Scuola
normale femminile Matilde Serao
(...) La Pessenda, non potendo
aspettare il concorso ha subito accettato il posto di maestra rurale, comune di
Olevano, nel Cilento, con cinquecento franchi l’anno di retribuzione. Nel grave
freddo di due anni fa, non aveva potuto ottenere una indennità per il fuoco in
casa dopo aver invano scritto più volte all’ispettore scolastico e al
provveditore per qualche sussidio, la vecchia madre le si è ammalata di
bronchite, e le è morta. Nell’anno seguente, il comune di Olevano, aveva dovuto
sopportare qualche spesa maggiore nel bilancio, ha diminuito di cento lire la
retribuzione della maestra elementare; la Pessenda è rimasta, contentandosi di
quello, in mancanza di meglio, visto che non vacavano altri posti di maestra
rurale e che i concorsi in città si facevano sempre più difficili. Nell’estate
ultima, la Pessenda non ha usufruito delle vacanze, non avendo forse mezzi per
recarsi in Piemonte; nell’agosto è stata presa dal tifo petecchiale, che è
stato malcurato dal medico condotto essendosi nel paese diffusa la voce che la
sua malattia era contagiosa, ella è stata abbandonata da tutti, anche dalla
contadina che veniva a fare i grossi servizi; quindi non si può bene accertare
il giorno della sua morte, avendola poi ritrovata quasi nera, sul letto, in una
stanza senza mobilio, con le finestre aperte e un lume spento, per terra, in un
angolo.(...) Cleofe Santaniello ha fatto
il concorso, è riuscita fra le ultime e fa la maestra nella scuola elementare
di Montecalvario, nella prima classe inferiore. Ella è senza forza morale,
senza nessuna energia, le sue alunne la fanno dannare e la fanno sempre
sfigurare agli esami: di più, è sempre malaticcia, manca spesso, nell’inverno.
Un giorno ha avuto un deliquio in classe. La direttrice della sua scuola e i
suoi superiori sono mal contenti di lei, hanno dovuto darle un’aiutante per un
mese, a sue spese. È sopportata per la sua dolcezza e per la miseria in cui
versa. (...) .... Lidia Santaniello non ha
fatto il concorso essendo malata di bronchite. Guaritasi, le hanno concesso il
posto di maestra d’asilo, nel quartiere Mercato, con l’annua retribuzione di
lire seicento. Le alunne e gli alunni erano centotrentaquattro: ella ha chiesto
invano un aiuto nella sua sezione, non potendo reggere a quella immensa fatica.
La continua vociferazione, il dover insegnare le canzoncine a
centotrentaquattro piccini cantando ella stessa, il dover loro insegnare la
ginnastica, gesticolando, battendo i piedi in terra, battendo palma a palma, il
doverli condurre in ricreazione in un grande cortile umido, girando per un’ora intorno
a un pozzo hanno finito di demolire una salute già minata. Ella ha continuato
ad andare in iscuola malgrado la sua infermità, non avendo il coraggio di
abbandonare le creaturine che amava moltissimo, contentandosi di insegnar loro
a voce fiochissima, senza potersi levare dal suo posto, le brevi canzoni
infantili: e spesso i piccini e le piccine sono stati quieti tutta una
giornata, solo perchè la loro maestra li aveva pregati di star tranquilli,
sentendosi molto male, poichè quelle creaturine l’amavano moltissimo. Quando si
è dovuta mettere a letto, non potendone più, alla sua povera casa è stato un
viavai di bimbi e di bimbe che venivano zitti zitti, a visitare la maestra,
ella, non potendo parlar loro, perchè questo la stancava, li faceva sedere attorno
al suo letto e li guardava sorridendo, essi tacevano per non disturbarla.
Quando è morta, sei mesi fa, il municipio ha fatto le spese delle esequie: i
bimbi si sono quotati d’un soldo, per portarle dei fiori e hanno seguito tutti
il feretro, due per due tenendosi per mano, come quando essa li conduceva in
ricreazione attorno al pozzo; e hanno cantato le canzoncine che ella aveva loro
insegnato con la sua voce consumata. ….. La Dedonato, non
arrischiandosi a fare il concorso è andata a dirigere la scuola elementare di
Avellino; dà qualche lezione di canto, alle ragazze più agiate del paese, e
canta ella stessa le romanze di Tito Mattei: non tornò e non è vero, alla
filarmonica avellinese. ….. Carmela Fiorillo non ha
fatto il concorso, è stata per un anno maestra rurale a Gragnano, ma essendosi
innamorato di lei il figliuolo di un ricco fabbricante di paste ha dovuto
partire dal paese e recarsi a far la maestra in un villaggio dell’Alta Savoia,
con la retribuzione di 400 lire annue. Non essendovi casa nel villaggio dove
era la scuola, ella abitava al villaggio vicino, e doveva far quattro miglia
ogni mattina e ogni sera per andare e venire. Nell’ultimo inverno, un giorno,
verso le tre, ritornandosene a casa, è stata sorpresa da una tempesta di neve:
e sia il freddo, sia la stanchezza, sia il difetto di cibo, perchè non aveva
mangiato dal giorno prima, ella è caduta sulla via e si è lasciata morire, per
debolezza, per assideramento: gli alpigiani l’hanno raccolta due giorni dopo.
Il municipio le ha decretata una piccola lapide di marmo, visto il suo zelo e
l’amore alle sue umili fatiche. ….. Giustina Marangio ha
fatto il concorso, è riuscita una delle prime, insegna nella scuola elementare
del quartiere Chiaia, nella terza classe, e ha ottenuto finanche che la
direttrice della scuola fosse traslocata a Portici, assumendo lei la direzione,
con una indennità. È lei che inventò un nuovo metodo di punizione delle
bambine: metter loro sul capo lo strofinaccio sudicio d’inchiostro, di polvere
di gesso, con cui si puliscono i banchi o le lavagne. Ed è anche lei che ha
inventato un nuovo metodo, per non fare tardare le alunne, alla scuola: si
mette alla porta, con l’orologio in mano, e a chiunque arriva dopo le otto,
sequestra la colazione implacabilmente. Molte bimbe hanno disertato dopo
questo. |