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Lunario dei giorni di scuola: l'introduzione alla prima raccolta antologica



Nel 2001 insieme ai compagni e compagne di cattedra Fabio Corona, Maria Teresa Paribello e Maria Serri progettammo e portammo a termine con i nostri alunni
la costruzione di un ipertesto sulla figura degli e delle insegnanti (e per estensione a tutti gli uomini e donne di scuola) nella letteratura di ogni genere e di ogni Paese. Un lavoro che
portò  alla raccolta di numerosi brani (poi pubblicati in un Cd allegato alla rivista école di Milano). Questa è l'introduzione.

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"Avvertenza.
Coloro che cercheranno di trovare uno scopo in questa narrazione saranno processati;
coloro che cercheranno di trovarvi una morale saranno banditi;
coloro che cercheranno di trovarvi una trama saranno fucilati."

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Ebbene, sì. Lo confessiamo. Aprire questa introduzione con le stesse parole che Mark Twain pose in epigrafe a quello che ci piace considerare il suo più appassionato capolavoro (Le avventure di Huckleberry Finn) è prima di tutto un gesto di legittima difesa.
Nei confronti di chi? Innanzitutto di tutti coloro i quali - e nell'ambiente scolastico potremmo contarne a mucchi, a quintali, a mazzi e a bizzeffe - avrebbero il piacere di porci, in merito a questo ipertesto di circa 900 pagine, le seguenti domande:

1) Perché l'avete fatto?
2) Quale fine educativo volevate raggiungere?
3) Quali obiettivi didattici generali?
4) Quali obiettivi specifici?
5) Quale tipo di programmazione del lavoro avevate predisposto?
6) Quali verifiche in itinere avete strutturato ed eseguito?
7) Quali adeguamenti della programmazione?
8) Quali verifiche finali, di tipo individuale e collettivo?

E ancora:

9) Quanto peso ha avuto questo impegno, nell'orario curricolare?
10) Quale, in orario extracurricolare?
11) Vi sono state in esso convergenze di tipo multidisciplinare?
12) Quali strumenti e sussidi didattici avete utilizzato?
13) Quali interventi di specialisti esterni?

E per finire, ne siamo sicuri, non mancherebbe la fatidica domanda, quella da cento milioni di dollari:

14) Intendevate, con questo "progetto", promuovere "il piacere della lettura?"

 

Ahinoi, confessiamo spudoratamente che a tutto ciò (ce ne perdonino i mucchi i quintali i mazzi e le bizzeffe) abbiamo pensato assai poco. E che quando ci abbiamo pensato, memori di un antico proverbio ebraico, abbiamo fatto di tutto per impedire, peraltro senza troppa fatica e in massima allegria, che queste fastidiosissime domande ci facessero il nido sulla testa. Anche perché, pur coscienti che il Totem della Programmazione-Registrazione-Verifica ci avrebbe imposto rigidamente questo e ben altro ancora - come tutti i Totem la cui essenza si basa da una parte sull'imposizione fideistica e dall'altra sulla genuflessione acritica,- eravamo impegnati a fare altro. Cioè, insieme alle nostre bambine e ai nostri bambini, a leggere.

Non ce ne vogliano quindi i cultori delle Regole, se almeno in apertura di queste pagine, preferiamo evadere da tutto ciò che in altri ambiti della nostra professione avrà invece per noi un carattere, se non burocratico, se non proprio impositivo, almeno riflessivo.

Qui e ora insomma, vorremmo arrogarci il diritto di difendere a spada tratta una verità tanto piccola, quanto essenziale.
Che anche in questo anno scolastico che volge al termine, insieme ai nostri alunni, abbiamo semplicemente letto dei libri. A mucchi, a mazzi, a quintali e a bizzeffe. Senza mai stancarci e con l'identica passione con la quale il Maestro supplente Teddy Tedd di Silvio D'Arzo, distribuiva ai suoi ragazzi romanzi e avventure di ogni genere. E con la stessa ostinata refrattarietà nei confronti di qualsiasi Tobia Corcoran, altro personaggio di carta di Silvio D'Arzo, Direttore del Premiato Collegio Minerva, si ostini ancora a considerare gli unici libri davvero meritevoli di attenzione e sui quali fondare un corretto insegnamento "i tre libri di testo".

Detto questo, ciò da cui invece non vorremmo evadere, è il raccontarvi - "raccontare", sì, è verbo da Maestri - come è nata l'idea di questo viaggio nella narrativa di ogni Tempo e di ogni Paese. Galeotto, in questa avventura iniziata già lo scorso anno con la costruzione dell'ipertesto "C'è posto nell'Arca", è stato sicuramente l'incontro tra la passione per la lettura - e per passione si legga se si vuole anche "profonda convinzione" dell'inestimabile valore aggiunto della lettura nella crescita individuale di ciascun essere umano - e l'informatica. Con l'acquisizione sia di nuovi strumenti puramente tecnici, sia della consapevolezza che questi strumenti possono offrire, tra le altre cose, anche la possibilità di agire e interagire con le pagine scritte secondo criteri e finalità creative e ricreative, e nello specifico ludiche, immaginate e date, cioè possono offrire anche la possibilità di scegliere dei percorsi di "navigazione" e di lettura liberamente decisi in base all'interesse, al piacere e al divertimento.

In questo modo è nato il primo ipertesto già citato - 700 pagine dedicate alla presenza degli animali nella favolistica di ogni tempo e nella narrativa per ragazzi -; in questo modo è nato l'ipertesto Maestri, che altro non è se non un viaggio (certo non esaustivo e probabilmente appena abbozzato) alla ricerca, nella letteratura per ragazzi ma anche in quella "per adulti", delle figure emblematiche dei Maestri e delle Maestre "di scuola".
Se ciò, concretamente, ci ha permesso di dare un'altra spallata a quello che ormai consideriamo un luogo comune, quello della cosiddetta "promozione della lettura" - basta promuovere: cominciamo a leggere, ogni giorno per tutti i nostri giorni di scuola -, sincerità ci impone di affermare senza mezzi termini che nessuno di noi sapeva verso quali sponde questo viaggio ci avrebbe condotti, né quali e quanti "personaggi" avremo conosciuto in lidi lontani. In altre parole, ciò che ci siamo detti, noi e i nostri alunni, è stato, ancora una volta, "proviamo a cercare": leggiamo, mettiamo da parte le pagine che ci interessano, e vediamo cosa ne viene fuori.

Ciò che è venuto fuori, da tanti libri "attraversati", sono questi 150 brani: appartengono in parte alla narrativa "per ragazzi" (brani scovati e scelti dagli alunni) e in parte alla narrativa "per adulti" (brani questi che invece sono stati scovati dagli insegnanti, e anche da alcuni genitori contagiati dal nostro "infantile" entusiasmo). Brani tratti dalla letteratura contemporanea, ma anche da quella del Settecento e dell'Ottocento e, ancora, da quella più antica: non sia considerato un vezzo l'arruolamento di Platone, con la sua Apologia di Socrate, o quello dei Mimiambi di Eroda, pagine che ci insegnano più di altre quanto il ruolo di "maestro" sia stato soggetto più di altri e per certi versi a una essenziale immodificabilità nella storia dell'uomo.
Ogni brano scelto è stato in un primo momento messo da parte, poi digitato al computer dagli alunni, successivamente letto dagli insegnanti ad alta voce, discusso, arricchito dai disegni dei bambini (aiutati in qualche caso dagli insegnanti e dai genitori), e inserito nell'ampia mappa dell'ipertesto. Nessun'altra prestazione di tipo didattico è stata chiesta agli alunni: nessun riassunto, nessuna individuazione dei personaggi, nessuna riflessione scritta, nessuna analisi di tipo analitico, strutturale e formale. Inaspettata, e piacevolissima, è stata poi la scoperta della reazione positiva dei bambini a ciascuna lettura dei brani di letteratura cosiddetta "adulta" (fatto sul quale ci sarebbe molto da riflettere). Nel contempo, ci piace sottolinearlo, abbiamo fatto sì che la pratica delle letture in classe svolte dagli insegnanti, corresse normalmente per i suoi binari.

Con la consueta scelta di testi che non necessariamente avevano a che fare con l'argomento "maestri", e con l'assoluta libertà di accettare o non accettare un testo, con il ripudio a metà strada di diversi romanzi noiosissimi, con tutti gli entusiasmi relativi alla scoperta di un "bel libro".
Se volessimo insomma riassumere qui ciò che i nostri alunni hanno fatto, potremmo ancora dire che hanno letto, hanno letto molto, e molto hanno "trafficato" con i libri, e che nello specifico sono venuti a conoscenza di quella molteplicità di figure di "Maestri", delle loro esperienze, dei loro caratteri, delle loro vicissitudini e delle realtà in cui hanno operato, che tutti ritroveranno in queste pagine. A noi insegnanti, non è restato che accompagnare i loro entusiasmi, a volte la loro stanchezza, altre volte la loro incredulità, la loro rabbia per i tanti "cattivi maestri" incontrati lungo il viaggio. Non è rimasto che acconsentire alla loro volontà di inserire anche personaggi che in qualche modo potevano disturbare la correttezza filologica del viaggio (non solo "Maestri" ma anche "Professori" e "Direttori").
Ma soprattutto, a noi insegnanti, è rimasto il gioire ogni qualvolta uno di essi ci annunciava di aver "trovato" un altro libro che come uno scrigno racchiudeva la presenza dell'ennesimo "Maestro", un libro magari scovato nella biblioteca comunale, o magari suggerito da una nonna o un nonno lasciatisi andare a reminiscenze di antiche letture giovanili.

C'è però ancora un altro aspetto di questo lungo viaggio, di cui ancora vorremmo raccontarvi. Ed è quello che più specificamente riguarda noi insegnanti, Teresa Paribello, Maria Serri, Fabio Corona e Alberto Melis. Noi, cioè, che in questo viaggio ci siamo, volenti o nolenti, rispecchiati.
Forse potremo riassumere tutte le nostre sensazioni suggerendovi semplicemente di osservare con attenzione le fotografie d'epoca inserite nell'ipertesto. A noi, la Maestra italiana dell'Ottocento, il Maestro dell'Alabama suo coetaneo, la prima Maestra di colore americana, il severo insegnante dell'Inghilterra vittoriana e persino la Maestrina del West (con tanto di cow boy in posa sul cavallo), insieme alle loro controfigure raccontate in letteratura, sono sembrati propriamente, forse per un inspiegabile pulsione di fortissima empatia, né più né meno che nostri antenati.
In realtà poi, l'avvicinarsi ai loro modi di fare e di essere, alle forme letterarie con le quali sono stati descritti, ai loro caratteri e alle loro movenze (spesso emblematiche di un'intera epoca), ci ha ovviamente portato a riflettere su più piani. Prima di tutto, anche premesso che non erano questi i nostri intenti, sulla difficoltà di ricostruire, attraverso gli spunti letterari, un quadro unitario dell'esperienza storica e sociale dei "Maestri". Troppo differenti essendo le esperienze raccontate, gli sfondi sociali e politici descritti e del tutto inesplorato, almeno per ora, il rapporto stesso che è intercorso tra la letteratura e questa specifica "realtà".
D'altra parte, seppure ci siamo posti di fronte a queste "scoperte" con l'animo puro del lettore, o per meglio dire, citando Cesare Musatti, "del personaggio che non parla", ma che pure ha un suo ruolo nella storia narrata, non stentiamo affatto a fare un'altra confessione: quella della nostra assoluta, convinta e faziosissima parzialità. In altre parole, (chi leggerà questo ipertesto non potrà non accorgersi della nettezza delle "categorie" utilizzate per accorpare i brani) rivendichiamo il diritto di gridare a gran voce, proprio come i nostri bambini, quali Maestri ci sono piaciuti e quali no, quali riteniamo i nostri veri antenati e quali no.
Per una di quelle strane coincidenze che a volte cadono come ciliegie sulle torte di compleanno, il primo numero monografico della nuova rivista di letteratura per l'infanzia Hamelin uscito in questi giorni (in redazione, tra gli altri, Antonio Faeti), affronta proprio il tema "maestri". E Teresa Buongiorno, in un suo lungo articolo, dice che "Ci eravamo illusi, nella nostra giovinezza, quando uscì 'C'è speranza se questo accade al Vho', la testimonianza del maestro Mario Lodi." E di seguito il ricordo di Don Milani di L'obbedienza non è più una virtù, di Albino Bernardini di Un anno a Pietralata, di Gianni Rodari e di altri Maestri che la scuola hanno davvero provato a cambiarla. Certo la scuola non è poi cambiata, non almeno quanto si sperava (da qui l'illusione di cui parla la Buongiorno), ma di Maestri come vorremmo essere, come ce ne sono stati e come la narrativa li ha riportati sulla carta, ne abbiamo individuati altri.
Come sono fatti, questi Maestri? Per usare le parole dell'editoriale di Hamelin, sono innanzitutto quelli, di fronte al bambino, coscienti del proprio compito: "che è quello di trasformarti sempre più in te stesso, iniziarti al tuo io possibile, al tuo io futuro, consapevole e Altro da quello che ancora non si è preso in mano, da quello che non è cresciuto, che non è mai cambiato". Un maestro dunque, che "è sempre una figura rivoluzionaria, è sempre il compagno di un'Avventura: è contro lo status quo, è per lo sradicamento, è per l'azzardo, è per l'andata, prima che ci sia un ritorno, perché possa darsi un autentico ritorno, qualcosa di diverso dal non essersi spostati mai da qui". Un Maestro, in definitiva e in senso lato, che sia anche un po' "sciamano, l'ultima figura che, a contatto con i meccanismi prodigiosi della trasformazione, può appunto cambiare gli individui, sviluppandone doti, potenziandone talenti, introducendoli al sapere, o meglio alla voglia irriducibile di sapere, risvegliata la quale niente di ciò che è superficiale o di comodo, nel generale modo di fare e di pensare, potrà più convincere, potrà più tenere".
E quindi, con molta umiltà, che vorremmo citare alcuni di questi Maestri in cui ci piace riconoscerci. A partire dai già nominati Lodi, Bernardini e Don Milani, persone in carne ed ossa, al Teddy Tedd di Silvio D'Arzo, al maestro "senza fiato e in emergenza" di Marco Rossi Doria, al giovane Maestro marocchino di Tahar Ben Jalloun, alla Maestrina di Ada Negri, al Maestro cantastorie di Giuseppe Pontremoli e alla professoressa Hufnagel di Christine Nostlinger. E ancora: ai Maestri sin qui troppo bistrattati di Edmondo De Amicis (e in particolare a quello de Il romanzo di un maestro), alla maestra nera Harris di Catherine Paterson, al professor Feronti di Corrado Alvaro .....
Non tutti perfetti in modo perfetto, né eroi, né santi, ma tutti con la voglia di continuare a credere nel proprio ruolo.
D'altra parte e di conseguenza, non abbiamo problemi ad affermare che volentieri cancelleremo dalla Storia - non dalla letteratura, che è altra cosa e che svolge anche il ruolo di stigmatizzarne i mali, ferocemente quando è il caso - tutti quei Maestri che non ci piacciono. I Mostri (Dickens docet), i Maestri Terribili e altri che ritroverete in queste pagine.
Per concludere, non possiamo non ricordare la presenza, in questo ipertesto, di numerose altre figure. Alcune colte solo di sfuggita, altre messe allegramente in rima, molte sconfitte dalla vita e dalla fatica di esistere: a tutte, indistintamente, un grazie, se non altro per il piacere di averle potute ritrovare sui libri.

Teresa Paribello, Maria Serri, Fabio Corona e Alberto Melis.
(Maestre e Maestri)

 




















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