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Lunario dei giorni di scuola


Appendice cinquantesimo

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Margherita Dolcevita

Stefano Benni


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 Stamattina in classe il tempo non passava mai. Mi è sembrato di fare delle lezioni di una settimana ognuna. Cesare moriva alla moviola, Dante aveva scritto tremila cantiche della Divina Commedia, i fiumi della Romania erano tutti più lunghi del Mississippi. L’ultima ora ci è toccata la prof di matematica, detta Manson, che spiegava il teorema di Pitagora e io mi stavo addormentando appoggiata all’ipotenusa. Allora per stare sveglia sono andata in banco con la Baccarini, detta Baciolini. È una fanciulla rossa tutta pepe, bassina ma con due tette da cassiera di bar. Ha un diario pieno di cuoricini, boccucce e pensieri dolci e tiene appeso allo zainetto un grappolo di pupazzi e micioli, ma è perfida come una iena. Forse nella nostra classe solo Gasparrone, quello che sigilla le lumache col Vinavil, è più malvagio di lei. Inoltre la Baccarini ha una vita erotica intensissima che le invidio molto. Bacia tutti e poi li butta via, come la carta dei cioccolatini. Il povero Zagara, il giandone della classe, quando lei lo ha mollato ha tentato il suicidio per overdose di meringhe. Per non annoiarci ci siamo messe a dare i voti alla bellezza dei nostri compagni, e vi assicuro che stavamo larghe, ma la media era cinque e mezzo. Nel far ciò ci scappavano dei risolini complici e ci davamo di gomito. Allora la Manson, con la faccia stizzita, ci ha puntato contro il dito e ha detto: – Cosa si fa laggiù all’ultimo banco, si ride? Ha pronunciato “si ride” con un tono come se dicesse: “si spaccia droga”, “si fabbricano bombe”. Allora mi sono alzata e ho detto: – Effettivamente, signora professoressa, stavamo ridendo in quanto ritenevamo buffo ciò di cui parlavamo, ma non c’era niente di oggettivamente malsano o criminoso nel nostro atteggiamento, io capisco bene che se ridessimo ininterrottamente per tutto l’orario scolastico ciò farebbe sospettare una nostra disattenzione, o spregio, o beata cretinaggine, ma ritengo che un po’ di umorismo anche in questa austera sede faccia bene allo spirito e, di riflesso, alla gioia dell’apprendimento. In quanto al rapporto fra riso e matematica...
Non mi ha fatto finire.
Ha ringhiato: “smetti-o-ti-do-due”, e per fortuna è suonata la campanella.

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