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Lunario dei giorni di scuola


Appendice tredicesimo

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La bottega dell'antiquario

Charles Dickens

(...)

Quando essi continuarono ad andare, separando i rami che s'intrecciavano sul loro passaggio, la serenità in principio simulata dalla fanciulla penetrò a poco a poco veramente in entrambi; il vecchio non si voltava più a guardare impaurito, ma si sentiva calmo e lieto; perchè quanto più innanzi si spingevano nell'ombra profonda e verde, tanto più sentivano dominarvi il sereno spirito divino e circondarli della sua pace. Finalmente il sentiero, che si fece più agevole e meno intricato, li condusse all'estremità del bosco, e in una larga strada. Traversatala per un certo tratto, giunsero innanzi a un viottolo così ombreggiato dagli alberi dall'uno e dall'altro lato che i rami s'intrecciavano al di sopra e formavano una lunga, angusta galleria. Un pilastro rotto annunciava che si andava in un villaggio a tre miglia lontano; e colà decisero di volgere i passi. Le miglia sembrarono così lunghe che una volta pensarono d'aver smarrita la via; ma, infine, con molta gioia videro che la strada conduceva verso una ripida discesa fra due scarpate sulle quali si arrampicavano dei sentieruzzi; e il gruppo di case del villaggio fece capolino dalla conca boscosa al di sotto. Era una terricciola. Gli uomini e i ragazzi giocavano alla palla sull'erba, e siccome tutti gli altri abitanti assistevano al gioco, il vecchio e la fanciulla vagarono su e giù, non sapendo dove cercare qualche umile alloggio. V'era soltanto un vecchio in un orticello innanzi ad una casetta, e non si sentivano il coraggio di rivolgersi a lui, perchè egli era il maestro di scuola, e «Scuola» era scritto in alto, alla finestra, in lettere nere su una tavola bianca. Egli era pallido, dall'aspetto semplice, dall'abito povero e stremenzito, e sedeva tra i fiori e gli alveari, fumando la pipa entro il portichetto accanto alla porta.

— Parlagli, cara — bisbigliò il vecchio.

— Ho quasi paura di disturbarlo — disse timidamente la fanciulla. — Sembra ch'egli non ci vegga. Se aspettiamo un po', forse guarderà da questa parte.

Aspettarono, ma il maestro di scuola non guardava da quella parte, e continuava a sedere, pensoso e tacito, nel portichetto. Aveva un viso bonario. Nel suo modesto vestito nero, aveva l'aspetto pallido ed emaciato. Essi immaginarono anche intorno a lui e alla sua casetta un'aria di abbandono, ma per la ragione forse che gli altri formavano un'allegra compagnia raccolta sull'erba, ed egli sembrava l'unica persona lasciata sola in tutto il villaggio. Essi erano stanchi, e la fanciulla sarebbe stata abbastanza ardita da rivolgersi anche a un maestro di scuola, se non avesse visto nelle maniere di lui qualche cosa che indicava disagio o ambascia. Mentre se ne rimanevano esitanti a qualche distanza, notarono che ogni tanto il maestro appariva come se fosse assorto in una triste fantasticheria, che poi metteva da parte la pipa e faceva un po' di giri nel giardino, che si avvicinava al cancelletto e guardava verso il verde, e che quindi ripigliava la pipa con un sospiro, e si sedeva pensoso come prima. Come non si vedeva nessun altro e intanto calava la sera, Nella finalmente si fece coraggio, e appena vide il maestro riprender la pipa e sedersi, s'avventurò ad avvicinarglisi, conducendo il nonno per mano. Il leggero rumore ch'essi fecero sollevando il saliscendi del cancelletto, attrasse l'attenzione del maestro, che guardò verso di loro con aria cortese, ma anche alquanto delusa, scotendo leggermente il capo. Nella fece un inchino, e gli disse che erano poveri viaggiatori in cerca d'un rifugio per la notte, con l'intenzione naturalmente di pagare per quanto lo permettevano i loro mezzi. Il maestro di scuola la guardò grave, mise da parte la pipa, e si levò immediatamente.

— Se potete indicarci qualche luogo, signore, — disse la fanciulla — vi saremmo proprio riconoscenti.

— Voi avete camminato molto — disse il maestro di scuola.

— Molto, signore — rispose la fanciulla.

— Siete una giovane viaggiatrice, figlia mia — egli disse carezzandole la testa. — La vostra nipotina amico?

— Sì, signore — esclamò il vecchio — e il sostegno e il conforto della mia vecchiaia.

— Entrate — disse il maestro di scuola.

Senz'altri preliminari li condusse nella piccola aula della scuola, che era insieme salotto e cucina, e disse loro che fino alla mattina sarebbero stati i benvenuti sotto il suo tetto. Prima che avessero finito di ringraziarlo, sparse una rozza tovaglia bianca sulla tavola, e vi mise piatti e coltelli; poi, portando del pane, della carne fredda e un boccale di birra, li invitò a mangiare e a bere. La fanciulla, sedendosi, diede uno sguardo in giro nella stanza. V'erano due panche, incise e tagliuzzate e macchiate tutte d'inchiostro; una piccola cattedra di legno rozzo elevata su quattro gambe, dove certo si sedeva il maestro, un po' di libri con gli angoli accartocciati su uno scaffale alto; e, accanto ai libri, una collezione varia di trottole, palle, aquiloni, lenze, palline, mele addentate, e altri oggetti confiscati ai monelli disattenti. Appese a degli uncini sulla parete, in tutto il loro terrore, erano la verga e la sferza; e accanto ad esse, su uno speciale scaffaletto, il berretto dell'asino, fatto di vecchi giornali e di ostie fiammanti della maggiore dimensione. Ma alle pareti il più bell'ornamento era dato da certe sentenze morali elegantemente copiate in una bella scrittura rotonda e da ben eseguite operazioni di semplici addizioni e moltiplicazioni, senza dubbio della stessa mano e abbondantemente spiegate intorno intorno alla stanza, col duplice scopo, a quanto pareva, di testimoniare dell'eccellenza della scuola e di accendere una degna emulazione nel seno degli scolari.

— Si — disse il vecchio maestro di scuola, osservando che l'attenzione della fanciulla era stata attratta da quei modelli. — È una bella scrittura, cara.

— Molto bella, signore — rispose umilmente la fanciulla. — È vostra?

— Mia? — egli rispose, cavando gli occhiali e mettendoseli per goder meglio dei trionfi così cari al suo cuore. — Io non saprei scrivere così, oggi. No. Questi saggi son tutti d'una mano; una manina non ancora dell'età tua, ma abilissima.

Dicendo così, il maestro vide una piccola macchia di inchiostro schizzata su uno dei saggi di calligrafia; allora cava di tasca un temperino, e adergendosi contro il muro, accuratamente la raschiò.

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