Jane
Eyre Charlotte
Brontë «Qual è l’occupazione che ha in vista, signor
Rivers? Spero che questo rinvio non aumenterà la difficoltà di ottenerlo». «Oh,
no; è un’occupazione che dipende unicamente da me di offrirle, e da lei
d’accettarla». Si fermò di nuovo. Poiché pareva riluttante a continuare, la mia
impazienza crebbe, e gli feci capire il mio sentimento con il gesto e con lo
sguardo meglio che con le parole. «Non abbia fretta di sapere», disse; «a dir
la verità non ho nulla di speciale e vantaggioso da offrirle. Prima di parlare,
devo ricordarle quello che le dissi subito, che l’aiuto che le avrei dato
sarebbe stato quello del cieco allo zoppo. Sono povero. Pagati i debiti di mio
padre, tutto il patrimonio che mi rimarrà sarà questa baracca in rovina, la
fila di pini schiantati, il piccolo appezzamento di brughiera di fronte ai
tassi e agli agrifogli. Sono oscuro. I Rivers sono una vecchia famiglia, ma,
dei tre ultimi discendenti, due devono guadagnarsi il pane fuori di casa, e il
terzo si sente estraneo alla sua terra natia, non solo in vita, ma in morte;
sì, e ritiene, è incline a ritenersi privilegiato dalla sorte, e non aspira che
al giorno in cui taglierà ogni legame col mondo carnale, e in cui il capo di
quella Chiesa militante, di cui è un umilissimo membro, pronuncerà le parole:
“Alzati e seguimi!”». St. John profferì queste parole con lo stesso tono calmo
e profondo con cui pronunciava le prediche; con le guance infiammate e lo
sguardo lampeggiante. Riprese: «E dal momento che sono povero e oscuro, non
posso offrirle che un lavoro povero e oscuro. Lei può perfino giudicarlo
degradante, poiché, noto, ha delle abitudini così dette raffinate. I suoi gusti
tendono all’ideale, ed è vissuta fra persone istruite. Ma a mio giudizio nulla
che serva a migliorare la nostra razza, umilia. Ritengo che più arido e ingrato
è il suolo che tocca al cristiano di coltivare, più limitate le ricompense per
il suo lavoro, più grande è il merito. Questo è il compito del pioniere. E i
primi pionieri del Vangelo furono gli Apostoli, il loro capo fu Gesù, il
Redentore». «Ebbene?», dissi io quando si arrestò di nuovo. «Continui…». Prima
di continuare, posò con lentezza i suoi occhi sul mio viso come se i miei
lineamenti fossero una pagina su cui potesse leggere. E poi espresse in parte
il risultato di questo suo esame nelle seguenti osservazioni. «Credo che
accetterà il posto che le offrirò, e vi rimarrà qualche tempo, ma non per sempre;
non più di quello che io potrei tenere il ristretto e restringente ufficio di
un povero parroco di paese. Perché sia nella sua come nella mia natura vi è un
elemento, sebbene di diverso genere, inconciliabile con la quiete». «Si
spieghi», sollecitai non appena ebbe finito. «Naturalmente, la proposta che le
farò è ben misera e umile. Io non resterò lungo tempo a Morton, ora che mio
padre è morto, e che son padrone delle mie azioni. Lascerò il posto
probabilmente entro un anno; ma finché rimarrò qui, cercherò di tutto per
migliorarlo. Morton, quando arrivai due anni fa, non aveva la scuola. I figli
dei poveri non avevano alcuna possibilità di istruirsi. Istituii una scuola per
i ragazzi. Ora ho intenzione di aprirne una per le ragazze. A questo scopo ho
preso in affitto un locale con attigua una casetta che faccia da casa per la
maestra. Avrà uno stipendio di trenta sterline l’anno. La casa è già
ammobiliata in maniera semplice, ma decorosa, grazie alla generosità della
signorina Oliver, l’unica figlia del signor Oliver, il solo uomo ricco della
mia parrocchia, che è proprietario della fabbrica di aghi e della fonderia
della vallata. La stessa signorina pagherà un’orfana dell’ospizio perché aiuti
la maestra nelle faccende domestiche e nella pulizia della scuola, che le sue
occupazioni scolastiche le impediranno di eseguire di persona. Accetta questo
posto di maestra?». Pose la domanda piuttosto precipitosamente, come se si
aspettasse di sentirmi rifiutare l’offerta con indignazione o almeno con
disprezzo. Egli non conosceva abbastanza i miei pensieri e sentimenti, per
poter prevedere sotto qual luce vedevo la proposta. In verità era un posto
modesto, ma mi offriva quello di cui abbisognavo, un rifugio sicuro. Era un
lavoro faticoso, ma, confrontato con quello di governante in una famiglia
ricca, aveva il vantaggio di essere indipendente, e la paura di servire degli
estranei mi bruciava l’animo come un ferro rovente. Non era né indegno, né
spiritualmente degradante. Mi decisi. «La ringrazio della proposta, signor Rivers,
e l’accetto con tutto il cuore». «Mi comprende bene?», continuò. «È una scuola
di villaggio. Le scolare sono ragazze povere, figlie di operai, al massimo di
agricoltori. Tutto quello che dovrà insegnare è cucire, far la maglia, leggere,
scrivere e far di conto. Potrà mettere da parte i suoi talenti, e non saprà più
che farsene dei suoi doni intellettuali, dei suoi sentimenti e dei suoi gusti».
«Li riserverò per il giorno in cui serviranno». «Allora ha capito bene?» «Sì».
Sorrise, e questa volta non di un sorriso triste e amaro, ma profondamente
compiaciuto e grato. «E quando vorrà cominciare l’esercizio delle sue
funzioni?» «Andrò a vedere la casa domani, e aprirò la scuola la settimana
ventura, se lei è d’accordo». «Benissimo, siamo intesi». Si alzò e cominciò a
passeggiare per la stanza. Poi si fermò e mi guardò di nuovo. Scosse la testa.
«C’è qualcosa che non va, signor Rivers?», domandai. «Lei non rimarrà a Morton
per molto tempo; no, no!». «Perché? Che ragione ha di pensare così?» «Lo leggo
nei suoi occhi. E in essi non c’è scritto che promettono di accettare questa
situazione per sempre». «Io non ho ambizione». Egli trasalì a queste parole.
«No! Che cosa le ha fatto pensare all’ambizione? Chi ha dell’ambizione? Io sì,
lo riconosco. Ma come l’ha scoperto?» «Io parlavo di me». «Ebbene, se lei non
ha ambizione, però è…», si fermò. «Che cosa?» «Stavo per dire, appassionata. Ma
forse potrebbe male interpretare il vocabolo e offendersene. Voglio dire che
gli affetti e le simpatie umane hanno potente presa su di lei. Sono certo che
si stancherà presto di passare il suo tempo nella solitudine, e di dedicarsi a
un lavoro monotono, assolutamente privo di stimolo. Non più di quello che
potrei essere contento io», aggiunse con enfasi, «di vivere sepolto nella palude,
rinchiuso fra le montagne. La natura, che Dio mi ha dato, vi si oppone; le mie
facoltà, che sono un dono del cielo, sono paralizzate, rese inutili. Lei può
dire che mi contraddico, io, che predicavo di accontentarsi di una sorte umile,
e che riconoscevo al servizio di Dio anche i più modesti lavoratori… io, suo
ministro, quasi deliro nella mia inquietudine. Ma, in qualche modo, si devono
pur conciliare le inclinazioni e i princìpi». Egli lasciò la stanza. […] |