In
quelle tenebre
Gitta
Sereny
(…) Ho già fatto cenno
alla straordinaria metamorfosi che si era verificata sul volto di Stangl quando
avevamo cominciato a parlare del suo lavoro al Programma di Eutanasia, e che si
era ripetuta ogni volta che si veniva a parlare
di qualche punto particolarmente intollerabile della
sua storia. Questo
cambiamento si verificò di nuovo
quando cominciammo a parlare di ciò
che aveva trovato
al suo arrivo
a Treblinka. La voce gli si fece
roca, il volto assunse un'espressione volgare e diventò di un rosso scuro. «Mi recai a Treblinka in macchina, con un
autista delle SS » disse. «Si sentiva il
fetore a chilometri di distanza. La strada correva lungo la ferrovia. Quando
fummo a una ventina di minuti di macchina da Treblinka, cominciammo a vedere
dei cadaveri lungo la linea ferroviaria, prima soltanto due o tre, ma continuarono
ad aumentare a mano a mano che ci avvicinavamo alla stazione di Treblinka; ce
n'erano a centinaia - sparsi sul terreno - e, evidentemente, erano lì da giorni e giorni, con quel calore. Alla
stazione c'era un treno pieno di ebrei, alcuni morti, altri ancora vivi...
Anche questo aveva l'aria di esser lì da giorni». « Ma
tutto questo non
era uno spettacolo
nuovo, per lei. Aveva già visto
una quantità di questi trasporti a Sobibor, non è vero? ». « Nulla
di simile a questo. E a Sobibor - come
le ho detto - a meno che uno
lavorasse nella foresta, si poteva vivere senza vedere effettivamente quello
che succedeva; la maggior parte di noi non vide mai nessun morto né moribondo. (…) Il sergente delle SS Franz Suchomel, che era
stato destinato a Treblinka prima di Stangl, il 20 agosto, mi fece un resoconto
alquanto diverso. Passai un'intera giornata a parlare con lui, a casa sua in
Baviera, e in seguito fummo in corrispondenza, poiché soffre di mal di cuore, e
disse che parlare di queste cose lo agitava troppo (effettivamente, qualche
tempo dopo, ebbe un secondo attacco di cuore). Dopo aver letto le interviste
fatte a Stangl, sul giornale tedesco « Die Zeit », mi scrisse per dire che non
era vero che c'erano dei cadaveri fuori del campo, né tende con le puttane. (…) Contro questo, tuttavia, c'è lo straordinario
resoconto di un testimone oculare, quello di Hubert Pfoch, a quel tempo
appartenente alla Gioventù Socialista Austriaca clandestina, e oggi consigliere
comunale di Vienna. Come giovane soldato in viaggio verso il Fronte Orientale,
egli vid un trasporto
a Treblinka il 21 agosto 1942. Le
fotografie che scattò - con notevole pericolo (vedi illustrazioni) -
furono materiale di prova al
processo celebrato a Diisseldorf nel 1964 contro dieci ex guardie di Treblinka.
"La nostra compagnia di fanteria è in viaggio da Vienna verso la Russia,
via Mahrisch Ostrau, Kattowitz, attraverso la regione industriale dell'Alta
Slesia fino a Radom, Lukow e Siedlce, dove arriviamo la sera, e ci viene
distribuita la cena” egli scriveva (mi diede delle pagine fotocopiate del suo
diario di guerra). "Ogni tanto si sentivano degli spari, e quando siamo
usciti fuori per vedere che cosa succedeva, ho visto a poca distanza dal nostro
binario una piattaforma di carico, con un'enorme folla - ho stimato circa
settemila persone, tra uomini, donne e bambini. Erano tutti accovacciati o
distesi per terra, e ogni volta che qualcuno cercava di alzarsi, le guardie si
mettevano a sparare. La notte era soffocante, l'aria molto umida, e abbiamo
dormito male. La mattina dopo - 22 agosto - sul presto, il nostro treno è stato
dirottato su un altro binario, proprio lungo la piattaforma di carico, ed è
stato allora che abbiamo saputo che quella gente era un trasporto di ebrei. Ci
chiamavano, e ci hanno detto che stavano viaggiando da due giorni senza cibo né
acqua. E poi, quando sono stati caricati su carri bestiame, abbiamo assistito
alle scene più spaventose. I cadaveri di quelli che erano stati ammazzati la
sera prima venivano gettati dalla polizia
ausiliaria ebraica su un camion che ha fatto la spola quattro volte. Le
guardie - delle SS ucraine volontarie, alcune delle quali ubriache - ammucchiavano
centottanta persone in ogni vagone [«Le contai, mi disse Herr Pfoch], i genitori
in uno, i bambini in un altro, non si facevano nessuno scrupolo di separare le
famiglie. Urlavano, sparavano, picchiavano la gente col fucile, con tanta forza
che a volte ne spaccavano il
calcio. Quando alla fine tutti quanti
furono caricati, si sentivano
venire delle grida da tutti i vagoni . "Acqua! " imploravano.
"Do il mio
anello d'oro per un po' d'acqua!
". Altri ci hanno offerto cinquemila zloty (duemilacinquecento marchi) per
una tazza d'acqua. Alcuni che hanno cercato di venir fuori attraverso i buchi
di ventilazione sono stati immediatamente uccisi nel momento in cui toccavano
terra , un massacro che faceva male al cuore, un bagno di sangue quale non
avrei mai sognato. Una madre salta giù col suo bambino, e guarda con calma il
fucile puntato contro di lei - un momento
dopo sentiamo la guardia che li ha uccisi tutti e due vantarsi coi suoi
compagni che era riuscito a farli fuori tutt'e due con un solo colpo che ha
attraversato la testa di entrambi». (…)
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