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Lunario dei giorni di scuola


Ventiquattresima settimana intermezzo

intermezzo21


La grande Gilly Hopkins
Katherine Paterson

(...) Il direttore stava esaminando dei documenti che dovevano essergli stati inviati dalla precedente scuola di Gilly, la scuola elementare di Hollywood Gardens. Tossì ripetutamente. "Bene" disse infine. "Credo che questa signorina abbia bisogno di essere inserita in una classe alla sua altezza".
"E' molto intelligente, se è questo che intende".
"Trotter, stupida che non sei altro, come fai a sapere quanto sono intelligente? Non mi hai mai visto in vita tua prima di ieri."
"Ti inserirò nella classe della signorina Harris. Solitamente, in sesta abbiamo una parte di departimentalizzazione, ma..."
"Avete cosa in sesta"?
"Oh, Trotter, chiudi quella boccaccia, per favore."
Ma il direttore non sembrò nemmeno accorgersi di quanto fosse imbecille Trotter.
Spiegò pazientemente che alcune delle classi seste si spostavano per le lezioni di matematica, lettura e scienze, mentre la classe della signorina Harris rimaneva unita per l'intera giornata.
"Che noia mortale!"
Salirono le tre rampe di scale antiche fino alla classe della signorina Harris molto lentamente, in modo che a Trotter non venisse un collasso. I corridoi puzzavano di cera per pavimenti e di minestra della mensa. Gilly pensava di odiare tutte le scuole a un punto tale che niente potesse ormai addolorarla o deluderla, eppure ogni gradino le sembrava più faticoso del precedente - come un condannato a morte che percorresse un infinito ultimo miglio. Si fermarono davanti alla porta con la scritta HARRIS-6. Il signor Evans bussò, e la porta fu aperta da un'alta donna con il volto color del tè, coronato da un cespuglio di capelli neri. Sorrise guardando tutti e tre dall'alto in basso, perché‚ era più alta anche del direttore.
Gilly si ritrasse, andando a sbattere contro l'enorme petto di Trotter, il che la fece rimbalzare subito in avanti. Dio! Come se non bastasse, l'insegnante era di colore.
Nessuno sembrò accorgersi della sua reazione, anche se negli occhi scuri della signorina Harris sembrò passare un lampo abbagliante.
Trotter fece una carezza sul braccio di Gilly, mormorò qualcosa che finiva in "tesoro" e poi lei e il direttore si ritirarono, chiudendo Gilly nella classe HARRIS-6.
L'insegnante l'accompagnò fino a un banco vuoto al centro della classe, le chiese la giacca e la passò a un'altra ragazza perché l'appendesse all'attaccapanni in fondo all'aula.
Disse a Gilly di sedersi, e poi andò ad accomodarsi alla grande cattedra per dare un'occhiata all'incartamento lasciatole dal signor Evans. Un attimo dopo alzò lo sguardo, mentre un ampio sorriso le illuminava il viso.
"Galadriel Hopkins. Che nome stupendo! Da Tolkien, naturalmente."
"No" borbottò Gilly. "Da Hollywood Gardens."
La signorina Harris emise una risata argentina. "No, volevo dire il tuo nome, Galadriel. E' il nome di una grande regina in un libro scritto da un uomo di nome Tolkien. Ma sicuramente lo sapevi già."
Diavolo. Nessuno le aveva mai detto che il suo nome era stato tratto da un libro. Era meglio fingere di sapere già tutto o fare la finta tonta?
"Mi piacerebbe chiamarti Galadriel, se non ti dispiace. E un nome tanto bello!"
"NO!".
Tutti si voltarono verso Gilly guardandola in uno strano modo. Doveva aver gridato più forte di quanto non avesse intenzione di fare. "Preferirei" disse in tono secco "essere chiamata Gilly."
"Va bene." La voce della signorina Harris assomigliava più all'acciaio, ora, che all'argento. "Allora vuol dire che ti chiamerò Gilly".
Poi si rivolse sorridente al resto della classe. "Dov'eravamo arrivati?"
Il clamore delle risposte dei compagni le colpì il cervello. Gilly fece per abbassare la testa sul banco, ma qualcuno le stava infilando un libro sotto il naso. Era un'ingiustizia, una vera ingiustizia. Una volta, in un libro, aveva visto un'illustrazione che rappresentava una volpe rossa su un'alta roccia circondata da cani ringhiosi. Ecco, era proprio così. Lei era più intelligente di tutti, ma loro erano troppi. L'avevano circondata, ed erano pronti ad annientarla con i loro stupidi mezzi. La signorina Harris si stava chinando su di lei. Gilly si ritrasse il più possibile.
"Hai fatto le divisioni con le frazioni, a Hollywood Gardens?"
Gilly scosse la testa. Dentro, ribolliva. Era già un oltraggio essere costretti a frequentare quella vecchia scuola cadente, ma ritrovarsi addirittura indietro - sembrando più stupida del resto dei ragazzi - dover apparire una sciocca davanti a...
Quasi metà della classe era composta da neri. E lei sarebbe apparsa stupida a "loro". Un mucchio di...
"Perché‚ non accosti la tua sedia alla cattedra, così ci lavoriamo su?"
Gilly afferrò la sedia e arrivò alla cattedra prima della signorina Harris. Gliel'avrebbe fatta vedere lei! (...)
La faceva infuriare rendersi conto di essere indietro in quasi tutte le materie, ma sapeva che la colpa non era sua, bensì della scuola elementare di Hollywood Gardens. Avrebbe lavorato sodo finché‚ non solo li avesse raggiunti, ma anche sorpassati, e poi si sarebbe fermata completamente. Quella strategia faceva impazzire gli insegnanti.
Il fatto che qualcuno che evidentemente batteva di gran lunga il resto della classe si rifiutasse improvvisamente di stare alle regole del gioco costituiva per loro un affronto personale.
Proprio così. E nel caso della signorina Harris questa era esattamente la situazione che Gilly voleva si creasse. (...)

Entro la terza settimana di ottobre Gilly aveva recuperato il divario tra lei e gli altri alunni della classe e li aveva addirittura superati. Ormai aveva messo all'angolo la signorina Harris, costretta com'era a darle sempre il voto più alto.
Certo doveva riuscirle penoso scrivere quei commenti entusiastici - "Eccellente", "Bene, esposizione molto chiara", "Ottimo lavoro" - sui compiti di una persona che la odiava in modo così evidente.
Ma la signorina Harris era un tipo calmo e controllato. Anche se aveva capito che Gilly la disprezzava, non l'aveva mai lasciato trasparire. E così, Gilly non era ancora pronta a giocarle il suo classico tiro, che consisteva appunto nello smettere di lavorare proprio quando l'insegnante si era convinta di avere per le mani un genio.
La cosa aveva funzionato a meraviglia a Hollywood Gardens, l'intero corpo insegnante era rimasto di sasso quando lei aveva iniziato a consegnare fogli in bianco. (...)
Certi giorni, a Gilly non importava quel che pensava o non pensava la signorina Harris.
Era piuttosto piacevole andare a scuola senza doversi aspettare strilli isterici o lusinghe e blandizie, sapendo che il proprio lavoro sarebbe stato giudicato sulla base dei suoi pregi e non grazie all'opinione personale dell'insegnante sulla persona che l'aveva svolto. Era un po' come giocare a basket. Se si prendeva bene la mira, si riusciva a far entrare la palla nel canestro; era un gioco imparziale e assolutamente impersonale. Altri giorni, invece, l'indifferenza della signorina Harris dava sui nervi a Gilly. Non era abituata a essere trattata come tutti gli altri. Fin dalla prima elementare, aveva costretto i suoi insegnanti a considerarla un caso a parte. Era lei la responsabile della propria istruzione. Aveva imparato quanto e come le pareva. Gli insegnanti l'avevano corteggiata e maledetta, ma nessuno, prima di allora, l'aveva semplicemente equiparata al resto della classe.

(...) Prese in prestito un po' di soldi da Trotter per "materiale scolastico" e comprò un pacchetto di pesante cartoncino bianco, e dei pennarelli. Dietro la porta chiusa della sua camera iniziò a confezionare una cartolina d'auguri, cercando di farla assomigliare il più possibile alle lunghe e sottili cartoline "scherzose" esposte sullo speciale piedistallo girevole dell'emporio. Prima tentò di disegnare una figura sulla prima pagina, sprecando in questo modo cinque o sei preziosi cartoncini.
Maledicendosi per la propria incompetenza, rubò una delle riviste di Trotter e ne ritagliò la figura alta e sottile di una splendida donna nera che indossava un costume afro. La pelle era un po' più scura di quella della signorina Harris, ma non troppo.
Sopra la figura della donna scrisse con cura queste parole (con lo stampatello se la cavava bene, anche se il disegno non era il suo forte):
Sl DICE "NERO E BELLO!".
Poi, sotto la figura:
MA PER QUEL CHE PARE A ME
TUTTI QUELLI CHE LO DICONO
SEMBRANO PROPRIO...
E infine all'interno del biglietto, in caratteri minuscoli... Persone con un oscuro interesse ad affermare questo punto di vista.

(...) Quando suonò la campanella delle tre, sbatté la sedia rovesciata sul banco e si diresse verso la porta.
- Gilly.
Il cuore le diede un balzo, mentre si girava verso la signorina Harris.
- Puoi aspettare un minuto, per favore?
Rimasero entrambe in attesa, fissandosi in silenzio mentre l'aula si svuotava. Poi la signorina Harris si alzò dalla cattedra e chiuse la porta. Prese una sedia da uno dei banchi della prima fila e la mise a poca distanza dalla sua. - Siediti un attimo, va bene?
Gilly si sedette. Il libro di matematica sembrava intonso, con il bordo della cartolina che spuntava ai due lati.
"Ti sembrerà incredibile, Gilly, ma io e te siamo molto simili."
L'attenzione di Gilly si risvegliò suo malgrado.
"Non mi riferisco all'intelligenza, sebbene sia vero anche questo. Siamo tutte e due intelligenti, e lo sappiamo. Ma la cosa che ci avvicina, più che l'intelligenza, è la rabbia. Tu ed io siamo tra le persone più arrabbiate che io conosca."
Disse tutto ciò con una voce calma che tagliava ogni parola dall'altra quasi fosse una fetta sottile, e poi attese, come per dare a Gilly la possibilità di contraddirla. Ma Gilly era affascinata, come i protagonisti di un film che osservino un cobra che si avvicini. Non voleva fare una mossa falsa.
"Naturalmente, usiamo la nostra rabbia in modo diverso. A me è sempre stato insegnato a negare la mia, e io l'ho sempre fatto e lo faccio ancora. Ed è questo che mi porta a invidiarti. (...) Ma non ti ho chiesto di fermarti dopo la scuola per dirti quanto sei intelligente e quanto ti invidio: l'ho fatto per ringraziarti della tua cartolina."
Doveva essere un sorriso ironico, ma HARRIS-6 stava sorridendo quasi come un essere umano. Quando avrebbe colpito il cobra? "Me la sono portata nella sala insegnanti a mezzogiorno, e ho imprecato creativamente per venti minuti. Sono anni che non mi sentivo tanto bene."
Era impazzita, come il computer di 2001 Odissea nello spazio. Gilly si alzò e iniziò a indietreggiare verso la porta. La signorina Harris continuò a sorridere, senza tentare di fermarla in alcun modo. Non appena raggiunta la scalinata, Gilly si mise a correre e, imprecando creativamente, continuò a correre fino a casa. (...)




















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