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Lunario dei Giorni di Memoria


Trentaduesima settimana

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Pane e ciliegie

Anna Sarfatti

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Sin dall’8 settembre dalla Lombardia iniziò la fuga in Svizzera di militari italiani che non volevano servire nel nuovo esercito e di ebrei motivati da cupi presentimenti. Alcuni di questi ultimi furono aiutati da Kalk che, installatosi in agosto vicino alla Svizzera, cominciò a prendere informazioni sui “passatori”, che aiutavano le cose e le persone a varcare il confine. Il passaggio clandestino della frontiera non era privo di difficoltà e di rischi. Accadeva di dover far fronte alle richieste di individui disonesti, la cui tariffa cresceva lautamente giorno dopo giorno. Il passaggio della rete metallica che segnava il confine presentava sia il rischio di essere fermati da nazisti o fascisti sia addirittura quello di essere traditi dai passatori stessi.

Col trascorrere dei giorni il pericolo di essere arrestati in Italia si faceva sempre più incalzante, e anche Israel e Giorgetta dovettero decidere il da farsi per se stessi e per Motele. Padre e figlio erano a rischio di arresto, anche se Israel probabilmente all’epoca non sapeva che in quei primi mesi i membri di famiglie “miste” ne erano esentati. Giorgetta, in quanto “ariana”, non correva quel pericolo; per quel che se ne sapeva. Era una fredda sera di ottobre, a Lucino aveva piovuto tutto il giorno. L’acqua scorreva sui vetri delle finestre lungo i sottili canali che si era costruita. Giorgetta, visibilmente raffreddata, mise in tavola una pentola di minestrone fumante. Quello era il momento scelto da Kalk per parlare con suo figlio: «Motele, la nostra situazione attuale è fatta di incertezze e pericoli. Io e la mamma abbiamo valutato che al momento la cosa migliore per te è rimanere in Italia assieme a lei, mentre per quanto mi riguarda è più opportuno rifugiarmi in Svizzera. Ne abbiamo parlato a lungo, ma alla fine questa ci sembra la scelta più sicura!». Si fermò un attimo e si versò da bere. «So quanto ti peserà, Motele, e puoi immaginare quanto sarà dura per la mamma e per me. Ma questo è l’unico modo che abbiamo per ritrovarci presto tutti insieme.»

Come previsto, la reazione di Motele fu immediata e dirompente: si allontanò da tavola piangendo e andò a stendersi sul suo letto. Papà e mamma lo raggiunsero e gli si sedettero accanto. Israel gli accarezzò la nuca. «Sai, quando ero piccolo fummo costretti a scappare dal nostro villaggio in Lituania. Fu un periodo durissimo, me lo ricordo ancora. Quel continuo cambiare casa, facendo appello alla generosità o alla pietà di parenti, amici, sconosciuti… fu davvero difficile, Motele. Non vorrei mai che toccasse anche a te vivere un’esperienza del genere.»

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