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Lunario dei Giorni di Memoria


Cinquantunesima settimana

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Buttati giù, zingaro

Roger Repplinger – Upre Roma

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Rukeli Trollmann salta giù da un puzzolente vagone merci sulla banchina del Lager di Neuengamme. Filo spinato, torri di vedetta. Sente gridare, abbaiare, musica, SS che urlano: «Forza! Forza! Luridi maiali! Luridi cani». Trollmann vede cemento, fango, la piazza dell’appello piena di pozzanghere, cani pastore che tirano le catene, mostrano i denti, ringhiano. Dall’altra parte c’è un gruppo di internati. Sono spaventosamente magri, gli abiti civili troppo larghi gli pendono addosso, niente altro che stracci marchiati con colori a olio, giacche con maniche colorate. Sulla piazza dell’appello un’orchestra a fiati dà il benvenuto. L’orchestra a fiati è composta da internati. Suona al mattino per l’uscita e alla sera per il rientro della colonna di internati. Suona anche quando i morti vengono portati al crematorio, quando degli internati vengono impiccati, quando qualcuno che ha fatto qualcosa che agli occhi delle SS è un reato riceve 25 bastonate. La musica suona anche quando un fuggitivo viene preso, impiccato, bastonato a morte oppure azzannato dai cani. Da lontano può sembrare che ci sia grande allegria a Neuengamme. Rukeli sa cosa lo aspetta lì, almeno così pensava. Ma è un errore. Vede il motto che sovrasta a grandi lettere il tetto della baracca delle cucine: «C’è una via per la libertà. Le sue pietre miliari si chiamano: obbedienza, laboriosità, onestà, ordine, pulizia, sobrietà, amore della verità, del sacrificio e della patria». Dietro la baracca delle cucine Rukeli vede il crematorio con il lungo camino sovrastato da una nuvola di fumo spessa e grigia.

Ha tempo di guardarsi intorno perché deve stare a lungo sulla piazza dell’appello. Fa freddo, piove, tira un vento gelido. Proibito  uscire dalla fila. Il suo vicino si piscia nei calzoni. Le SS scelgono singoli uomini per bastonarli. Anche Rukeli si prende un paio di bastonate. Non sa se le SS lo riconoscono. Forse è meglio, pensa, che non mi riconoscano. Poi c’è il discorso ai nuovi arrivati tenuto dall’Obersturmführer delle SS Albert Lütkemeyer. Nato nel 1911 è nei Lager dall’inizio della sua carriera. Nel 1934 serviva nel KZ di Ersterwegen, poi venne trasferito nel 1936 a Dachau per arrivare nel 1940 a Neuengamme insieme con il nuovo comandante Weiss. È grintoso, a Neuengamme fa rapidamente carriera. Dapprima diventa Rapportführer81, nel 1942 è già comandante della squadra di guardia. Nell’aprile del 1944 viene trasferito in un campo esterno in Slesia. Nell’ottavo processo su Neuengamme viene condannato a morte e giustiziato il 26 giugno a Hameln. Quando Lütkemeyer era ancora Rapportführer, un gruppo di detenuti ammalati viene trasferito a Dachau. In cambio Neuengamme riceve detenuti sani. Lütkemeyer accompagna il trasporto a Dachau perché vuol vedere i nuovi. A Neuengamme non servono «Muselmänner82», ridotti a pelle e ossa dalla denutrizione, ce ne sono già abbastanza. Serve del «buon materiale» e non ci si può fidare dei comandanti degli altri Lager. «Allora i cani ci sono tutti?», urla Lütkemeyer impaziente a una SS. «Allora possiamo partire. È tutto a posto?» la domanda è rivolta a una SS che ha contato i detenuti destinati a Dachau. L’SS saluta sbattendo i tacchi: «Signorsì, signor Rapportführer, segnalo rispettosamente che un detenuto è morto sulla piazza dell’appello. Dobbiamo portare il cadavere per far quadrare i conti o lo si deve lasciar qua?». «Lasciar qua» sbraita Lütkemeyer, «non siamo un trasporto funebre». «Prendetene un altro al posto di questo, di invalidi ce ne sono già abbastanza nel Lager. Forza, via il cadavere e dentro un altro uomo! E l’ufficio registri correttamente le generalità di quello nuovo». «Signorsì, signor Rapportführer». Pronti per salire sul treno i detenuti di Neuengamme vedono i recipienti del cibo che la cucina ha preparato per il trasporto a Dachau.

Ora i detenuti sono di fronte al carro bestiame che li deve portare al sud. La SS arriva in auto. Lütkemeyer smonta sbattendo la portiera. «Volete stare in piedi e mettervi diritti, voialtri cani!» urla. Nessuno usa un tono del genere a Neuengamme. «At … tenti, giù i berretti», comanda una SS. I «Muselmänner» si irrigidiscono a testa nuda. Lütkemeyer li passa in rivista: «Tutto in ordine?», chiede a una SS. «Signorsì, signor Rapportführer». Lütkemeyer vede i pentoloni del cibo. «E questo cos’è? Come mai tutti questi recipienti?». «Caffè e cibo per il viaggio, signor Rapportführer». «Cibo, perché?». «La cucina stanotte ha preparato del cibo da portare per il trasporto. L’ultima volta…». «Cosa? Cibo per il trasporto?», il Rapportführer è fuori di sé, «Cibo? I recipienti tornano nel Lager, rimane solo il caffè! I porci polacchi non hanno bisogno di mangiare, devono crepare! Capito? Forza via i pentoloni!».«Signorsì, signor Rapportführer», dice l’SS e i detenuti stanno a guardare i pentoloni che spariscono.

Lütkemeyer è un tipo intelligente, senza scrupoli, cinico che si dedica con determinazione al lavoro nel KZ. È in grado di capire con uno sguardo le difficoltà di un detenuto e di umiliarlo nei modi più impensabili. Di solito chiama un detenuto e ha sempre qualcosa da rimproverargli sulla sua divisa sporca e stracciata, cosa che ha inevitabilmente come conseguenza una punizione. Nelle angherie è un maestro. Il suo divertimento più grande è frugare nelle tasche dei detenuti, trova sempre qualcosa. Questo provoca come minimo un calcio o un colpo con il suo frustino. Lütkemeyer organizza a sangue freddo e ininterrottamente esecuzioni, durante le quali ride come un idiota e fa battute di spirito. Quando fa impiccare o gasare dei detenuti, durante il trasporto di cadaveri, di fronte a fuggitivi sanguinanti, sbranati dai cani e in punto di morte, chiama a raccolta il Lager e fa cantare canzoni allegre. La vita di un detenuto per lui vale meno di un filo di paglia. Quando circa trenta di uomini sopravvissuti a una furiosa epidemia di  tifo vengono portati al magazzino vestiario per ricevere nuovi abiti, Lütkemeyer osserva i detenuti e poi dice: «Voi siete tutti da bruciare». E lo intende per davvero. Lütkemeyer ha valutato la condizione degli uomini che ancora per dei mesi non saranno in grado di lavorare. Mangiatori a sbafo che alla fine comunque moriranno, allora perché non subito?

Dunque, Lütkemeyer, il comandante della squadra di guardia, parla ai nuovi arrivati sulla piazza dell’appello. Non li guarda, fissa i suoi impeccabili guanti neri oppure scruta oltre le teste dei detenuti: «Vi dovete convincere che sarete umiliati, mortificati. State entrando in un mondo nuovo nel quale non avrete più alcun contatto con il mondo esterno. Se avete moglie, figli, parenti o amici nel mondo esterno, dimenticateli, non li vedrete mai più, e dimenticare, ve lo posso assicurare, è molto meglio per la pace della vostra anima. D’ora innanzi, per ogni minuto del giorno e se necessario anche per tutta la notte, voi lavorerete alla crescita degli interessi del grande impero tedesco!». Trollmann non ascolta. Sta pensando che lui questo damerino con gli stivali tirati a lucido lo ha già visto da qualche parte. Lo pensa senza berretto e senza divisa e gli viene in mente: Lütkemeyer, l’arbitro. Il tipo era giudice di ring. Quello prima o poi mi riconosce, pensa Trollmann, anche se, e si passa la lingua nei buchi tra i suoi denti, dopo le botte nella Hardenbergstrasse, non sembro più lo stesso. Forse è una fortuna.

Dopo il discorso i detenuti vengono portati nella «Effektenkammer83». Poi stanno per lungo tempo di nuovo all’aperto. Nudi. Ricevono della polvere e del sapone e vengono spinti dalle guardie nelle docce che sono o troppo calde o troppo fredde. L’acqua viene erogata per pochissimo, poi viene l’ordine di strofinarsi con polvere e sapone. Di nuovo viene erogata l’acqua per poco tempo. Tagliare i capelli. 30 barbieri per 30 prigionieri. Per semplificarsi il lavoro i prigionieri vengono messi a gambe larghe e la testa in giù sopra dei cavalletti di legno. Vengono rasati a zero gambe e basso ventre. Dove c’erano i capelli viene spalmata una crema contro i pidocchi. I nuovi, sempre nudi, vengono portati nel locale adiacente alle docce. Lì c’è il vestiario: biancheria, giacca e calzoni, scarpe e copricapo. Mentre il prigioniero passa, uno gli lancia una camicia, quello dopo un paio di mutande, il terzo una giacca, il quarto un paio di calzoni, il quinto delle scarpe che sono di legno, il sesto un berretto. Le cose sono vecchie, usate e segnate con vernice a olio. I prigionieri provano i vestiti. Sono o troppo grandi o troppo piccoli. Alcuni si scambiano tra loro i pezzi di vestiario, altri chiedono di avere qualcosa di passabile. A Trollmann è indifferente. Dopo che si sono vestiti hanno un aspetto ridicolo. Uno indossa un frak e per copricapo una berretta. Nei vestiti c’è la morte. Trollmann la annusa. Quegli stracci erano di prigionieri morti. Appena uno muore gli tolgono subito i vestiti. Ogni prigioniero è come una cava che si sfrutta fino a che non rimane più nulla. Adesso Trollmann deve cucire sui vestiti il triangolo degli zingari e il numero di prigioniero che deve essere collocato sotto il triangolo. Un triangolo con il numero va sul lato sinistro della giacca e l’altro sul calzone destro. In tutti i campi di concentramento i sinti portano un triangolo nero,  come gli asociali, «Aso» nel gergo del KZ. Vi fanno parte piccoli criminali, nomadi e zingari. Per i nazionalsocialisti asociale è chiunque non corrisponde alla loro idea di ordine. A Neuengamme è diverso, gli asociali portano il triangolo nero e gli zingari il triangolo marrone. Trollmann si cuce il triangolo marrone.

Insieme con il triangolo a Trollmann danno anche un piastrina sulla quale è impresso il suo numero di prigioniero. 9841. D’ora innanzi verrà interpellato solo con il suo numero. 9841. Se lo imprime nella memoria. A Neuengamme non ci sono nomi. Anche i prigionieri tra loro non si chiamano per nome. Il nome appartiene a un’altra vita. Le SS chiamano il numero ma per lo più i prigionieri vengono chiamati «cane», «porco», «uccello» o «maledetto, sacco di letame». I prigionieri russi vengono chiamati «maiale russo». A Rukeli vengono prese le impronte digitali, viene fotografato. Sulla sua cartella viene registrato tutto: indirizzo di casa, impiego. Alla fine Rukeli viene rinchiuso in quarantena per dieci giorni in un settore separato del Lager. Da lì lo portano nel KZ. Come ci si deve presentare davanti al capoposto? Ci si deve mettere a una distanza da lui di tre metri esatti. Quanti centimetri in più o in meno ci si mette rispetto ai tre metri, tante sono le bastonate che si prendono. Con un tubo di gomma sulla testa.

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