Niente di Nuovo sul fronte
occidentale Erich Maria Remarque
(...) Kantorek era il
nostro professore: un ometto severo, vestito di grigio, con un muso da topo. Aveva
press'a poco la stessa statura del sottufficiale Himmelstoss, "il terrore
di Klosterberg". Del resto è strano che l'infelicità del mondo derivi
tanto spesso dalle persone piccole, di solito assai più energiche e
intrattabili delle grandi. Mi sono sempre guardato dal capitare in reparti che
avessero dei comandanti piccoli: generalmente sono dei pignoli maledetti. Nelle ore di ginnastica Kantorek ci tenne tanti e tanti discorsi, finché
finimmo per recarci sotto la sua guida, tutta la classe indrappellata, al
Comando di presidio, ad arruolarci come volontari. Lo vedo ancora davanti a me,
quando ci fulminava attraverso i suoi occhiali e ci domandava con voce
commossa: "Venite anche voi, nevvero, camerati?" Codesti educatori tengono spesso il loro sentimento nel taschino del
panciotto, pronti a distribuirne un po' ora per ora. Ma allora noi non ci si
dava pensiero di certe cose. Ce n'era uno, però, che esitava, non se la
sentiva. Si chiamava Giuseppe Behm, un ragazzotto grasso e tranquillo. Si
lasciò finalmente persuadere anche lui, perché altrimenti si sarebbe reso
impossibile. Può darsi che parecchi altri la pensassero allo stesso modo; ma
nessuno poté tirarsi fuori; a quell'epoca persino i genitori avevano la parola
"vigliacco" a portata di mano. Gli è che la gente non aveva la più
lontana idea di ciò che stava per accadere. In fondo i soli veramente
ragionevoli erano i poveri, i semplici, che stimarono subito la guerra una
disgrazia, mentre i benestanti non si tenevano dalla gioia, quantunque proprio
essi avrebbero potuto rendersi conto delle conseguenze. Per uno strano caso, fu proprio Behm uno dei primi a cadere. Durante un
assalto fu colpito agli occhi, e lo lasciammo per morto. Portarlo con noi non
si poteva, perché dovemmo ritirarci di premura. Solo nel pomeriggio lo udimmo a
un tratto gridare, e lo vedemmo fuori, che si trascinava carponi; aveva
soltanto perduto coscienza. Perché non ci vedeva, ed era pazzo dal dolore, non
cercava affatto di coprirsi, sicché venne abbattuto a fucilate, perchè alcuno
di noi potesse avvicinarsi a prenderlo. Naturalmente non si può far carico di questo a Kantorek: che sarebbe del
mondo, se già questo si dovesse chiamare una colpa? Di Kantorek ve n'erano
migliaia, convinti tutti di far meglio nel modo ad essi più comodo. Ma qui appunto sta il loro fallimento. |