frecciaintermezzo11

Lunario dei giorni di scuola


Undicesima settimana intermezzo

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ROBERT WALSER

 I temi di Fritz Kocher


Tema libero

Questa volta, ha detto il professore, potete scrivere quello che vi viene in mente. Per esser sincero, non mi viene in mente nulla. Io non amo questo tipo di libertà. Mi piace essere legato a un argomento stabilito. Sono troppo pigro per escogitare qualcosa. E poi cosa potrebbe essere? Io scrivo su tutto con lo stesso piacere. Ciò che mi attrae non è cercare un determinato argomento, ma scegliere parole raffinate, belle. Da un'idea posso formare dieci, anzi cento idee, ma non mi viene in mente un'idea centrale. Che so, scrivo perché trovo bello riempire così le righe di lettere aggraziate. Il "che cosa" mi è del tutto indifferente. - Ecco, ho trovato. Cercherò di dipingere un ritratto dell'aula scolastica. Non lo si è mai fatto. Il voto "ottimo" non mi può sfuggire. - Quando alzo la testa e guardo al di sopra delle molte teste degli scolari, senza volerlo devo mettermi a ridere. È così pieno di mistero, così strano, così singolare. È come una dolce favola sussurrata. L'idea che in tutte quelle teste ci sono pensieri alacri, saltellanti, frettolosi, è abbastanza piena di mistero. Forse proprio per questo motivo l'ora di composizione è la più bella e la più allettante. In nessun'altra ora si è così silenziosi, così raccolti e ognuno lavora così tranquillo per sé. È come se si sentisse il pensiero sussurrare piano, muoversi piano. È come l'andirivieni di piccoli topolini bianchi. Ogni tanto una mosca si alza in volo e poi si abbassa piano su una testa, per darsi al buon tempo su un capello. Il professore sta seduto alla sua cattedra come un eremita in mezzo alle rocce. Le lavagne sono imperscrutabili laghi neri. Le scalfitture su di esse sono la schiuma bianca delle onde. L'eremita è tutto assorto in meditazioni. Nulla lo tange di ciò che accade nel vasto mondo, vale a dire nell'aula scolastica. Ogni tanto si gratta fra i capelli con voluttà. So quale voluttà è grattarsi fra i capelli. Il pensiero ne viene infinitamente stimolato. Certo non è particolarmente bello a vedersi, ma amen, non tutto può sembrare bello. Il professore è un uomo piccolo, debole, mingherlino. Ho sentito dire che gli uomini così sono i più intelligenti e i più dotti. Può essere vero. Quanto al professore ho la ferma convinzione che è immensamente intelligente. Io non amerei portare il carico delle sue conoscenze. Se ciò che ho scritto è sconveniente, si consideri che è parte essenziale della descrizione dell'aula. Il professore è molto irritabile. Spesso diventa furioso quando uno scolaro gli infligge la sua ignoranza. Questo è un errore. Perché agitarsi per una cosa così futile come la pigrizia di uno scolaro? Ma in verità, ho un bel parlare. Se io fossi al suo posto, forse mi comporterei in modo ancora più sconsiderato. Bisogna avere delle doti particolari per fare il professore. Mantenere sempre la propria dignità davanti a dei bricconi quali noi siamo, richiede una grande padronanza di sé. In complesso il nostro professore si domina bene. Ha un modo di raccontare raffinato, intelligente, cosa che non si può mai abbastanza apprezzare. È vestito con grande accuratezza, ed è vero, spesso noi ridiamo alle sue spalle. Le spalle hanno sempre qualcosa di ridicolo. Non ci si può far nulla. Porta degli stivaloni come se venisse dalla battaglia di Austerlitz. Questi stivali, che sono così grandiosi e ai quali mancano soltanto gli speroni, ci danno molto da pensare. Gli stivali sono quasi più grandi di lui. Quando è in collera li batte sul pavimento. Non sono particolarmente contento del mio ritratto.