L’ombra dello scorpione Stephen King (...) Quel che avvenne alla WBZ-TV di Boston era stato programmato
la sera prima da tre commentatori e sei tecnici, operanti tutti nello Studio 6.
Cinque di questi uomini giocavano regolarmente a poker e sei dei nove erano già
ammalati. Sentivano che non avevano niente da perdere. Misero insieme quasi una
decina di pistole. Bob Palmer, che conduceva il notiziario del mattino, le
introdusse dentro una borsa da aviazione, quella nella quale normalmente
portava i suoi appunti, le penne, i blocchi di carta. La sede dell’intera
emittente era circondata da un cordone di uomini che avevano dichiarato di
appartenere alla Guardia Nazionale ma, come Palmer aveva confidato a George
Dickerson la settimana prima, erano le uniche guardie nazionali
ultracinquantenni che avesse mai visto. Alle 9.01, poco dopo che Palmer aveva
cominciato a leggere la velina che gli era stata passata dieci minuti prima da
un sottufficiale dell’esercito, ebbe luogo un colpo di mano. I nove presero
possesso della stazione televisiva. I soldati, che non si aspettavano nessun
fastidio serio da quel gruppetto di molli civili abituati a riferire con
distacco di lontane tragedie, furono presi completamente alla sprovvista e
disarmati. Altro personale dell’emittente si unì alla piccola rivolta e
sgomberò in fretta il quinto piano chiudendo poi tutte le porte. Gli ascensori
furono bloccati prima che i soldati nell’atrio si rendessero conto di quello
che stava succedendo. Tre militari tentarono di salire per la scala antincendio
del lato est e un custode chiamato Charles Yorkin, armato di una carabina
dell’esercito, sparò un colpo di avvertimento sopra le loro teste. Fu l’unico
colpo sparato. I telespettatori dell’area coperta dalla WBZ-TV videro Bob
Palmer interrompere una frase a metà del suo comunicato e lo udirono dire:
“Okay, adesso!” Si sentirono dei rumori confusi fuoricampo. Quando questi
cessarono, migliaia di spettatori perplessi videro che Bob Palmer ora impugnava
una pistola a canna corta. Una voce roca giubilò fuori dal microfono: “Li
teniamo, Bob! Li teniamo quei bastardi! Li teniamo tutti!” “Okay, bel lavoro,”
fece Palmer. Poi tornò a guardare verso la telecamera. “Concittadini di Boston,
americani della nostra area di trasmissione. In questo studio è appena accaduto
qualcosa di grave e tremendamente importante, e io sono felice che sia accaduto
per la prima volta qui, a Boston, la culla dell’indipendenza americana. Da
sette giorni questa emittente è controllata da uomini che dicono di appartenere
alla Guardia Nazionale. Uomini con l’uniforme dell’esercito, armati, sono stati
per questi sette giorni accanto ai nostri cameramen, nelle sale di controllo,
davanti alle telescriventi. Le notizie sono state manipolate? Purtroppo devo
dire di sì. Mi sono state passate delle veline e mi hanno costretto a leggerle,
quasi letteralmente con una pistola puntata alla tempia. Le veline che ho letto
riguardavano la cosiddetta ‘epidemia influenzale’ ed è tutto palesemente
falso.” Delle luci cominciarono a lampeggiare sulla consolle di comando. Nel
giro di quindici secondi tutte le luci erano accese. “Le riprese dei nostri
cameramen sono state o confiscate o deliberatamente distrutte. I servizi dei
nostri reporter sono scomparsi. Ma noi abbiamo i filmati, signore e signori, e
abbiamo corrispondenti proprio qui, in questo studio – non giornalisti
professionisti, ma testimoni oculari di quello che potrebbe essere il più
grande disastro che questo paese abbia mai subito… e non uso con leggerezza
queste parole. Ora manderemo in onda per voi parte di questi filmati. Il tutto è
stato ripreso clandestinamente e la qualità è talvolta piuttosto scadente. Ma
noi, qui, noi che abbiamo appena liberato la nostra stazione televisiva,
riteniamo che possiate vedere abbastanza. Più di quanto, questo è certo,
avreste desiderato.” Alzò lo sguardo, prese un fazzoletto dalla tasca della sua
giacca sportiva e si soffiò il naso. Quelli che avevano un buon televisore a
colori potevano notare il suo colorito arrossato e febbricitante. “Se è pronto,
George, puoi mandarlo.” Al posto della faccia di Palmer comparvero delle
inquadrature del Boston General Hospital. Le corsie erano gremite. C’erano
pazienti stesi anche a terra. I corridoi erano pieni; infermiere, molte delle
quali esse stesse ammalate, entravano e uscivano; alcune di loro singhiozzavano
istericamente. Altre erano sconvolte, quasi in stato di coma. Immagini di
poliziotti agli angoli delle strade con il fucile in spalla. Immagini di
edifici nei quali avevano fatto irruzione. Ricomparve Bob Palmer. “Se avete
bambini, signore e signori,” disse in tono tranquillo, “vi consigliamo di
allontanarli dal televisore.” L’immagine sgranata di un camion che percorreva
avanti e indietro un molo affacciato sul porto di Boston, un grande camion
dell’esercito color verde oliva. Sotto il molo, malferma, c’era una chiatta
coperta di teloni di canapa. Due soldati, rugosi e alieni nelle loro maschere
antigas, saltavano giù dalla cabina del camion. La ripresa si faceva mossa,
sobbalzò, per tornare ferma mentre i due aprivano i teloni del retro del
camion. Poi vi saltavano dentro e i cadaveri cominciavano a ricadere sulla
chiatta: donne, vecchi, bambini, poliziotti, infermiere; un fiume che sembrava
non finire più. A un certo punto del filmato, si vedeva che i soldati stavano
usando dei forconi per buttare fuori i corpi. Palmer continuò a trasmettere per
due ore, leggendo note di agenzia e bollettini con una voce che si faceva
sempre più rauca, intervistando altri membri della troupe. La cosa andò avanti
finché qualcuno al pianterreno non si rese conto che per fermarla non era
necessario riconquistare il quinto piano. Alle 11.16 il trasmettitore della WBZ
fu fatto tacere definitivamente con dieci chili di plastico. Palmer e gli altri
del quinto piano furono sottoposti a una crudele esecuzione sommaria con
l’accusa di tradimento del loro governo, gli Stati Uniti d’America. |