La ragazza ebrea
Hans Christian Andersen
La ragazza ebrea di Hans Christian Andersen
C’era nella scuola per i poveri, in mezzo ad altri piccoli
bambini, una piccola bambina ebrea, così sveglia e buona, la più carina di
tutti quanti; ma ella non poteva partecipare a una delle ore di lezione, era
l’ora di religione; ella infatti stava in una scuola cristiana.
Il libro di Geografia poteva tenerlo per sé e leggerlo,
oppure poteva finire il suo compito di aritmetica, ma questo fu presto fatto e
la lezione fu presto studiata; davanti a lei c’era, è vero, un libro aperto, ma
ella non ci leggeva dentro, ella sedeva ad ascoltare e presto il Maestro
avvertì che ella seguiva come quasi nessuno degli altri.
“Leggi nel tuo libro!” egli disse, soave e serio, ma ella lo
guardo coi suoi grandi occhi neri risplendenti, e quando egli interrogò anche
lei, ella ne sapeva di più di tutti gli altri. Ella aveva ascoltato, capito e
serbato.
Suo padre era un uomo povero e bravo; perché la bambina
frequentasse la scuola egli aveva posto una condizione, secondo la quale ella
non avrebbe ricevuto l’insegnamento della fede cristiana; che la si lasciasse
andar via durante quell’ora di lezione, poteva forse scandalizzare, destare
pensieri e sentimenti presso gli altri piccoli nella scuola, e dunque ella
rimaneva, ma questo non poteva più accadere. Il Maestro andò dal padre, gli
disse che egli doveva togliere sua figlia da scuola, oppure doveva lasciarla
diventare cristiana.
“Non riesco a vedere questi occhi ardenti, questo fervore e
questa specie di sete di parole del Vangelo ch’ella ha nell’anima!” disse il
Maestro. E il padre scoppiò in lacrime: io stesso so soltanto poco riguardo
alla nostra propria religione, ma sua madre era una figlia di Israele, ferma e
forte nella sua fede, a lei nel suo letto di morte feci la promessa che la
nostra bambina non avrebbe mai ricevuto il battesimo cristiano; devo mantenere
la mia promessa, è per me come un patto con Dio!”.
E la piccola bambina ebrea venne tolta dalla scuola cristiana.
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