Giovanni Verga A Catania c’era il colèra, sicché ognuno che potesse scappava
di qua e di là, pei villaggi e le campagne vicine. Allora a Trezza e ad Ognina,
era venuta la provvidenza, con tutti quei forestieri che spendevano. Ma i
rigattieri torcevano il muso, se si parlava di vendere una dozzina di barilotti
d’acciughe, e dicevano che i denari erano scomparsi, per la paura del colèra. –
Che non ne mangia più acciughe la gente? – diceva loro Piedipapera. Ma a padron
’Ntoni, e a chi ne aveva da vendere, per conchiudere il negozio, diceva invece
che col colèra la gente non voleva guastarsi lo stomaco con le acciughe, e
simili porcherie; piuttosto mangiava pasta e carne; perciò bisognava chiudere
gli occhi, ed essere correnti pel prezzo. Questa non ce l’avevano messa nel
conto i Malavoglia! Quindi per non andare indietro a mo’ dei gamberi, la Longa
andava a portare le ova e il pane fresco di qua e di là per le casine dei
forestieri, mentre gli uomini erano in mare, e così si faceva qualche soldo. Ma
bisognava guardarsi bene dai cattivi incontri, e non accettare nemmeno una presa
di tabacco da chi non si conosceva! Andando per la strada bisognava camminare
nel bel mezzo, e lontano dai muri, dove si correva rischio di acchiapparsi
mille porcherie; e badare di non mettersi a sedere sui sassi, o lungo i
muricciuoli. La Longa una volta, mentre tornava da Aci Castello, col paniere al
braccio, si sentì così stanca che le gambe le tremavano, e sembrava fossero di
piombo. Allora si lasciò vincere dalla tentazione di riposare due minuti su
quelle quattro pietre lisce messe in fila all’ombra del caprifico che c’è
accanto alla cappelletta, prima d’entrare nel paese; e non si accorse, ma ci
pensò dopo, che uno sconosciuto, il quale pareva stanco anche lui, poveraccio,
c’era stato seduto pochi momenti prima, e aveva lasciato sui sassi delle gocce
di certa sudiceria che sembrava olio. Insomma ci cascò anche lei; prese il
colèra e tornò a casa che non ne poteva più, gialla come un voto della Madonna,
e colle occhiaie nere; talché la Mena che era sola in casa, si mise a piangere
al solo vederla, e la Lia corse a cogliere dell’erba santa, e delle foglie di
malva. Mena tremava come una fronda, mentre faceva il letto; eppure l’ammalata,
seduta sulla scranna, stanca morta, col viso giallo e le occhiaie nere, badava
a dirle: – Non è nulla, non vi spaventate: quando mi sarò messa in letto ogni
cosa passerà, – e cercava di aiutare anche lei, ma ogni momento le mancavano le
forze, e tornava a sedersi. – Vergine santa! balbettava Mena. Vergine santa! E
gli uomini che sono in mare! – Lia si sfogava a piangere. Mentre padron ’Ntoni
tornava a casa coi nipoti, e vide l’uscio socchiuso, e il lume dalle imposte,
si mise le mani nei capelli. Maruzza era già coricata, con certi occhi, che
visti così nel buio, a quell’ora, sembravano vuoti come se la morte se li avesse
succhiati, e le labbra nere al pari del carbone. In quel tempo non andavano
intorno né medico né speziale dopo il tramonto; e le vicine stesse si
sprangavano gli usci, per la paura del colèra, e ci incollavano delle immagini
di santi a tutte le fessure. Perciò comare Maruzza non poté avere altro aiuto
che dei suoi, poveracci, i quali correvano per la casa come pazzi, al vederla
andarsene in tal modo, in quel lettuccio, e non sapevano che fare, e davano
della testa nelle pareti. Allora la Longa, vedendo che non c’era più speranza,
volle che le mettessero sul petto quel soldo di cotone coll’olio santo che
aveva comperato a Pasqua, e disse pure che lasciassero la candela accesa, come
quando stava per morire padron ’Ntoni, ché voleva vederseli tutti davanti al letto,
e saziarsi di guardarli ad uno ad uno con quegli occhi sbarrati che non ci
vedevano più. La Lia piangeva in modo da
spezzare il cuore; e tutti gli altri, bianchi come un cencio, si guardavano in faccia
quasi chiedendosi aiuto l’un l’altro; e si stringevano il petto per non
scoppiare a piangere davanti alla moribonda, la quale nondimeno se ne accorgeva
bene, sebbene non ci vedesse più, e nell’andarsene le rincresceva di lasciare
così desolati quei poveretti. Li andava chiamando per nome ad uno ad uno, colla
voce rauca; e voleva alzare la mano, che non la poteva più muovere, per
benedirli, come se sapesse di lasciare loro un tesoro. – ’Ntoni! ripeteva,
colla voce che già non si sentiva più, ’Ntoni! A te che sei il maggiore
raccomando questi orfanelli! – E sentendola parlar così, mentre era ancor viva,
tutti gli altri non poterono trattenersi di scoppiare a piangere e
singhiozzare. Così passarono tutta la notte davanti al lettuccio, dove Maruzza
non si muoveva più, sin quando la candela cominciò a mancare e si spense
anch’essa, e l’alba entrava dalla finestra, pallida come la morta, la quale
aveva il viso disfatto e affilato al pari di un coltello, e le labbra nere. Ma
pure Mena non si stancava di baciarla nella bocca, e parlarle, come se potesse
sentirla. ’Ntoni si picchiava il petto singhiozzando: – O mamma! che ve ne
siete andata prima di me! e volevo lasciarvi! – Alessi non se la levò più
davanti agli occhi, la sua mamma, con quei capelli bianchi, e quel viso giallo
e affilato come un coltello, nemmeno quando arrivò ad avere i capelli bianchi
anche lui. Sul tardi vennero a pigliarsi la Longa in fretta e in furia, e
nessuno pensò a fare la visita del morto; che ciascuno pensava alla pelle, e lo
stesso don Giammaria rimase sulla soglia, quando spruzzò l’acqua santa
coll’aspersorio, tenendo raccolta e sollevata la tonaca di San Francesco, – da
vero frate egoista che era! – predicava lo speziale. Lui invece, se gli
avessero portato la ricetta del medico per qualche medicina, avrebbe aperto la
spezieria anche di notte, che non aveva paura del colèra; e diceva pure che era
una minchioneria di credere che il colèra lo buttassero per le strade e dietro
gli usci. – Segno che è lui che sparge il colèra! – andava soffiando don
Giammaria. Per questo nel paese volevano fargli la festa allo speziale; ma lui
si metteva a ridere come una gallina, preciso come faceva don Silvestro, e
diceva: – Io che sono repubblicano! Se fossi un impiegato, o qualcuno di quelli
che fanno i tirapiedi al Governo, non direi!... – Ma i Malavoglia rimasero
soli, davanti a quel lettuccio vuoto. (…) |