Alberto Maria Melis

 
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Carrasecare e altri ritratti è un volume fotografico pubblicato dalla Progressive Publishing House - 100 ritratti in bianco e nero - nato dalla collaborazione con la gang internazionale del gruppo Progressive Street, diretta da Batsceba Hardy.
E' reperibile all'indirizzo https://www.progressive-street.com/carrasecare-and-other-portraits/ .

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Introduzione di Alberto Melis

In The Painted bird, uno dei romanzi più belli e terribili del ‘900, Jerzy Kosinski descrive in che modo il contadino Lekh dipingeva gli uccelli. Non riproducendo le loro forme e i loro colori sulla tela di un quadro, ma rendendo loro stessi, creature vive con un respiro e forse con un’anima, oggetti di un’arte tanto caduca quanto feroce.

Il contadino Lekh infatti, quando la condanna alla solitudine generava in lui una rabbia sorda e incontenibile, sceglieva uno degli uccelli che custodiva nelle gabbie, se lo legava a un polso e poi preparava maleodoranti vernici con cui dipingerli. Un giorno afferrò un grosso corvo e ne dipinse le ali di rosso, il petto di verde e la coda di blu. Quando uno stormo di corvi apparve sopra la sua capanna, Lekh liberò l’uccello dipinto. E come sempre succedeva quello spiccò in volo verso lo storno dei suoi simili, cercando di aprirsi un varco nella loro formazione, che però a ogni suo tentativo si rinserrava in un muro impenetrabile. Abbacinati dai suoi colori sgargianti, gli uccelli non riconoscevano il corvo dipinto come un loro simile e ben presto incominciò una battaglia disperata. L’intruso venne attaccato da ogni parte. Penne nere, rosse, verdi, blu caddero sui cespugli e sulle fronde degli alberi: “… i corvi erano presi in cielo da una follia sanguinaria e a un tratto l’uccello dipinto piombò su un campo arato. Era ancora vivo, schiudeva il becco e invano tentava di muovere le ali. Gli avevano strappato gli occhi a beccate e rosso sangue striava le piume dipinte”.

Il fatto che io abbia adottato un brano di The Painted bird per presentare questa raccolta di fotografie in bianco e nero, non sembri paradossale. La scelta della monocromia può rispondere infatti ad altre esigenze, oltre a quella puramente estetica. Così come Kosinski utilizza la metafora dei colori sgargianti per denunciare l’inganno dell’apparenza nei meccanismi psicologici che ci inducono a respingere chi percepiamo come diverso da noi, l’inversa sottrazione dei colori può aiutarci in qualche caso a definire la natura essenziale di una comune appartenenza.

Nel caso della prima parte di questo volume, intitolata Carrasecare e dedicata ai figuranti degli antichi carnevali agropastorali della Sardegna, la scelta della monocromia aderisce a una usanza che si tramanda da secoli, se non da millenni. Quella di dipingersi il viso col nerofumo ricavato dai tizzoni di un fuoco. Usanza che affonda le sue radici nei più antichi riti dionisiaci, e che anima nel medesimo quadro vivente uomini di ogni provenienza e classe sociale, accomunandoli in una sola identità e in un solo destino, dominato dalle leggi della natura.

Nella seconda parte di questo volume, intitolata Da un paese lontano e dedicata agli immigrati africani che cercano tra di noi una nuova esistenza, la scelta della monocromia ha un richiamo più diretto alla metafora di Kosinski, ma in modo capovolto. Perché l’intenzionale sottrazione di ogni colore, compreso quel nero assoluto che alberga nella storica accezione dispregiativa “nigger”, è un invito a una visione più corretta della realtà e delle sue infinite gradazioni di grigio. Senza le quali tutto sarebbe inganno, buio profondo o luce accecante, ovvero impedimento di cogliere nella loro essenzialità il mondo che ci circonda e la vera natura dei nostri simili. Esattamente come accade allo stormo di corvi di Kosinski, ingannati dai colori sgargianti dell’uccello dipinto.

Le foto della seconda parte del libro sono state scattate sia in Italia sia in altri Paesi europei.

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Introduction

In The Painted Bird, one of the most beautiful and terrible novels of the 20th century, Jerzy Kosinski describes how the farmer Lekh used to paint birds. Not by reproducing their shapes and colors on the canvas of a painting, but by making themselves, living creatures with a breath and perhaps with a soul, objects of an art as transient as it is cruel.

In fact, when the condemnation to solitude generated a dull and irrepressible anger in him, the farmer Lekh chose one of the birds he kept in the cages, tied it to his wrist and then prepared smelly paints with which to paint it. One day he seized a big raven and painted its wings red, its breast green, and its tail blue. When a flock of crows appeared above his hut, Lekh released the painted bird. And as it always happened, the painted raven flew towards the starling of its fellows, trying to break through their formation, but with each of its attempts the starling locked itself in an impenetrable wall. Dazzled by its dazzling colors, the birds did not recognize the painted raven as one of them, and soon a desperate battle began. The intruder was attacked from all sides. Black, red, green, blue feathers fell on the bushes and branches of the trees: "... The ravens were seized in the sky by a bloody madness, and suddenly the painted bird fell upon a ploughed field. It was still alive, opening its beak and trying in vain to move its wings. They had pecked out his eyes, and the painted feathers streaked blood red."

The fact that I have adopted a passage from The Painted Bird to present this collection of black and white photographs shouldn’t be considered paradoxical. In fact, the choice of monochrome can meet other needs, in addition to the purely aesthetic one. Just as Kosinski uses the metaphor of bright colors to denounce the deception of appearance in the psychological mechanisms that lead us to reject those we perceive as different from us, the removal of each color can help us in some cases to define the essential nature of a common belonging.

In the case of the first part of this volume, entitled Portraits in Black and dedicated to the figures of the ancient agro-pastoral carnivals of Sardinia, the choice of monochrome adheres to a custom that has been handed down for centuries, if not millennia. That of painting one's face with carbon black obtained from the embers of a fire. A custom that has its roots in the most ancient Dionysian rites, and that animates men and beasts in the same living picture, standardizing the former and the latter to a single identity and a single destiny, dominated for better or for worse by the laws of nature.

The second part of this volume, dedicated to African immigrants who are looking for a new life among us, the choice of monochrome has a more direct reference to Kosinski's metaphor, but in an upside-down way. Because the intentional subtraction of every color, including that absolute black that exists only in the historical derogatory meaning "nigger", is an invitation to a more correct vision of reality and its infinite shades of grey. Without them, everything would be deception, absolute darkness or blinding light, or an impediment to grasping the world around us and our fellow human beings in their essentiality.

Exactly as it happens to Kosinski's flock of crows, deceived by the bright colors of the painted bird.

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Postfazione di Batsceba Hardy, Editor-in-Chief & Pubblisher

Questo libro di Alberto M. Melis mostra essenzialmente una cosa: la squisita capacità del fotografo di ritrarre i volti delle persone. La capacità di sapersi muovere nelle situazioni come un invisibile osservatore e ancora di più come un cacciatore di anime.

Ecco perché la sua introduzione a questo progetto diventa fondamentale, perché proprio attraverso il bianco e nero si riesce sempre ad arrivare all'essenza. Non è un mero discorso contro l'uso del colore, che io come fotografa e sinestetica adoro, ma una riflessione su chi è arrivato alla fotografia nell'era analogica. Per i fotografi non professionisti lo sviluppo e la stampa delle proprie immagini erano quasi esclusivamente possibili in bianco e nero, perché realizzarle a colori era al di fuori delle nostre possibilità. Ecco che il mondo intorno a noi veniva trasformato in bianco e nero, ma senza perdere mai le sfumature che ogni colore diverso regala alle immagini. E mi azzardo a dire che chi ha iniziato a vedere in bianco e nero oggi ha una sensibilità maggiore al colore, all'uso delle luci e quando scatta, sa già cosa uscirà dalla fatidica conversione.

Melis, con le sue immagini pulite e incisive, mostra la realtà senza sfarzo e falso compiacimento. Nonostante sia stato uno scrittore, le immagini sono così forti che lascia a loro l'ultima parola.


 


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