Quanta stella c'è nel cielo Edith Bruck (...) L’oscurità precoce stava
già avvolgendo lo scompartimento stipato sia sulle invidiate panche sia tra i
posti in piedi quando, come un dono inatteso, una sveglia alla vita, risuonò il
pianto di un bambino invisibile e da sotto il cappottone di una giovane donna
seduta sbucarono un fagottino imbacuccato e un capezzolo nero nero che gli
chiuse la bocca subito. Sorrisi con una dolcezza tenera mentre una figura,
piuttosto alta, di spalle, con un colbacco di lana sulla testa si mise a
brontolare in yiddish: «Fare figli… Mettere al mondo figli… È cosa da
scimuniti». «Qui ce n’è uno, uno per un milione annientati! Ringrazia Iddio se
credi ancora», alzò la voce e il dito una donna energica, aggiungendo
trionfante che c’era un’altra vita nella sua pancia. «Dobbiamo o no sostituire
quegli innocenti?» Guardò di traverso l’uomo col colbacco, che in tono di
preghiera monotona disse: «I miei due figli non saranno mai sostituiti perché
ho perso anche mia moglie». «E risposati!» quasi gli ordinò la donna
battagliera, e la discussione probabilmente sarebbe sfociata in lite se un
altro viaggiatore non avesse detto qualcosa in slovacco contro gli ebrei con
una smorfia sotto i baffi. Seguì un silenzio fitto, palpabile, impotente, senza
alcuna parola o azione; solo sguardi torvi e l’uomo baffuto dalle guance rosse,
di alcol probabilmente, a furia di gomitate si mise al riparo tra la sua gente,
allontanandosi da coloro che credeva ebrei o erano ebrei. «Cos’ha detto?»
chiesi a Eli. «La parola “ebrei” l’ho capita, da noi venivano molte donne
slovacche a lavorare la canapa», gli spiegai e volli sapere seriamente
l’ingiuria, chissà perché inghiottita da tutti. «Non importa, lascia dire.» «Se
si lascia dire e si lascia fare finiremo di nuovo ad Auschwitz!» protestò la
donna incinta, che capiva l’ungherese e aveva mille orecchie se era riuscita a
sentire il mio tono basso. «Se non alziamo la testa, la voce, e se serve anche
le braccia armate, continueranno a pestarci. Basta! Basta. Il mio prossimo
figlio nascerà in Terra Promessa!» dichiarò. «E lo ammazzeranno gli arabi!»
sfuggì dalla bocca dell’uomo con il colbacco, e come una leonessa la donna lo
scosse per il bavero urlando: «Cosa hai detto, cosa hai detto? Disgraziato!
Corvo. Morto!». «È un pazzo…» «Fa pena.» «Morditi la lingua.» Sotto la raffica
di insulti il pover’uomo s’era ritratto in sé sempre di più, diventando perfino
più piccolo. (…)
|