frecciainter46

Lunario dei giorni di scuola


Quarantaseiesima settimana intermezzo

inter46

Penny Wirton e sua madre
Silvio D'Arzo

(...) L'uscio si spalancò all'improvviso, e sbattè contro il muro, e due o tre vetri si infransero a terra. E ne uscì un uomo tutto quanto vestito di nero, su per giù come un giovane prete, con in più due fibbiole di latta alle scarpe e in mano una canna lunga il doppio di una lenza da trote.
Era magro come tre uomini magri, ed arrabbiato per sei: e quel che non era rabbia, era sdegno e matto dispetto e desiderio d'usare la canna.
Con l'altra mano si trascinava dietro un ragazzo tutto vestito di giallo: e quando fu nel corridoio lo lasciò andare di colpo come si lascia andare un canestro dal manico sporco di fango.
I tre ragazzi s'addossarono al muro con tutte le forze: sicché, a prima vista, parevano tre disegni e nient'altro.
- E adesso apri bene le orecchie, - si mise a dire al ragazzo il Supplente che ormai non aveva più voce.
- Adesso ascoltami bene. Io mi chiamo Isaia Balcop, sono Baccelliere d'arte e maestro di scuola: ho ventisette anni e a momenti ventotto: e da dieci non faccio che andare da una scuola all'altra, come un pitocco alle fiere. E ho conosciuti tutti i tipi di scolari del mondo: timidi, idioti, nervosi, insopportabili, maniaci, smemorati, distratti, impudenti, malarnesi di strada, topi di banco e anche peggio. Ho conosciuto, dico, ragazzi dalla lingua proibita, da dar dei punti anche a Gionata Swift... Ma uno come te mai, in dieci anni. Sei l'impudenza incarnata. Questa, per prima cosa, ragazzo. E ce n'è poi una seconda.....
Il Supplente s'interruppe per inghiottire saliva: e il ragazzo lo guardava tremando, e cercava di balbettare qualcosa.
- E ce n'è poi una seconda. Se fai un giro per le quarantotto Contee, mare o monte è lo stesso, fa questa domanda a tutti i ragazzi dai sette ai quattordici anni (quindici anni, in certi casi, perfino): "Quante cose esigeva da voi il Supplente Balcop, Baccelliere darte e maestro di scuola?" E loro subito: "Tre". "E quali?", dirai. "Prima cosa: rispetto. Seconda cosa: rispetto. Terza cosa: ancora e sempre rispetto". E se tu un'altra volta t'azzarderai solo a pensare di... - E fece l'atto di alzare la canna.
In quel momento s'aprì di colpo il cancelletto di legno e sulla ghiaia del viale si sentì un ben strano rumore.
Una donna, sui cinquant'anni e un po' di più, tutta vestita di nero, attraversava in gran fretta il giardino: e saliva i quattro gradini: e in un secondo e nemmeno era lì.
Il Supplente si volse accigliato.
- Mi dispiace per voi, la mia donna, ma questa qui non è ora da visite. Se non sbaglio, il cartello lo dice ben chiaro e in chiarissimi caratteri inglesi.
- Non sbagliate, signore, - rispose ancora ansimando la donna.- E dispiace molto anche a me. Ma c'è un fatto...
E gli disse qualcosa all'orecchio. Il Supplente guardò prima lei e poi il ragazzo, come chi non riesce ancora a comprendere bene. E la donna gli si avvicinò nuovamente e gli parlò ancora ed a lungo all'orecchio. E questa volta il Supplente dovette capire ogni cosa, perché alla fine si rivolse sorridendo al ragazzo.
- Bene, Penny. Benissimo, - gli disse.
- Ecco una buona lezione per me: una lezione in piena regola, certo. Di questo puoi stare tranquillo. Ma chi poteva saperlo, mi dici? Io sono un uccello forestiero, quaggiù: non conosco niente e nessuno; e anche il Cieco potrebbe darmi dei punti... Così adesso, Penny, mi fai il favore di rientrare al tuo posto. E se, prima, mi vorrai dare la mano, credo che la cosa sarà anche due volte migliore.
Il ragazzo vestito di giallo gli diede sorridendo la mano e mormorò qualcosa e rientrò.
Strisciando lungo il muro ed in punta di piedi, anche gli altri tre s'infilarono in classe.
- Perché c'è sotto tutta una storia, vedete, - disse un po' imbarazzata la madre al Supplente. - E se un giorno non dovessi annoiarvi...
- E perché non adesso? - disse invece il Supplente. - Credete che a scuola se ne racconti qualcuna migliore?
E, siccome in quel momento s'accorse d'aver ancora in mano la canna, per prima cosa arrossì e poi fece l'atto di cacciare con quella le mosche. (...)










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