Il Re dei Bambini
Acheng
La mattina dopo a lezione capitò che ci fosse proprio un
tema. Ridendo i ragazzi dissero che l’argomento sarebbe stato di sicuro il film
che avevano visto la sera prima.
— Il film di ieri sera? — dissi. — Se ne è discusso per anni
sui giornali, che bisogno c’è che ne scriviate anche voi? Avete già scritto su
parecchie cose, cose che avete visto con i vostri occhi. Oggi scriverete un
tema su una persona che conoscete bene. Le persone sono cose in movimento, è
difficile descriverle. Provate. Dovrete dire qualcosa in più di quello che
avete scritto finora. Che cosa? Vedete voi, dopo discuteremo di questo qualcosa
in più.
La capoclasse disse: — Io descriverò il cuoco della nostra
brigata.
— Va bene — dissi.
Un altro disse che avrebbe scritto di me. Io risi e dissi: —
Pensate di conoscermi bene? È da poco più di un mese che siamo insieme, non
credo che voi sappiate se quando dormo russo.
I ragazzi scoppiarono a ridere, io continuai: — Fate come
volete, anch’io posso fare da bersaglio vivente.
I ragazzi si concentrarono a scrivere. Ad un tratto mi venne
in mente la questione della canzone e camminando lentamente per la classe
dissi: — Rimanete un attimo dopo la lezione. Ho una bella canzone da
insegnarvi.
I ragazzi smisero di scrivere, incuriositi. Dissi loro di
pensare a scrivere il tema e che ne avremmo riparlato nel pomeriggio.
Il sole era ormai alto e lo spiazzo deserto brillava di luce.
Ero molto contento, e in piedi nel vano della porta guardavo fuori. In
lontananza vidi Lao Chen che attraversava lo spiazzo insieme a uno sconosciuto.
A un tratto si fermarono, Lao Chen indicò nella mia direzione, e anche l’altro
guardò verso di me, poi entrò con
Lao Chen nell’ufficio dell’amministrazione. Pensai che fosse
un amico di Lao Chen, venuto a trovarlo, cui lui facesse visitare la scuola.
Sullo spiazzo erano tornati a passeggiare maiali e galline, che di tanto in
tanto lasciavano cadere i loro escrementi e poi andavano a frugare gli uni
negli escrementi degli altri. Nel mio intimo mi rallegravo di essere nato uomo.
Fossi stato un animale, mi sarei vergognato di venir guardato a quel modo dagli
umani.
Fu di nuovo Wang Fu a consegnare per primo. Presi il tema,
cominciai a leggere lentamente e trasalii. Sul foglio c’era scritto:
"Mio padre
Mio padre è l’uomo più forte del mondo. Nella nostra brigata
nessuno regge il confronto con lui quando si devono trasportare i sacchi. Mio
padre è anche l’uomo che mangia di più al mondo. Mia madre gli dà da mangiare
tutto il cibo che abbiamo finché è sazio. Questo è molto giusto, perché mio
padre deve lavorare per
mantenere tutta la famiglia. Mio padre però dice: «Io non
sono forte come Wang Fu, perché lui sta imparando a leggere e a scrivere». Mio
padre non può parlare, ma io capisco quello che vuole dire. Nella brigata c’è
gente che lo maltratta, io me ne rendo
conto. Per questo voglio studiare, per poter parlare per lui.
Mio padre è un grande lavoratore. Oggi era malato, ma poi si è alzato ed è
voluto andare lo stesso a lavorare per non perdere un giorno di salario. Io
devo andare a scuola, ancora non posso sostituirlo.
Stamattina, quando è sorto il sole bianco, mio padre è andato
in montagna, entrando nel sole bianco. Mio padre è forte, pensavo."
Rimasi a lungo immobile, poi posai sul tavolo il foglio di
Wang Fu e guardai verso di lui. Stava scrivendo qualcosa a capo chino, forse i
compiti di un’altra materia.
Aveva delle ciocche di capelli più chiari e al centro un
ricciolo che puntava nella mia direzione. Lentamente guardai fuori, il terreno
era così caldo che attraverso il vapore che emanava sembrava vibrare
leggermente. A un tratto mi sentii pizzicare gli occhi,
stropicciandoli pensai: sarò capace di insegnargli quel
qualcosa in più? Finalmente la lezione ebbe termine. Raccolti i temi, stavo per
rientrare in camera mia, poi ci ripensai e mi diressi invece in
amministrazione. Quando entrai, vidi Lao Chen e lo sconosciuto seduti uno di
fronte all’altro.
Lao Chen mi chiamò: — Vieni.
Io mi avvicinai e indicandomi l’altro Lao Chen disse: —
Questo è Wu, il segretario dell’ufficio per l’istruzione dell’azienda centrale.
Ti deve parlare.
Io lo guardai, e lui guardò me, fece cadere il lungo segmento
di cenere dalla sigaretta che aveva tra le dita e disse: — Hai fatto una
scommessa con gli alunni?
Non capii, ma feci cenno di sì con la testa.
— A che lezione sei arrivato? — chiese ancora il segretario.
— Faccio lezione, ma non seguo il libro di testo — dissi.
— Perché? — chiese ancora lui.
Io ci pensai su, poi risposi: — Non serve.
Il segretario Wu guardò Lao Chen e disse: — Diglielo tu.
E Lao Chen subito: — No, diglielo tu.
Il segretario: — È così chiaro. Di’ tu.
Senza guardarmi Lao Chen disse: — L’idea dell’azienda
centrale è che tu torni a temprarti ancora un po’. L’idea dell’azienda
periferica è che scelga tu stesso una brigata di produzione, nel caso in cui tu
non voglia tornare in quella dov’eri prima. Non c’è bisogno che tu faccia in
fretta, passa pure con calma le consegne, riposati, rifletti. La mia idea è che
tu vada alla terza brigata.
Capii subito che la questione era molto semplice, ma feci
finta di riflettere qualche istante e poi dissi: — Qualunque brigata va bene,
il lavoro è sempre lo stesso. Non c’è bisogno che rifletta. Il testo non l’ho
seguito, quindi non ho consegne da passare. Vado via subito. Un’unica cosa,
vorrei portare con me i temi che i ragazzi hanno fatto oggi, se non vi crea
problemi.
Lao Chen e il segretario mi guardavano. Restituii il libro di
testo a Lao Chen. Il segretario Wu esitò un attimo quindi mi diede una
sigaretta, io sorrisi e dissi: — Non fumo.
Il segretario se la mise sull’orecchio e disse: — Bene, io
rientro. Lao Chen spostava diligentemente i quaderni da una parte all’altra del
tavolo, senza dire una parola.
Uscii dall’ufficio, il sole si era fatto pungente. Lanciai
uno sguardo verso l’aula della terza, dentro era buio pesto. Pensai di tornare
per prima cosa alla mia brigata e decisi di partire subito, col sole ancora
alto.
Il mattino dopo tornai di buon’ora per fare i bagagli.
Lasciai il graticcio di bambù sul letto. Fendendo la nebbia seguii il sentiero
di montagna con i bagagli sulle spalle diretto alla terza brigata. Il sole era
ancora un disco bianco. Dopo un po’ che camminavo, mi fermai di colpo, tirai
fuori dalla sacca il dizionario, lo aprii e viscrissi: «A Wang Fu. Lai Di». Guardai quello che avevo
scritto e poi aggiunsi di seguito il mio nome. Ripresi lentamente il cammino e
senza accorgermene cominciai a sentirmi via via più rilassato.
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