L'idiota
Fëdor Dostoevskij ________________________ «
«Ecco, voi tutte adesso» cominciò il principe, «mi guardate
con tale curiosità, che, se io non la soddisfacessi, forse vi arrabbiereste con
me. No, scherzo» aggiunse subito con un sorriso, «laggiù, laggiù non c'erano
che bambini e io stavo tutto il tempo coi bambini, soltanto con loro. Erano i
bambini del villaggio, tutta una banda che frequentava la scuola. Io non era
che insegnassi loro, no, per questo c'era il maestro di scuola Jules Thibault;
io forse insegnavo anche, ma soprattutto stavo con loro, e i miei quattro anni
trascorsero tutti così. Non avevo bisogno di nient'altro. Dicevo loro tutto,
senza nascondere nulla. I loro padri e i parenti se la presero con me perché i
bambini, alla fine, non riuscivano più a fare a meno di me, e mi stavano sempre
intorno e il maestro di scuola finì per diventare il mio nemico numero uno.
Laggiù mi feci molti nemici, e tutto a causa dei bambini. Perfino Schneider mi
rimproverava. E di che cosa poi avevano tanto timore? Ad un bambino si può dire
tutto, tutto. Mi ha sempre colpito il pensiero di quanto poco i grandi
conoscano i bambini, i padri e le madri conoscono poco addirittura i propri
figli. Ai bambini non bisogna nascondere nulla, col pretesto che sono piccoli,
e che per loro è troppo presto sapere. Che idea triste e disgraziata! I bambini
poi si accorgono benissimo che i loro padri li ritengono troppo piccoli e
credono che non capiscano nulla, mentre loro invece capiscono tutto alla
perfezione. I grandi non sanno che un bambino può dare un consiglio
straordinariamente importante anche nelle questioni di maggior merito. Oh mio
Dio! Quando uno di quei graziosi uccellini ti guarda, pieno di fiducia e di
felicità, dovresti aver vergogna di ingannarlo! Io li chiamo uccellini proprio
perché al mondo non c'è nulla che sia migliore di un uccellino. Del resto, nel
villaggio tutti se la presero con me soprattutto per un certo incidente...
mentre Thibault mi invidiava e basta; all'inizio continuava a scuotere la testa
e a meravigliarsi che i bambini con me capissero tutto, mentre con lui non
capivano quasi nulla, poi prese a burlarsi di me quando gli dissi che noi due
non insegnavamo loro nulla, anzi erano loro che insegnavano a noi. Ma come
poteva invidiarmi e calunniarmi, quando egli stesso viveva con i bambini?
Attraverso i bambini l'anima guarisce... Nella casa di salute di Schneider
c'era un malato, un uomo molto infelice. Era un'infelicità così terribile, che
assai difficilmente ce ne può essere una uguale. Era in cura per alienazione
mentale, ma secondo me non era alienato, solo che soffriva terribilmente, e
questa era tutta la sua malattia. E se sapeste, cosa finirono per diventare per
lui i nostri bambini... Ma di questo malato è meglio che vi racconti un'altra
volta. Adesso vi voglio raccontare come tutto questo ha avuto inizio. I bambini
all'inizio non mi volevano bene. Ero così grande, e sono sempre tanto
impacciato; e so anche che sono brutto... e infine ero uno straniero. I bambini
all'inizio ridevano di me, e poi cominciarono a gettarmi persino delle pietre,
quando videro che baciavo Marie. Però l'avevo baciata solo una volta in
tutto... No, non ridete» si affrettò a dire il principe per fermare la risatina
delle sue ascoltatrici, «qui non si trattava affatto d'amore. Se sapeste che
creatura infelice era quella, anche voi ne avreste una grandissima compassione,
come me. Era del nostro villaggio. Sua madre era una vecchia, e nella loro
piccola e decrepita casupola con due finestre, con il permesso delle autorità
del villaggio una delle finestre era stata separata con un tramezzo, e
attraverso questa finestra le era stato permesso di vendere lacci, fili,
tabacco, sapone, tutto per pochi spiccioli, con cui ella si sostentava. Era
malata, con le gambe tutte gonfie, e perciò stava sempre seduta. Marie era sua
figlia, aveva circa vent'anni, era debole e magrolina; era un pezzo che aveva
la tisi, ma continuava ad andare per le case a fare lavori pesanti a giornata:
lavava i pavimenti, la biancheria, scopava i cortili, accudiva il bestiame. Un
francese, un commesso viaggiatore di passaggio, l'aveva sedotta e portata via
con sé, ma dopo una settimana l'aveva abbandonata sola sulla strada, e se n'era
andato alla chetichella. Lei se n'era tornata a casa chiedendo l'elemosina,
tutta sporca e lacera, con le scarpe a pezzi. Aveva camminato a piedi per tutta
la settimana, trascorrendo la notte nei campi, e aveva preso molto freddo.
Aveva i piedi feriti, le mani gonfie e screpolate; del resto nemmeno prima era
stata bella, solo gli occhi erano dolci, buoni, ingenui. Era tremendamente
taciturna. Una volta, ancora prima, s'era messa a cantare d'improvviso, durante
il lavoro, e ricordo che tutti s'erano meravigliati e s'erano messi a ridere:
"Marie s'è messa a cantare. Com'è possibile? Marie s'è messa a
cantare!". Era rimasta terribilmente confusa, e poi stette zitta per
sempre. A quel tempo la trattavano ancora con gentilezza, ma quando tornò
malata e straziata nessuno ebbe minimamente pietà di lei. Come è crudele la
gente in casi simili! Che convinzioni rigide hanno a questo proposito! La madre
per prima l'accolse con cattiveria e disprezzo: "Adesso ormai mi hai
disonorata!". Fu la prima a svergognarla. Quando nel villaggio udirono che
Marie era tornata, tutti corsero a vederla, e quasi tutti si precipitarono alla
casetta della vecchia: vecchi, bambini, donne, ragazze, tutti in folla,
impazienti e avidi. Marie giaceva sul pavimento ai piedi della vecchia,
affamata, lacera e piangente. Quando tutti accorsero, si coprì coi capelli
scarmigliati e si strinse bocconi sul pavimento. Tutti lì intorno la guardavano
come un essere immondo. I vecchi la giudicavano e la condannavano, i giovani
ridevano addirittura di lei, le donne la biasimavano, la giudicavano, la
guardavano con ribrezzo, quasi fosse un ragno. La madre permetteva tutto, lei
stessa stava lì e faceva dei cenni col capo approvando. A quel tempo la madre
era già molto malata, quasi morente. Infatti morì di lì a due mesi. Sapeva che
stava morendo, tuttavia non pensò di riconciliarsi con la figlia fino alla
morte, anzi, non le rivolgeva la parola, la cacciava a dormire nell'ingresso,
davanti alla porta, quasi non le dava da mangiare. Doveva necessariamente
mettere spesso i piedi malati nell'acqua tiepida. Marie ogni giorno le lavava i
piedi e l'accudiva, ma la vecchia accoglieva tutti quei servizi in silenzio,
senza mai dirle una parola buona. Marie sopportava tutto, e dopo, quando l'ebbi
conosciuta, notai che lei stessa approvava tutto ciò, e si considerava l'ultima
delle creature. Quando la madre si mise a letto per sempre, vennero ad
assisterla le vecchie del villaggio, a turno, così come si usa fare da quelle
parti. Allora cessarono completamente di dar da mangiare a Marie. Nel villaggio
tutti la cacciavano via, anzi nessuno voleva più darle lavoro come un tempo.
Era come se tutti le sputassero addosso, e gli uomini avevano persino smesso di
considerarla una donna, e non facevano altro che dirle volgarità. A volte,
molto raramente, quando gli ubriaconi prendevano una sbornia alla domenica, per
ridere le buttavano qualche monetina, così, direttamente in terra. Marie le
raccoglieva in silenzio. A quel tempo aveva già cominciato a sputar sangue.
Alla fine i suoi cenci erano tanto sbrindellati che si vergognava a mostrarsi
al villaggio. Da quando era tornata, ormai andava a piedi nudi. Successe che i
bambini in particolare, c'era tutta una banda di una quarantina di scolari,
presero a molestarla e persino a gettarle del fango. Lei chiese a un mandriano
di farle custodire le mucche, ma il mandriano la cacciò via. Allora, anche
senza permesso, cominciò a uscire tutto il giorno con l'armento. Siccome era di
grande utilità al mandriano, ed egli se n'era accorto, non la mandava più via,
e talvolta le dava persino i resti del suo desinare, formaggio e pane, e lo
considerava un atto di estrema bontà da parte sua. Quando la madre morì, il
pastore non ebbe vergogna di infangare Marie, in chiesa, davanti a tutti. Marie
stava dietro alla bara così com'era, vestita di stracci, e piangeva. S'era
raccolta molta gente per vederla piangere dietro la bara della madre, e allora
il pastore, un uomo ancora giovane, la cui unica ambizione era diventare un
gran predicatore, si rivolse a tutti indicando Marie: "Ecco chi è stata la
causa della morte di questa donna onorata!". (E non era vero, perché la
vecchia era malata già da due anni). "Eccola qui davanti a voi, che non ha
il coraggio di guardare, perché è segnata dal dito di Dio. Eccola, scalza e
cenciosa, esempio per coloro che perdono la virtù! E chi è? È sua figlia!"
E via di questo passo. Immaginatevi che questa bassezza piacque quasi a tutti,
ma... a questo punto successe un fatto particolare, a questo punto intervennero
i bambini, perché ormai erano tutti dalla mia parte, e avevano cominciato ad
amare Marie. Ecco come era successo. Io volevo fare qualcosa per aiutare Marie.
Era assolutamente necessario darle dei soldi, ma a quel tempo io non avevo
neanche una copeca. Avevo però una piccola spilla di brillanti, e la vendetti a
un rigattiere che girava per i villaggi facendo commercio di abiti usati. Mi
dette otto franchi, anche se ne valeva almeno quaranta. Per molto tempo cercai
di incontrare Marie da solo, e alla fine riuscimmo ad incontrarci fuori del
villaggio, accanto a una siepe, su un viottolo secondario che saliva verso la
montagna, dietro un albero. Le detti gli otto franchi e le dissi di
risparmiarli il più possibile, perché non ne avrei avuti più. Poi le detti un
bacio e le dissi che non doveva pensare che io avessi qualche cattiva
intenzione, che la baciavo non perché fossi innamorato di lei, ma perché mi
faceva tanta compassione, e fin dall'inizio non l'avevo affatto ritenuto
colpevole, ma solo disgraziata. Avevo un gran desiderio di consolarla, e di
convincerla che non doveva abbassarsi così davanti a tutti, ma mi parve che non
capisse. Lo notai subito, anche se lei tacque quasi tutto il tempo, ritta
davanti a me, con gli occhi bassi, vergognandosi terribilmente. Quand'ebbi
finito mi baciò la mano, e io le presi subito la sua, e avrei voluto baciarla,
ma lei la ritirò in fretta. In quel momento, i bimbi ci scorsero d'improvviso,
ed erano un'intera folla. Io poi venni a sapere che mi spiavano da un pezzo.
Cominciarono a fischiare, a batter le mani e a ridere, e Marie si diede alla
fuga. Io avrei voluto parlare, ma presero a tirarmi dei sassi. Quello stesso
giorno lo vennero a sapere tutti, tutto il villaggio. La colpa ricadde
nuovamente su Marie, e il disamore nei suoi confronti divenne ancor più grande.
Sentii dire persino che volevano punirla, ma, grazie a Dio, la cosa passò così.
Però i bambini non la lasciarono più in pace, si facevano beffe di lei ancor
più di prima, le gettavano il fango addosso, la rincorrevano, e lei scappava
via, ma col suo petto debole si sentiva soffocare, e loro le correvano dietro
gridando e ingiuriandola. |