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Lunario dei giorni di scuola


Appendice quarantasettesimo

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Le mille e una notte

 
Amore stravagante di un maestro di scuola

Raccontava un valentuomo: – Passando accanto a una scuola elementare mi imbattei in un maestrino che insegnava a leggere ai ragazzi; si presentava di bell’aspetto e ben vestito. Entrai nella sua scuola; si alzò, mi invitò a sedere con lui, ed io gli feci un po’ di esame sulle letture del Corano, la grammatica, la prosodia, la filologia, ed ecco che rispondeva in modo perfetto a qualunque domanda gli si rivolgesse. Gli dissi: – Che Iddio rafforzi i tuoi proponimenti! Tu davvero conosci a fondo tutto quel che devi sapere!
In seguito lo frequentai per un certo tempo; ogni giorno rivelava qualche nuova qualità, tanto che dicevo fra me: «È una cosa straordinaria in un maestro che fa lezione ai ragazzi, perché le persone giudiziose son tutte d’accordo sulla scemenza dei maestri di scuola!»
Poi non lo vidi piú cosí spesso; gli facevo visita ogni tanti giorni. Una volta, secondo la mia abitudine, andai a trovarlo, e vidi la scuola chiusa. Interrogai i vicini, che mi risposero: – Gli è morto qualcuno di casa –. Pensai: «È doveroso da parte mia fargli le condoglianze».
Bussai alla porta e mi aprí una schiava, domandando: – Che cosa vuoi?
– Vorrei il tuo padrone.
– Il mio padrone se ne sta solo col suo lutto.
– Digli: il tale, tuo amico, domanda di venire a farti le condoglianze –.
Glielo andò a dire, e il maestro rispose: – Fallo entrare –.
Entrai e lo trovai seduto, solo, col turbante in testa. Gli dissi: – Che Iddio ti conceda un premio immenso! La strada della morte è quella che ciascuno, inevitabilmente, deve percorrere. Sopporta con rassegnazione! – Poi gli domandai: – Chi ti è morto?
 Rispose: – La persona che mi era piú cara al mondo, quella che piú amavo!
– Forse tuo padre?
– No.
– Tua madre?
– No.
– Tuo fratello?
– Neppure.
– Qualche tuo parente?
– Neanche.
– E allora quale legame c’era fra voi?
– Rispose: – Era la mia amata!
– Dissi fra me: «Questa è la prima prova che mi dà di scarsa intelligenza!» poi gli dissi: – Ci sono altre donne anche piú belle di lei –.
Rispose: – Non l’ho mai veduta, da poter dire se ci sono donne piú belle di lei oppure no!
Dissi fra me: «E questa è la seconda prova!» e gli domandai: – Come hai fatto a innamorarti di una che non hai mai visto?
– Sappi che un giorno me ne stavo alla finestra, ed ecco che passa per la strada un uomo, cantando questo verso: O Umm Amr, Dio ricompensi la tua generosità! Rendimi il mio cuore, dovunque si trovi...  Udendo tali parole, dissi fra me: «Se questa Umm Amr non fosse senza pari nel mondo, i poeti non farebbero canzoni d’amore per lei!»
Cosí me ne innamorai, ma due giorni dopo ripassò lo stesso individuo, cantando questo verso: Quando il somaro si è portata via Umm Amr, né lei né il somaro sono ritornati mai piú! Da queste parole compresi che Umm Amr era morta; cominciai a piangerla, e sono tre giorni che ne porto il lutto.
Io me ne andai e lo piantai lí, avendo raggiunto la certezza che era un imbecille.

 

Il maestro analfabeta

Si racconta che un certo bidello della moschea non sapeva né leggere né scrivere, e si dava da fare in mezzo alla gente con imbrogli per campare la vita. Un giorno gli venne in mente di aprire una scuola elementare e di far lezione ai ragazzini. Racimolò lavagne, modelli di scrittura, li appese in un locale, si mise un gran turbante in testa e sedette davanti alla porta della scuola; i passanti, vedendo il suo turbante smisurato, le lavagne e i modelli di calligrafia, lo credevano un ottimo maestro e gli mandavano i figli. Il maestro diceva a uno: – Scrivi! – a un altro: – Leggi! – e gli scolari si facevano lezione l’uno con l’altro. Un giorno che sedeva come al solito sulla soglia della scuola, ecco una donna che veniva da lontano, con uno scritto in mano. Il maestro pensò: «Senza dubbio questa donna viene da me perché le legga quella lettera; come mi comporterò con lei, dato che non so leggere?» Pensava di andarsene, per sfuggirle, ma essa non gliene lasciò il tempo; gli si appiccicò gridando: – Dove vai? – Rispose: – Alla preghiera del mezzogiorno; torno subito! – e quella: – Il mezzogiorno è ancora lontano; leggimi questa lettera! – Il maestro prese la lettera, e tenendola capovolta la osservava: una volta agitava il turbante, una volta inarcava le sopracciglia e poi le aggrottava, simulando la collera. Il marito di quella donna era lontano, e la lettera veniva da lui; vedendo la mimica del maestro, essa pensò: «Sicuramente mio marito è morto e costui ha ritegno a dirmelo». – Signore, se è morto, dimmelo! – Il maestro scosse la testa in silenzio, la donna allora domandò: – Debbo dunque lacerarmi le vesti? – Lacera! – Debbo battermi la faccia? – Batti! La donna gli strappò di mano la lettera, tornò a casa e cominciò a piangere insieme ai figli. I vicini udirono quelle strida, le domandarono che cosa era successo, rispose di aver ricevuto una lettera con la notizia della morte del marito. – Questa è una bugia – esclamò un uomo – perché ieri ho avuto anch’io una lettera di suo marito: mi diceva che stava benissimo, in buona salute, e che fra dieci giorni sarebbe tornato dalla moglie! – Quel tale immediatamente si presentò alla donna: – Dov’è la lettera che hai ricevuto? – Gliela diede, la prese e la lesse. C’era scritto, dopo i saluti d’uso: – Io sto benissimo, in buona salute e fra dieci giorni sarò con voi. Vi ho spedito un’imbottita e un coperchio per il braciere. La donna prese la lettera, tornò dal maestro e gli disse: – Come ti è venuto in mente di trattarmi cosí? – raccontandogli quel che aveva detto il vicino, che il marito stava bene e le mandava un’imbottita e un coperchio. – Hai ragione – rispose il maestro – perdonami, rispettabile donna! Io in quel momento ero di cattivo umore (404) e preoccupato; vedendo il coperchio avvolto nell’imbottita, ho creduto che tuo marito fosse morto e lo avessero avvolto nel sudario! – La donna non capí l’imbroglio, disse: – Sei scusato! – si riprese la lettera e se ne andò.

 

Il maestro autolesionista

Questa è un’altra storia sulla scemenza dei maestri di scuola. C’era un maestro in una scuola elementare; un uomo istruito andò a trovarlo, gli sedette accanto, gli fece delle domande e vide che conosceva il diritto canonico, la grammatica, la filologia, la poesia e la letteratura, e che era di intelligenza pronta e di belle maniere. Pieno di meraviglia, esclamò: – Eppure i maestri elementari non hanno mai la testa completamente a posto! Quando cominciò a prender congedo dal maestro, quello gli disse: – Tu sei ospite mio stasera –. Accettò l’ospitalità, e il maestro se lo portò a casa, gli offrí da cena e lo colmò di gentilezze. Mangiarono, bevvero, e restarono in conversazione per un terzo della notte, poi il maestro preparò un letto per l’invitato e si ritirò in camera sua. L’ospite andò a letto e avrebbe voluto dormire, quand’ecco un terribile fracasso che veniva dal gineceo. Domandò che cosa accadeva, e gli risposero: – È successo un guaio tremendo allo sheikh, e sta per esalare l’ultimo respiro! – Disse l’ospite: – Conducetemi da lui! – Ve lo condussero, e lo trovò svenuto e sanguinante. Gli spruzzò acqua in faccia, e quando rinvenne gli domandò: – Come mai ti trovi in questo stato? Quando ci siamo lasciati eri di ottimo umore e in buona salute. Chi ti ha ferito? – Fratello – rispose il maestro – dopo averti lasciato mi posi a meditare sulle opere di Dio altissimo, e dicevo fra me: «Tutto quel che Iddio ha creato nell’uomo ha la sua utilità; infatti Iddio, sia glorificato, creò le mani per afferrare, le gambe per camminare, gli occhi per vedere, gli orecchi per udire, il bischero per la copula, e cosí via, all’infuori di queste due palle che non servono a niente». Allora ho preso un rasoio che avevo lí e le ho tagliate, e mi è successo questo guaio! L’ospite se ne andò, dicendo: – Ha ragione chi dice che nessun maestro di scuola ha la testa a posto, anche se conosce tutte le scienze!





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