengono pubblicate nei 15 anni successivi alla guerra,
e spesso si tratta di pubblicazioni minori o a cura di periodici dell’associazionismo
antifascista. Lo stesso primo Primo Levi, nel 1947, si vide rifiutare dall’Einaudi
Se questo è un uomo,
giudicato non pubblicabile da Cesare Pavese e Natalia
Ginsburg. Il grande scrittore torinese dovette perciò affidarlo ai tipi
della
piccola casa editrice Francesco De Silva, che ne stampò 2500 copie,
rimaste in
gran parte invendute, e solo dopo undici anni lo vide finalmente
approdare alla Einaudi, che nel decennio successivo al processo
Eichmann ne vendette quasi
100 mila copie.
A Primo Levi si
deve infine un monito quanto mai attuale, ora che gli ultimi testimoni della
Shoah e del Porrajmos – Samudaripen stanno scomparendo, posto in epigrafe a
questo Lunario: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò
che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed
oscurate: anche le nostre”.
Un’ultima avvertenza. Il succedersi dei
titoli presenti nel Lunario è intenzionalmente casuale e scevro da qualsiasi
pretesa di stabilire un ordine di “importanza”: spetterà a ciascun esploratore
e a ciascuna esploratrice il compito di identificare la lettura per lui o lei
più adeguata, con l’unico aiuto della schede di presentazione e delle tre icone qui di seguito poste in
legenda.
Legenda
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Testi riguardanti la Shoah
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Testi riguardanti il Porrajmos - Samudaripen
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Testi per l’infanzia e l’adolescenza
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