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Lunario dei giorni di scuola


Appendice settimo

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Gustave Flaubert

 

Bouvard e Pecuchet

 

(...)

 

In odio alle idee sovversive, il fior fiore della borghesia parigina saccheggiò due tipografie. Si stava costituendo il gran partito dell'ordine.

I suoi capi nella regione erano: il conte, Foureau, Marescot e il curato. Ogni giorno, verso le quattro, passeggiavano da un angolo all'altro della piazza, discutendo degli avvenimenti. La preoccupazione principale consisteva nella distribuzione degli opuscoli. I titoli erano piuttosto gustosi: Dio lo vuole, I comunisti, Tiriamoci fuori dalla melma, Dove stiamo andando? La cosa più bella erano i dialoghi in stile campagnolo, con imprecazioni ed errori di francese, per elevare il morale dei contadini. Una nuova legge stabiliva che la diffusione delle notizie dipendesse dai prefetti, e Proudhon era appena stato rinchiuso a Sainte-Pélagie, fatto da ritenersi una vittoria clamorosa.

In genere gli alberi della libertà vennero abbattuti. Chavignolles non fu da meno. Bouvard vide con i suoi occhi il pioppo fatto a pezzi su una carretta. Sarebbe servito a riscaldare i gendarmi; per colmo d'ironia, il ceppo fu offerto al curato, proprio lui che l'aveva benedetto!

Il maestro non nascose le sue idee. Bouvard e Pécuchet, un giorno che passavano davanti alla sua porta, si congratularono con lui.

Il giorno dopo, il maestro si presentò a casa loro. Alla fine della settimana gli resero la visita.

Scendeva la sera; i ragazzi erano appena andati via, e il maestro, in maniche di camicia, spazzava il cortile. La moglie, che aveva in testa un fazzoletto annodato, allattava il bambino. Una bambina andò a nascondersi dietro alla sua gonna; un orribile marmocchio giocava per terra, ai suoi piedi; l'acqua del bucato che stava facendo in cucina colava fuori dalla casa.

«Ecco», disse il maestro, «come ci tratta il governo!». E subito se la prese con l'infame capitale. Bisognava introdurvi la democrazia, liberare la materia!

«Non chiedo di meglio!», disse Pécuchet.

Avrebbero dovuto riconoscere almeno il diritto all'assistenza.

«Ancora un diritto!», disse Bouvard.

Non importa! Il governo provvisorio si era dimostrato smidollato non imponendo la fratellanza.

«Prova a realizzarla!».

Poiché si era fatto più scuro, Petit ordinò in tono brutale a sua moglie di preparare un candeliere nello studio.

Sui muri di gesso, stavano appuntate con spilli le litografie di oratori della sinistra. Una libreria a riquadri dominava la scrivania in legno d'abete. Per sedersi c'erano a disposizione una sedia, uno sgabello e una vecchia cassa per il sapone; si sforzava di riderne. Ma aveva la miseria segnata in volto, e le sue tempie scavate indicavano la tenacia di un montone, un orgoglio irriducibile. Mai avrebbe ceduto.

«Ecco cosa mi conforta!».

Erano pile di giornali, su un'asse; e con parole febbricitanti espose gli articoli della sua fede: disarmo dell'esercito, abolizione della magistratura, eguaglianza dei salari, parità; con questi mezzi si sarebbe ottenuta l'età dell'oro, sotto forma di repubblica, con a capo un dittatore, un duro che avrebbe raggiunto lo scopo in fretta!

Poi prese una bottiglia d'anice e tre bicchieri, per brindare all'eroe, alla vittima immortale, al grande Massimiliano!

Apparve sulla soglia la veste nera del curato.

Dopo aver salutato calorosamente la compagnia, si avvicinò al maestro, e quasi sottovoce gli disse:

«Allora come va il nostro San Giuseppe?».

«Non hanno dato niente!», rispose il maestro.

«Colpa sua!».

«Ho fatto quello che ho potuto!».

«Ah! Davvero?».

Per discrezione, Bouvard e Pécuchet si alzarono. Petit li fece sedere di nuovo; e rivolgendosi al curato:

«È tutto?».

L'abate Jeufroy esitò; poi, sorridendo per attenuare il rimprovero:

«Dicono che lei trascuri un po' la storia sacra».

«Oh! La storia sacra!», s'intromise Bouvard.

«Ha qualcosa da rimproverarle, signore?».

«Io? Niente! Solo che forse ci sono cose più utili della leggenda di Giona e dei re d'Israele!».

«Libero di pensarla così!», replicò seccato il prete, e senza preoccuparsi degli estranei, o a causa loro:

«L'ora di catechismo è troppo corta!».

Petit alzò le spalle.

«Stia attento. Finirà col perdere i suoi collegiali!»

Questi allievi pagavano dieci franchi al mese, ed era la parte più cospicua del suo guadagno. Ma quella sottana lo esasperava.

«Tanto peggio, si vendichi pure!».

«Un uomo come me non si vendica!», disse il prete, senza scomporsi. «Le ricordo solo che la legge del 15 marzo ci attribuisce la sorveglianza sull'istruzione primaria».

«Eh! Come non lo sapessi!», esclamò il maestro. «Ci sono di mezzo anche i colonnelli della gendarmeria! Manca solo la guardia campestre, e saremmo al completo!».

E si accasciò sullo sgabello, mordendosi una mano, trattenendo la collera, soffocato dalla sensazione della sua impotenza.

Il sacerdote lo toccò leggermente sulla spalla.

«Non volevo affliggerla, caro amico! Si calmi! Cerchi di ragionare! Tra poco sarà Pasqua; mi auguro che lei darà il buon esempio, comunicandosi con gli altri».

«Ah, è troppo! Io! Io! Sottomettermi a simili sciocchezze!».

A quella bestemmia il curato impallidì. Gli occhi mandavano fiamme. La mascella gli tremava. «Taccia, disgraziato! Taccia!».

«E pensare che è sua moglie ad aver cura dei panni sacri della chiesa!».

«E allora? Cos'ha fatto?».

«Non si vede mai alla messa! Come anche lei, d'altra parte!».

«Eh! Un maestro di scuola non perde il posto per questo!».

«Si può trasferirlo!».

Il prete non parlò più. Stava in fondo alla camera, nell'ombra. Petit rifletteva, la testa sul petto.

Sarebbero andati all'altro capo della Francia, mangiandosi nel viaggio anche l'ultimo soldo; ma là, sotto altri nomi, avrebbero trovato lo stesso curato, lo stesso direttore, lo stesso prefetto! Erano tutti, fino al ministro, come gli anelli della catena che l'opprimeva! Aveva già ricevuto un richiamo, ne sarebbero venuti altri. E poi? E come in un'allucinazione, si vide camminare su una grande strada, con una borsa sulle spalle, i famigliari accanto, la mano tesa verso una diligenza!

Proprio in quel momento la moglie, che era in cucina, fu presa da un accesso di tosse, e il neonato si mise a vagire; il marmocchio piangeva.

«Poveri bambini!», disse il prete con dolcezza.

Il padre allora scoppiò in singhiozzi. «Sì! Sì! Tutto ciò che vorrà!».

«Ci conto», disse il curato; e dopo aver fatto un inchino: «Buonasera, signori!».

Il maestro rimase con il volto tra le mani.

(...)









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