Le mille e una notte Raccontava
un valentuomo: – Passando accanto a una scuola elementare mi imbattei in un
maestrino che insegnava a leggere ai ragazzi; si presentava di bell’aspetto e
ben vestito. Entrai nella sua scuola; si alzò, mi invitò a sedere con lui, ed
io gli feci un po’ di esame sulle letture del Corano, la grammatica, la
prosodia, la filologia, ed ecco che rispondeva in modo perfetto a qualunque
domanda gli si rivolgesse. Gli dissi: – Che Iddio rafforzi i tuoi proponimenti!
Tu davvero conosci a fondo tutto quel che devi sapere! Il maestro analfabeta Si racconta che un
certo bidello della moschea non sapeva né leggere né scrivere, e si dava da
fare in mezzo alla gente con imbrogli per campare la vita. Un giorno gli venne
in mente di aprire una scuola elementare e di far lezione ai ragazzini.
Racimolò lavagne, modelli di scrittura, li appese in un locale, si mise un gran
turbante in testa e sedette davanti alla porta della scuola; i passanti,
vedendo il suo turbante smisurato, le lavagne e i modelli di calligrafia, lo
credevano un ottimo maestro e gli mandavano i figli. Il maestro diceva a uno: –
Scrivi! – a un altro: – Leggi! – e gli scolari si facevano lezione l’uno con
l’altro. Un giorno che sedeva come al solito sulla soglia della scuola, ecco
una donna che veniva da lontano, con uno scritto in mano. Il maestro pensò:
«Senza dubbio questa donna viene da me perché le legga quella lettera; come mi comporterò
con lei, dato che non so leggere?» Pensava di andarsene, per sfuggirle, ma essa
non gliene lasciò il tempo; gli si appiccicò gridando: – Dove vai? – Rispose: –
Alla preghiera del mezzogiorno; torno subito! – e quella: – Il mezzogiorno è
ancora lontano; leggimi questa lettera! – Il maestro prese la lettera, e
tenendola capovolta la osservava: una volta agitava il turbante, una volta
inarcava le sopracciglia e poi le aggrottava, simulando la collera. Il marito
di quella donna era lontano, e la lettera veniva da lui; vedendo la mimica del
maestro, essa pensò: «Sicuramente mio marito è morto e costui ha ritegno a
dirmelo». – Signore, se è morto, dimmelo! – Il maestro scosse la testa in
silenzio, la donna allora domandò: – Debbo dunque lacerarmi le vesti? – Lacera!
– Debbo battermi la faccia? – Batti! La donna gli strappò di mano la lettera,
tornò a casa e cominciò a piangere insieme ai figli. I vicini udirono quelle
strida, le domandarono che cosa era successo, rispose di aver ricevuto una
lettera con la notizia della morte del marito. – Questa è una bugia – esclamò
un uomo – perché ieri ho avuto anch’io una lettera di suo marito: mi diceva che
stava benissimo, in buona salute, e che fra dieci giorni
sarebbe tornato dalla moglie! – Quel tale immediatamente si presentò alla
donna: – Dov’è la lettera che hai ricevuto? – Gliela diede, la prese e la
lesse. C’era scritto, dopo i saluti d’uso: – Io sto benissimo, in buona salute
e fra dieci giorni sarò con voi. Vi ho spedito un’imbottita e un coperchio per
il braciere. La donna prese la lettera, tornò dal maestro e gli disse: – Come
ti è venuto in mente di trattarmi cosí? – raccontandogli quel che aveva detto
il vicino, che il marito stava bene e le mandava un’imbottita e un coperchio. –
Hai ragione – rispose il maestro – perdonami, rispettabile donna! Io in quel
momento ero di cattivo umore (404) e preoccupato; vedendo il coperchio avvolto
nell’imbottita, ho creduto che tuo marito fosse morto e lo avessero avvolto nel
sudario! – La donna non capí l’imbroglio, disse: – Sei scusato! – si riprese la
lettera e se ne andò. Il maestro autolesionista Questa è
un’altra storia sulla scemenza dei maestri di scuola. C’era un maestro in una
scuola elementare; un uomo istruito andò a trovarlo, gli sedette accanto, gli
fece delle domande e vide che conosceva il diritto canonico, la grammatica, la
filologia, la poesia e la letteratura, e che era di intelligenza pronta e di belle
maniere. Pieno di meraviglia, esclamò: – Eppure i maestri elementari non hanno
mai la testa completamente a posto! Quando cominciò a prender congedo dal
maestro, quello gli disse: – Tu sei ospite mio stasera –. Accettò l’ospitalità,
e il maestro se lo portò a casa, gli offrí da cena e lo colmò di gentilezze.
Mangiarono, bevvero, e restarono in conversazione per un terzo della notte, poi
il maestro preparò un letto per l’invitato e si ritirò in camera sua. L’ospite
andò a letto e avrebbe voluto dormire, quand’ecco un terribile fracasso che
veniva dal gineceo. Domandò che cosa accadeva, e gli risposero: – È successo un
guaio tremendo allo sheikh, e sta per esalare l’ultimo respiro! – Disse
l’ospite: – Conducetemi da lui! – Ve lo condussero, e lo trovò svenuto e
sanguinante. Gli spruzzò acqua in faccia, e quando rinvenne gli domandò: – Come
mai ti trovi in questo stato? Quando ci siamo lasciati eri di ottimo umore e in
buona salute. Chi ti ha ferito? – Fratello – rispose il maestro – dopo averti
lasciato mi posi a meditare sulle opere di Dio altissimo, e dicevo fra me:
«Tutto quel che Iddio ha creato nell’uomo ha la sua utilità; infatti Iddio, sia
glorificato, creò le mani per afferrare, le gambe per camminare, gli occhi per
vedere, gli orecchi per udire, il bischero per la copula, e cosí via,
all’infuori di queste due palle che non servono a niente». Allora ho preso un
rasoio che avevo lí e le ho tagliate, e mi è successo questo guaio! L’ospite se
ne andò, dicendo: – Ha ragione chi dice che nessun maestro di scuola ha la
testa a posto, anche se conosce tutte le scienze!
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