Si chiamava
Friedrich
Hans Peter Richter
Piemme
(...) Il maestro
(...) La campanella della scuola suonò, e dopo l'ultimo squillo il maestro
Neudorf chiuse il libro e si alzò. Lentamente, con aria pensierosa, venne verso
di noi, schiarì la voce e disse:
- La lezione è finita. Ma restate ancora un po'; vorrei raccontarvi qualcosa.
Chi non ha voglia di ascoltare, però, può andarsene a casa. Ci guardammo l'un
l'altro con aria interrogativa, mentre il maestro andava verso la finestra,
dandoci le spalle. Tirò fuori la pipa dalla tasca della giacca e cominciò a
riempirla, guardando gli alberi nel cortile della scuola. Noi preparammo
rumorosamente le cartelle e gli zaini, ma nessuno lasciò la classe, e restammo
in attesa. Il maestro accese meticolosamente la sua pipa e, con evidente piacere,
mandò ampie boccate di fumo a infrangersi contro i vetri. Poi si voltò, diede
un'occhiata ai banchi e si accorse che erano ancora occupati.
Così ci fece un cenno con la testa, sorridendo.
Noi restammo in silenzio, con gli occhi puntati su di lui, mentre dal
pianerottolo veniva il rumore delle altri classi che uscivano. In una delle
ultime file qualcuno strisciava i piedi per terra. Il maestro andò verso la
prima fila e sedette su uno dei banchi
Aspirando dalla pipa, ci guardava uno per uno, soffiava il fumo sopra le nostre
teste, verso la finestra. Finalmente cominciò a parlare, con voce bassa e
tranquilla: - Avete sentito parlare molto degli ebrei, in questi ultimi tempi,
non è vero? Oggi voglio parlarvene anch'io.
Noi annuimmo e ci chinammo in avanti per ascoltare meglio. Alcuni appoggiarono
il mento sulle cartelle: non si sentiva un fiato. Il maestro Neudorf soffiò una
nuvola nera di fumo, verso il soffitto e ricominciò.
- Duemila anni fa gli ebrei vivevano nella terra che oggi si chiama Palestina e
che loro chiamano Israele. La regione era sotto il dominio dell'Impero Romano,
ma gli ebrei non volevano piegarsi agli stranieri e si ribellarono.I Romani
domarono la rivolta e nel 70 D. C. distrussero il tempio di Gerusalemme e
mandarono i ribelli in esilio, in Spagna o sul Reno. Una generazione dopo ci fu
un'insurrezione, e questa volta i romani rasero al suolo Gerusalemme: gli ebrei
dovettero fuggire, oppure furono cacciati e si sparpagliarono in tutti i paesi,
dove si guadagnarono stima e rispetto. E poi ci furono le Crociate. I musulmani
avevano conquistato la Terra Santa ed impedivano l'accesso ai luoghi sacri dei
cristiani. Schiere di predicatori chiesero la liberazione del Santo Sepolcro, e
migliaia di entusiasti si imbarcarono per la Palestina.
Ma ci fu chi disse: "Gli infedeli non vivono solo in Terra Santa, ce ne
sono anche in mezzo a noi!" Così cominciò la persecuzione degli Ebrei: chi
si rifiutava di farsi battezzare, veniva torturato oppure ucciso. Centinaia di
ebrei si tolsero la vita per sfuggire alla conversione forzata o al massacro.
Chi poteva fuggire, fuggì. E quando terminò la persecuzione, re e principi
impoveriti gettarono in prigione i loro sudditi ebrei e li fecero giustiziare
senza processo, per impadronirsi delle loro proprietà. Gli ebrei dovettero
fuggire di nuovo, stavolta verso est. Trovarono un nuovo rifugio in Polonia e
in Russia, ma nel secolo scorso cominciarono a torturarli e a perseguitarli
anche là. Chiunque fosse di religione ebraica doveva vivere in quartieri
chiusi, chiamati ghetti, e non gli era possibile recitare un mestiere
"rispettabile" (per esempio quello dell'artigiano) o possedere casa e
terra. Le uniche attività erano il commercio e "il prestito di
denaro".
Il maestro Neudorf mise la sua pipa ormai spenta nella scanalatura per le
penne, e senza parlare scese dal banco e si mise a passeggiare per la classe;
prima di riprendere il racconto, si pulì gli occhiali.
- Il vecchio testamento dei cristiani è anche la Sacra Scrittura degli Ebrei,
che chiamano Thorà, ossia "dottrina". In questo libro è scritto quel
che Dio ha detto a Mosè, e in un'altra opera importante, il Talmud (che vuol
dire "insegnamento"), gli Ebrei hanno stabilito in che modo bisogna
interpretare la Thorà. Gli Ebrei molto osservanti seguono quelle regole ancora
oggi, ma non è facile! Esse vietano, per esempio, di accendere il fuoco il
sabato, o di mangiare carni di animali impuri, come il maiale. Nella Thorà è
predetto il destino degli Ebrei: se infrangono i comandamenti di Dio, vengono
perseguitati e devono fuggire. Ma il popolo ebraico continua a sperare che il
Messia venga e lo riconduca alla Terra Promessa e lì fondi il suo Regno.
Convinti che Gesù non fosse il vero Messia, ma un impostore come tanti altri,
gli Ebrei lo hanno crocifisso. E molti cristiani che non sono riusciti a
perdonare, sono pronti a credere le cose più insensate sul conto degli Ebrei.
Alcuni non vedono l'ora di perseguitarli come un tempo. Per costoro, gli Ebrei
rimangono stranieri, estranei di cui diffidare, ma è solo perché non li conoscono,
che pensano tante cose cattive sul loro conto.
Noi eravamo attentissimi, e il silenzio era tale che si sentivano scricchiolare
le suole delle scarpe del maestro. Tutti lo guardavano; solo Friedrich si
guardava le mani.
- Così gli Ebrei sono costretti a vivere nel continuo terrore di essere
tormentati e perseguitati, (...) e di dover fuggire dalle loro case
abbandonando tutto ciò che possiedono, o comprandosi col denaro la libertà e la
vita... C'è una cosa che perfino i nemici degli ebrei devono riconoscere: sono
un popolo forte! Come avrebbero fatto, altrimenti, a sopravvivere a duemila
anni di persecuzioni?
Se oggi o domani vi capiterà di veder disprezzare gli ebrei, ricordate: sono
prima di tutto uomini, uomini come noi!
Senza guardarci, il maestro Neudorf prese di nuovo la pipa, la vuotò dalla
cenere e la riempì di tabacco rimasto. Dopo qualche boccata, domandò:
- Allora volete sapere perché vi ho raccontato tutto questo? -. Sedette accanto
a Friedrich e gli mise una mano sulla spalla. - Uno di voi ci lascia. Friedrich
Schneider non può più frequentare la nostra scuola; è ebreo, e d'ora in poi
andrà in una scuola ebraica. Questa non è una punizione, ma solo un
cambiamento. Io spero che voi lo comprendiate e restiate suoi amici, come me,
anche se non sarà più nella mia classe. Può darsi che presto Friedrich abbia
bisogno di veri amici.
Il maestro prese Friedrich per le spalle e gli sollevò il viso, costringendo a
guardarlo.
- Ti auguro ogni bene, Friedrich! - disse il maestro - e arrivederci!
Friedrich chinò la testa e a bassa voce rispose: - Arrivederci!
Il maestro si diresse verso la cattedra a passo svelto, poi, rivolto alla
classe, alzò il braccio destro con la mano aperta all'altezza degli occhi e
salutò: - Heil Hitler!
Noi ci alzammo e lo salutammo nello stesso modo. (...)
(...) Il professore di
educazione fisica
Il nostro insegnante di educazione fisica si chiamava Schuster. Era anche capo
delle SA e nella guerra del 1914-18 era stato capitano.
Tutti quelli che lo conoscevano temevano la sua severità.
Quando qualcuno non gli ubbidiva o si cambiava troppo lentamente, gli faceva
fare delle flessioni finché non cadeva a terra stremato.
Noi scolari cercavamo di evitarlo in tutti i modi. L'educazione fisica secondo
il signor Schuster, consisteva soprattutto nella marcia: marcia veloce, marcia
con equipaggiamento, e così via. Un giorno arrivò in classe prima della lezione
(aveva due ore di seguito) e annunciò:
- Oggi l'intervallo non si fa! Avrete modo di prendere abbastanza aria buona,
visto che vi porto a fare una marcia forzata.
I nostri visi si allungarono, ma nessuno osò fiatare; nemmeno Karl Meisen, che
l'ultima volta, durante l'ora di educazione fisica, si era slogato un piede.
- Vuotate gli zaini e le cartelle! - ordinò l'insegnante. - Libri e quaderni
lasciateli sotto al banco!
Ubbidienti, mettemmo a posto le nostre cose, come ci era stato ordinato.
- In riga nel cortile della scuola, il capofila a tre passi dal castagno.
Prendere cartelle e zaini! Marsch, marsch!
Prendemmo cartelle e zaini e scendemmo le scale di corsa. Ma il signor Schuster
ci aveva preceduto.
- In fila, ho detto! - gridò. - Il che significa "Stare fermi!".
Respirò profondamente:
- Tutti al muro, marsch, marsch!
Ci precipitammo verso il muro, ma ancora prima di raggiungerlo l'ordine
"Attenti!!" ci paralizzò. Ci toccò rimetterci in riga e correre
ancora verso il muro, poi in fila, raggiungemmo l'entrata della palestra. Là
c'era un mucchio di pezzi di mattoni, abbandonati da qualche impresa edile, e
il professore Schuster li usò per riempire i nostri zaini.
- La mia cartella è più grande di quella degli altri - fece notare Franz
Schulten. Poi, quando Schuster ci mise dentro tre pezzi di mattone, si lamentò:
- Gli altri ne hanno avuto solo due.
Per tutta risposta, il professore ne aggiunse un quarto.
Mentre i possessori di cartelle di solito guardavano con disprezzo quelli con
lo zaino, ora, invece, invidiavano chi poteva portarselo sulle spalle. In
colonna, ci mettemmo in marcia.
Quando marciavamo nei dintorni della scuola, dove i genitori potevano vederci,
il professor Schuster ci faceva cantare una canzone scelta da lui: "Siehst
du im Osten"
Il popolo è stato imbrogliato
per troppi, troppi anni.
Ebrei e traditori hanno imposto
i loro infami inganni.
Ma giunse infine un uomo
che cancellò l'infamia:
fede e speranza diede
a tutta la Germania
Popolo, in armi!
Popolo, in armi!
La canzone finì di toglierci
quel po' di fiato che ci era rimasto, ma ci fu ordinato di marciare più in
fretta, e in questo modo attraversammo mezza città. Dopo un'ora e un quarto,
ansimanti e sfiniti, ci trascinammo verso la scuola. La maniglia della cartella
di Franz Schulten si era rotta, e lui se l'era caricata sulle spalle. La sua
giacca era zuppa di sudore. Karl Meisen, con il suo piede slogato, era rimasto
per strada, in lacrime. Noi riuscivamo a malapena a camminare. Soltanto il
professor Schuster avanzava agile ed eretto, e sogghignava quando vedeva uno di
noi zoppicare.
Ad un certo punto incrociammo un'altra classe.
Tra i ragazzi c'era Friedrich, e capimmo che dovevano essere alunni della
scuola ebraica. Anche Schuster aveva adocchiato Friedrich.
- Ragazzi! - disse, risoluto. - Dobbiamo far vedere a quelli là chi sono i
Giovani Tedeschi, e che cosa sono capaci di fare. Non vorrete fare una
figuraccia di fronte a questi ebrei incapaci. Esigo un comportamento adeguato.
Chiaro?
Passò accanto alla colonna e rimise in fila quelli che non ne potevano più. E
mentre ci sforzavamo di fare appello alle nostre ultime forze, Schuster ci
ordinò di cantare una canzone. Con occhi fissi davanti a noi, carichi di
mattoni ma eretti, passammo davanti alla classe dei ragazzi ebrei, cantando a
squarciagola:
"L'ebreo va di qua e di
là
il Mar Rosso attraverserà:
se le onde si chiuderanno,
il mondo è libero da ogni affanno." (...)
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