Le valigie
di Auschwitz Daniela
Palumbo Piemme Se squillava il
campanello, Carlo cominciava a
tremare. Erano sempre loro, quei
signori della polizia. Facevano tante
domande, ogni volta prendevano qualcosa
perché dicevano che gli ebrei non
potevano tenere niente che fosse di
valore (non lo meritavano, dicevano
loro) e poi andavano via. Si erano presi le biciclette di Carlo e del papà, l’orologio d’oro della mamma, regalo del matrimonio, la radio nuova e perfino una sveglia in argento. Una sera il campanello suonò quattro volte, una dietro l’altra. Il cuore del ragazzo cominciava a battere veloce. La mamma e il papà si guardarono e Carlo capì
subito che anche il loro cuore stava
andando di corsa. Il papà si alzò e andò
ad aprire. Poi tutto successe troppo in
fretta e Carlo afferrò solo qualche
parola. La mamma gridava «lasciatelo»,
il papà ripeteva «ma perché», mentre un
vicino si affacciò sul pianerottolo e
subito richiuse la porta. Intanto quelle
divise nere portarono via il papà di
Carlo dicendogli: – Sporco ebreo, ti
pentirai. Poi tutto finì. Tornò il
silenzio. Ma il cuore di Carlo faceva ancora dei balzi e poi precipitava giù, giù, giù… era come se sapesse che non si doveva fermare, altrimenti rischiava di scoppiare. Il suo papà non c’era più. Lo avevano portato via gli uomini neri. La mamma piangeva sulla sedia, con le mani che le coprivano il viso. Non riusciva più neppure a vedere che Carlo era lì e aveva bisogno di essere consolato. Non riusciva più a essere la mamma di prima.
Carlo non ce l’aveva con lei e andò ad
abbracciarla anche se non riusciva a
piangere. Lei lo tenne accanto a sé, ma
non fece altro. Un tempo nessuno era
bravo come lei a consolarlo; ad
esempio, quando Carlo faceva male un
compito e prendeva un brutto voto, lei
diceva: «A tutto c’è rimedio». E lui
sapeva che era vero perché era
stretto contro il suo cuore che sentiva
battere senza fretta. Se la mamma non credeva più che ci potesse essere rimedio, nemmeno lui poteva più sorridere. E allora si mise a consolarla, carezzandole i capelli. Lei gli strinse forte le mani e Carlo pianse. E mentre piangeva pensava che fuori pioveva e il suo papà era uscito senza giacca… Ovunque fosse in quel momento, chissà com’era infreddolito.
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