Le
anime morte Gogol'
Nikolaj Vasil'evic (...) Nei rapporti coi superiori egli si comportava con
un’intelligenza ancora maggiore. Nessuno sapeva sedere sulla panca con tanta
mansuetudine. È opportuno osservare che il maestro era un grande amante del
silenzio e della buona condotta, e non poteva soffrire i ragazzi intelligenti e
svelti d’ingegno; gli sembrava che dovessero immancabilmente ridere di lui. Era
sufficiente, per chi s’era già fatto riprendere per la propria arguzia, era
sufficiente che costui si muovesse soltanto o che inavvertitamente ammiccasse
con un sopracciglio per incappare improvvisamente nella sua ira. Egli lo
perseguitava e lo puniva senza pietà. «Io ti leverò di dosso la tua spocchia e
la disobbedienza, caro mio!» diceva. «Ti conosco meglio di quanto tu stesso ti
conosca. E adesso ti faccio mettere in ginocchio! Ti faccio stare un po’ a
digiuno!» E il povero ragazzetto, senza sapere lui stesso per quale motivo, si
scorticava i ginocchi e digiunava per intere giornate. «Le capacità e le doti?
Sono tutte sciocchezze» diceva. «Io guardo solo la condotta. Sono pronto a
mettere pieni voti in tutte le materie a chi non sa un’acca ma si comporta in
modo encomiabile; ma a quello in cui vedo uno spirito maligno e un’aria
beffarda, a quello io do zero, e potrebbe anche mettersi in tasca lo stesso
Solone.» Così parlava il maestro, che non nutriva una gran passione per Krylòv,
il quale aveva detto: «Per me, è meglio che uno beva, ma che conosca il suo
lavoro»; e raccontava sempre, col godimento dipinto sul viso e negli occhi, che
nell’istituto dove aveva insegnato in precedenza c’era un silenzio tale da
sentir volare una mosca, che non uno degli scolari tossiva o starnutiva in
classe per tutta la durata di un intero anno, e che fino al suono della
campanella era impossibile sapere se in classe ci fosse o no qualcuno. Čìčikov
intuì immediatamente lo spirito del superiore e in che cosa dovesse consistere
la condotta. Non muoveva occhio e non batteva ciglio per tutta la durata della
lezione, per quanto da dietro lo punzecchiassero; non appena suonava la
campanella, in fretta e furia egli si precipitava e, prima di tutti gli altri,
porgeva al maestro il colbacco (il maestro portava infatti il colbacco) e, dopo
avergli porto il colbacco, usciva per primo dalla classe e faceva in modo di
capitargli davanti almeno tre volte, continuando a levarsi il berretto. La
manovra ottenne un autentico successo. Per tutta la durata della sua permanenza
all’istituto egli fu sempre tenuto in gran conto, e al momento della licenza
ricevette piena approvazione in tutte le materie, un attestato e un libro con scritto
a lettere d’oro «per l’esemplare assiduità e per la condotta encomiabile». (...) |