Moby Dick Herman Melville Etimologia (Fornita da un defunto maestro di scuola
tubercolotico) Quel pallido Maestro, logoro di giacca, di cuore, di corpo e di
cervello, io lo rivedo ancora. Era sempre intento a spolverare i suoi vecchi
lessici e le sue vecchie grammatiche con un bizzarro fazzoletto ornato, come
per una beffa, di tutte le allegre bandiere d’ogni nazione conosciuta del
mondo. Gli piaceva spolverare quelle vecchie grammatiche; in certo modo gli
rammentava, con dolcezza, la sua natura mortale. (…) No, quando io vado per mare ci vado da semplice
marinaio, proprio attaccato all’albero, a perpendicolo sul ponte di prua, lassù
in cima al velaccio. È vero, mi ordinano d’andare di qua e di là e mi fanno
saltare da un’alberatura all’altra come una cavalletta in un prato di maggio. E
all’inizio questo genere di cose è alquanto sgradevole. Vi tocca nell’onore,
particolarmente se venite da una famiglia da molto tempo affermatasi sulla
terraferma, i Van Rensselaer, o i Randolph, o gli Hardicanut. E soprattutto se
appena un attimo prima di ficcare le mani dentro a un secchio di catrame voi
l’avete fatta da padrone come maestro di campagna, mettendo paura anche ai
ragazzi più grandi. Il passaggio da maestro di scuola a marinaio è davvero duro,
ve l’assicuro, e per consentirvi di fare buon viso a cattivo gioco e di
sopportarlo ci vuole una bella razione di Seneca e di stoicismo. Ma anche
questo, col tempo, passa. Che importa se una vecchia carogna di capitano mi
ordina di prendere una scopa e di spazzare i ponti? A quanto ammonta l’offesa,
intendo dire, quando la si pesa sulla bilancia del Nuovo Testamento? Pensate
forse che l’arcangelo Gabriele possa stimarmi di meno perché in un caso del
genere ubbidisco con prontezza e rispetto a quel vecchio spilorcio? Chi non è
schiavo a questo mondo? Ditemelo voi. E allora, per quanto i vecchi capitani di
mare possano darmi ordini a destra e a sinistra… per quanto possa essere
sbattuto da una parte all’altra a suon di pugni e spintoni, ho la soddisfazione
di sapere che tutto va bene; che in un modo o nell’altro tutti quanti subiscono
lo stesso trattamento – o dal punto di vista fisico o da quello metafisico; e
così la percossa universale passa dall’uno all’altro, e tutti dovrebbero
fregarsi a vicenda le spalle ed esser soddisfatti. Inoltre, se m’imbarco sempre
come marinaio è perché si sentono in dovere di pagarmi il disturbo, mentre non
ho mai sentito dire che abbiano dato un soldo ai passeggeri. Anzi, sono i
passeggeri che devono pagare. E c’è una bella differenza tra pagare ed essere
pagati. Il dover pagare è probabilmente la condanna più seccante che i due
ladri del frutteto ci abbiano lasciato in eredità. Ma l’esser pagati… cosa c’è
di meglio? (...) |