Lo
Cunto de li Cunti
Zezolla
o La gatta Cenerentola
Giambattista
Basile
(…)
Sesto passatempo della prima giornata
Zezolla è convinta dalla maestra ad ammazzare la matrigna e
crede di essere tenuta in considerazione per averle fatto sposare il padre, ma
è messa in cucina e, per virtù delle fate, dopo varie vicende, si guadagna un
re come marito.
C’era, dunque,
una volta un principe vedovo, il quale aveva una figlia che gli era così cara
che non ci vedeva per altri occhi. Le aveva dato una brava maestra, che le
insegnava le catenelle, il punto in aria, le frange e le dimostrava un affetto
che non si può descrivere. Ma il padre si era risposato da poco e aveva preso
una rabbiosa, malvagia e indiavolata femmina e questa maledetta cominciò ad
avere in odio la figliastra, facendole cère brusche, facce storte, occhiate
arrabbiate da fare paura. La povera fanciulla si lamentava sempre con la
maestra dei maltrattamenti della matrigna, e le diceva: “Oh Dio, e non potresti
esser tu la mammina mia, tu che mi fai tanti sorrisi e carezze?”. E tante volte
le ripeté questa cantilena, che le mise una vespa nell’orecchio, e la maestra, accecata
dal diavolo, una volta le disse: “Se farai come ti suggerisce questa testa
matta, io ti sarò mamma e tu sarai la pupilla degli occhi miei” Stava per
continuare , quando Zezolla (che così si chiamava la giovane) la interruppe:
“Perdonami se ti rompo la parola in bocca. So che mi vuoi bene; perciò zitta e
sufficit; insegnami l’arte, che io sono nuova: tu scrivi e io firmo”.
“Orsù! – replicò la maestra, – ascolta bene, apri le orecchie, e avrai sempre
pane bianco di fior di farina. Quando tuo padre va fuori di casa, di’ alla tua
matrigna che vuoi un vestito di quelli vecchi, che stanno nel cassapanca grande
del ripostiglio, per risparmiare questo che porti addosso. Lei, che ti vuol
vedere tutta cenci e brandelli, aprirà il cassone e dirà: – Tieni il coperchio.
– E tu, tenendolo, mentre lei andrà rovistando là dentro, lascialo cader di
colpo, che le romperà il collo. Dopo di ciò, sai bene che tuo padre farebbe
carte false per amor tuo; e tu, quando egli ti carezza, pregalo di prendermi
per moglie, ché, te beata, sarai la padrona della mia vita”. Udito il disegno,
a Zolla ogni ora parve mille anni; e, messo in atto punto per punto il
consiglio della maestra, quando fu trascorso il tempo del lutto per la morte
della matrigna, cominciò a toccare i tasti al padre perché si sposasse con la
sua maestra. Dapprima, il principe prese la cosa come uno scherzo; ma tante
volte Zezolla tirò di piatto, che alla fine colpì di punta, ed egli si piegò
alle parole della figlia. Così si sposò con la maestra Carmosina, e si fece una
festa grande. Ora, mentre gli sposi stavano felici, Zezolla si affacciò a un
terrazzino della sua casa; e in quel punto una colombella volò sopra un muro e
le disse: “Quando ti vien desiderio di qualche cosa, manda a domandarla alla
colombella delle fate dell’isola di Sardegna, ché tu l’avrai subito”. Per
cinque o sei giorni la nuova matrigna ricoprì di carezze Zezolla, facendola
sedere al miglior luogo della tavola, dandole i migliori bocconi e adornandola
con i migliori vestiti. Ma, dopo pochissimo tempo, mandò al diavolo e scordò
del tutto il favore ricevuto (oh triste l’anima, che ha cattiva padrona!), e
cominciò a mettere al primo posto le sue sei figlie, che fin allora aveva
tenute segrete; e tanto fece che il marito, presele in grazia, si fece cadere
dal cuore la propria figlia. E Zezolla, perdi oggi, manca domani, finì col
ridursi a tal punto che dalla camera passò alla cucina, dal baldacchino al
focolare, dalle vesti di seta e oro agli strofinacci, dagli scettri agli
spiedi. Né solo cambiò stato, ma anche nome, e non più Zezolla, ma fu chiamata
“Gatta Cenerentola”.
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