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Lunario dei giorni di scuola


Prima settimana
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n angelo      Un maestro si mette in testa di diventare un angelo

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La pecora nera

Israel Joshua Singer


(...) Reb Mikhl David era un omino con una rada barbetta bionda, così vivace che non stava mai fermo un momento. Mentre insegnava gli piaceva intagliare con un coltellino. Creava tabacchiere di corteccia, che poi regalava a qualche vecchio ebreo, grande consumatore di tabacco da fiuto; oppure delle scatole di legno per i cedri di Sukkot. Aveva mani d’oro per qualsiasi cosa. Era in grado di riparare un orologio, aggiustare una catenella, plasmare con l’argilla i pezzi degli scacchi per i ragazzi. Amava particolarmente intagliare i bocchini per le sigarette che si arrotolava in continuazione. Le sue dita erano gialle di nicotina. Per noi costruiva lanternine colorate con le quali tornavamo a casa da scuola nelle sere d’inverno. Ci insegnava la Torah con una melodia allegra, spesso schioccando le dita per pura gioia.Le padrone di casa presso le quali andava a mangiare lo adoravano perché gli piaceva tutto, apprezzava senza riserve ogni singolo piatto. I hassidim lo portavano in palmo di mano per come sapeva raccontare fantastiche storie di zaddikin e rabbini miracolosi. Durante cene e festività era lui a tenere banco. (…) 
Anche a noi bambini raccontava una quantità di storie, le più mirabolanti vicende di santi maestri, esperti dei nomi divini e dotati di poteri sovrannaturali, che erano in grado di percorrere distanze enormi in un batter d’occhio, di vedere, senza essere visti e altre simili arti. Costoro dovevano sempre lottare contro maghi e preti che si presentavano in forma di lupi mannari e cercavano di fare del male agli ebrei. Ma gli zaddikim li sconfiggevano facendo cerchi magici o recitando santi nomi. Andavamo matti per quelle storie. Anche di sabato ci faceva lezione per un’ora o due, ma i suoi insegnamenti erano un piacere. (…) Era una gioia studiare con reb Mikhl David. Ma la gioia non durò a lungo. Con l’avvicinarsi di Purim il maestro mise del tutto da parte il Talmud per prepararsi alla lieta festività. Cominciò col tracciare sulla parete orientale della sinagoga grandi lettere e disegni con un moccolo di candela. In principio non riuscivamo a vedere cosa aveva disegnato perché la cera non era visibile sulla parete bianca, ma poi il maestro immerse uno straccio nella cenere della stufa, ripassò le linee che aveva tracciato, e le linee e i disegni divennero subito neri e visibili. Così potemmo leggere una grande scritta: “Quando inizia il mese di Adar e tempo di gioire”. Sotto la bella scritta in caratteri quadrati era disegnata una bottiglia di acquavite e due mani che brindavano. (…)
Nei due giorni di Purim e Purim Shushan, reb Mikhl mise il paese in completo subbuglio. Durante la lettura del libro di Ester in sinagoga riunì tutti i ragazzini, non solo i suoi allievi ma anche gli altri, e ogni volta che si menzionava il perfido Haman ci faceva segno di agitare le raganelle. Lui poi si era ritagliato la più grande, e oltre tutto pestava i piedi alla menzione non solo di Haman, ma anche a quello di sua moglie Zeresh e dei loro dieci figli. Vedere un uomo adulto scatenarsi con la raganella in sinagoga esaltò moltissimo noi bambini. (…) Dopo la lettura del libro di Ester reb Mikhl David si mise a girare da una casa all’altra per brindare. Il giorno di Purim Shishan radunò i hassidim per proseguire i festeggiamenti. Quelli ovviamente non se lo fecero ripetere due volte. Erano sempre felici di partecipare a una cena o una festa. Comprarono un barilotto di birra e bevvero tutto ciò che poterono. Sgraffignarono dalle cucine più fornite oche arrosto, pesce marinato, dolci e e altri manicaretti. Poi andarono di casa in casa, e a ogni sosta mangiavano, bevevano e ballavano. (…) La gente del popolo, i misnagdim, guardavano di traverso tutta questa baldoria di hassidim, ma questi non si lasciavano intimorire, anzi per dispetto cantavano più forte e ballavano in modo ancora più sfrenato. Mikhl David danzava per le vie, non si stancava mai di bere, saltare, cantare e spassarsela. (...)




















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