ROBERT WALSER I temi di Fritz Kocher
Tema libero Questa volta, ha detto il
professore, potete scrivere quello che vi viene in mente. Per esser sincero,
non mi viene in mente nulla. Io non amo questo tipo di libertà. Mi piace essere
legato a un argomento stabilito. Sono troppo pigro per escogitare qualcosa. E
poi cosa potrebbe essere? Io scrivo su tutto con lo stesso piacere. Ciò che mi
attrae non è cercare un determinato argomento, ma scegliere parole raffinate,
belle. Da un'idea posso formare dieci, anzi cento idee, ma non mi viene in mente
un'idea centrale. Che so, scrivo perché trovo bello riempire così le righe di
lettere aggraziate. Il "che cosa" mi è del tutto indifferente. -
Ecco, ho trovato. Cercherò di dipingere un ritratto dell'aula scolastica. Non
lo si è mai fatto. Il voto "ottimo" non mi può sfuggire. - Quando
alzo la testa e guardo al di sopra delle molte teste degli scolari, senza
volerlo devo mettermi a ridere. È così pieno di mistero, così strano, così
singolare. È come una dolce favola sussurrata. L'idea che in tutte quelle teste
ci sono pensieri alacri, saltellanti, frettolosi, è abbastanza piena di
mistero. Forse proprio per questo motivo l'ora di composizione è la più bella e
la più allettante. In nessun'altra ora si è così silenziosi, così raccolti e
ognuno lavora così tranquillo per sé. È come se si sentisse il pensiero
sussurrare piano, muoversi piano. È come l'andirivieni di piccoli topolini
bianchi. Ogni tanto una mosca si alza in volo e poi si abbassa piano su una
testa, per darsi al buon tempo su un capello. Il professore sta seduto alla sua
cattedra come un eremita in mezzo alle rocce. Le lavagne sono imperscrutabili
laghi neri. Le scalfitture su di esse sono la schiuma bianca delle onde.
L'eremita è tutto assorto in meditazioni. Nulla lo tange di ciò che accade nel vasto
mondo, vale a dire nell'aula scolastica. Ogni tanto si gratta fra i capelli con
voluttà. So quale voluttà è grattarsi fra i capelli. Il pensiero ne viene
infinitamente stimolato. Certo non è particolarmente bello a vedersi, ma amen,
non tutto può sembrare bello. Il professore è un uomo piccolo, debole,
mingherlino. Ho sentito dire che gli uomini così sono i più intelligenti e i
più dotti. Può essere vero. Quanto al professore ho la ferma convinzione che è
immensamente intelligente. Io non amerei portare il carico delle sue
conoscenze. Se ciò che ho scritto è sconveniente, si consideri che è parte
essenziale della descrizione dell'aula. Il professore è molto irritabile.
Spesso diventa furioso quando uno scolaro gli infligge la sua ignoranza. Questo
è un errore. Perché agitarsi per una cosa così futile come la pigrizia di uno
scolaro? Ma in verità, ho un bel parlare. Se io fossi al suo posto, forse mi
comporterei in modo ancora più sconsiderato. Bisogna avere delle doti
particolari per fare il professore. Mantenere sempre la propria dignità davanti
a dei bricconi quali noi siamo, richiede una grande padronanza di sé. In
complesso il nostro professore si domina bene. Ha un modo di raccontare
raffinato, intelligente, cosa che non si può mai abbastanza apprezzare. È
vestito con grande accuratezza, ed è vero, spesso noi ridiamo alle sue spalle.
Le spalle hanno sempre qualcosa di ridicolo. Non ci si può far nulla. Porta
degli stivaloni come se venisse dalla battaglia di Austerlitz. Questi stivali,
che sono così grandiosi e ai quali mancano soltanto gli speroni, ci danno molto
da pensare. Gli stivali sono quasi più grandi di lui. Quando è in collera li
batte sul pavimento. Non sono particolarmente contento del mio ritratto. |