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Lunario dei giorni di scuola


Appendice cinquantaduesimo

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Le linee d’ombra

Amitav Ghosh

Neri Pozza

Considerato oggi il maggior scrittore indiano di lingua inglese, capace di intrecciare le mille conradiane linee d’ombra che tessono un fitto ordito tra occidente e mondo asiatico, Gosh ci propone qui un’insegnante che tenta di mantenere il chiasso della realtà fuori dalla sua aula, inutilmente.

(…)

Quella mattina c’era lezione di matematica la prima ora. La nostra insegnante era un’attempata signora angloindiana, Mrs Anderson, una donna alta e magra che portava le gonne e aveva i capelli corti e brizzolati. C’era soltanto un gruppetto di ragazzi nella classe e Mrs Anderson non si curò del rituale dell’appello, il che provocò scompiglio tra di noi perché era un’ulteriore infrazione alla norma, mentre fino a quel momento tutti ci eravamo silenziosamente concentrati per mantenere le cose il più normali possibile. Ma Mrs Anderson batté sulla cattedra con una matita, aggrottando le sopracciglia sopra gli occhiali. Di fronte al rimprovero aprimmo i libri e prendemmo posto. Subito la sua voce tranquillizzante e familiare prese a spiegarci come potevamo usare la lettera “x” per rappresentare qualunque numero ci piacesse. Dopo poco la giornata parve quasi normale, la lezione non diversa dalle altre. Il mio banco era vicino alla finestra. A metà lezione mi sembrò di sentire un rumore in lontananza: era debole e confuso, simile al gracchiare di una stazione radio a onde corte. Non ero del tutto sicuro di aver sentito qualcosa, quando notai che anche Tublu, che sedeva accanto a me, aveva alzato gli occhi. Articolai sulle labbra la domanda: Che cos’è? Ma lui non ne sapeva di più: fece una smorfia e alzò le spalle. Furtivamente, tenendo d’occhio Mrs Anderson, sollevai la testa e guardai fuori dalla finestra. Adesso il rumore era più forte. Sembravano voci, molte voci, ma non era il frastuono disciplinato di una manifestazione. Eravamo abituati ai cortei che passavano nei pressi della nostra scuola, ce n’erano ogni giorno e non vi prestavamo attenzione. Ma questo era diverso, un grido, poi un altro e poi un altro ancora si succedevano a singhiozzo, poi di colpo c’era silenzio e, proprio quando sembravano smorzarsi, ecco una voce seguita da una dozzina d’altre, e poi di nuovo un momento di silenzio. C’è una nota singolarmente spaventosa nel suono di quelle voci, non rozza e potente come il frastuono di una folla infuriata, piuttosto un timbro straziante, tormentato, un crescendo di disarmonia in cui, nel momento in cui lo percepite, riconoscete l’autentico suono del caos a causa della paura sfuggente, informe che alimenta dentro di voi. Adesso lo udivano anche gli altri; ogni testa nella classe si era voltata a guardare fuori dalle finestre. Con uno sforzo di volontà, Mrs Anderson cercò di chiudere fuori il rumore. Incominciò a leggere a voce più alta, battendo sulla cattedra per attirare l’attenzione, riempiendo la stanza con la sua voce. Ma anche quelle altre voci erano diventate più forti, le sentivamo sollevarsi oltre il muro di cinta della scuola. Mrs Anderson non poté ignorarle più a lungo. Posò il libro e percorse a lunghi passi la stanza chiudendo le finestre. Le superfici dei vetri erano state dipinte di verde per tenere lontano il sole dell’estate. Ora sedevamo intrappolati in un’oscurità verdeggiante, mentre la voce di Mrs Anderson risuonava ed echeggiava nella classe spiegando i principi dell’algebra. Mrs Anderson fu visibilmente sollevata dal suono della campanella. Ci ordinò severamente di concentrarci sui libri di storia, di non fare assolutamente rumore e poi si affrettò fuori dalla classe. Appena fu uscita spalancammo le finestre. Non potevamo vedere lontano perché la scuola era circondata da muri molto alti. La folla era sparita; tutto sembrava calmo. Poi sentimmo la sirena di un’autopompa che passò un minuto dopo a tutta velocità. Qualcuno indicò qualcosa in lontananza e, guardando in su, vedemmo levarsi nel cielo una colonna di fumo grigio. Non si capiva dove fosse l’incendio. Mi chiedo chi stia battendo, disse qualcuno. Nessuno rispose. Ci eravamo dimenticati della partita. Poi la voce di Mrs Anderson ci richiamò e ci precipitammo verso i banchi. Ci guardò furiosa, con le mani sui fianchi, ma si vedeva che non era arrabbiata come avrebbe dovuto essere. Battendo sulla cattedra, ci disse che per quel giorno le lezioni erano sospese…

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